Ecco il secondo articolo sull’Osservatorio Mafie Sud Milano: pensato e dedicato a lettori e lettrici egoisti, narcisisti, avidamente amorali, e per schockarli. E tu, se hai letto sino qui, sei un/una dannatissima egoista.
Per te esisti solo tu. E il mondo si divide in tre: 1) ciò che è tuo, 2) ciò che non è mio 3) ciò che non è degli altri.
Ma non credere di essere in minoranza: tu sei il fior fiore della nostra società. Coltivato/a per un’unica missione: sbranare il bersaglio prima che lo faccia il tuo competitore, vale a dire qualsiasi essere vivente non sia tu. Tu sei stato/a allevato/a per vincere. Sei un/una vincente. Giusto? e per vincere farai qualsiasi cosa. Sempre. Tu sei uno/a e trino/a. Chi meglio di te può capire il complesso intreccio della trinità?
Be’, sappi, egoista caro/a, che nessuno meglio di te può capire cosa sia la mafia. Perché tu alla mafia non piaci. Le piace chi è altruista, ma tu, egoista, sei proprio un refuso.
Sì, perché la mafia la pensa come te. Eccoti il mafia-pensiero: 1) tutto è della mafia, poiché 2) la mafia esiste prima di chiunque e 3) se qualcosa è di qualcun altro, be’, non va: perché se n’è impossessato lui invece della mafia.
Stai a vedere, caro/a egoista, che la mafia è il tuo competitore peggiore. Che, se non ti svegli, finirà per riprendersi tutto.
E per svegliarti dal tuo egoismo eccoti l’intervista a Marialuisa Ravarini, che è stata la seconda presidente dell’Osservatorio mafie Sud Milano.
Quali effetti ha sortito l’Osservatorio Mafie Sud Milano sull’identità pubblica, e in specie politica, del sudest milanese? E, in secondo luogo, sono riscontrabili tutt’oggi?
Dalla prima serata pubblica del 17.12.2010 con la presentazione del libro di Armando Spataro «Ne valeva la pena», proposta a Melegnano quando l’osservatorio mafie sud Milano ha esordito come gruppo informale di cittadini, si è tolto un velo sul tema della presenza delle mafie al nord. Sembra passata una vita, ricordo ancora le facce stupite dei presenti: la mafia al nord!
Non dimentichiamo che nello stesso periodo l’allora sindaca di Milano Letizia Moratti e il prefetto Lombardi negavano pubblicamente la presenza delle mafie a Milano.
Da quella sera, l’intenso lavoro dell’Osservatorio si è allargato nel melegnanese e anche un po’ più in là, diventando associazione il 10.12.2012 e mettendo in rete 17 Amministrazioni comunali, naturalmente con riferimenti politici diversi. Ha anche contribuito fattivamente alla nascita del Presidio di Libera del sud est milanese.
Il seme posato dall’Osservatorio e la forza della scommessa di mettere in rete 17 Comuni con un tavolo che nella maggior parte dei casi vedeva la partecipazione diretta dei sindaci e/o dei vicesindaci/he, ha portato quanto meno ad interrogarsi sul tema; molte Amministrazioni sono arrivate un po’ più preparate ad affrontare l’argomento della gestione dei beni confiscati quando Libera ha sollevato il problema. Ma l’impronta più profonda è rimasta, e ne sono fiera, in ambito scolastico.
Presidenza. Perché femminile?
Sara Marsico gestì il primo anno e avviò il lavoro.
Io lo consolidai nei due anni successivi.
Stefania Rossi ha proseguito e dato nuovo slancio con alcuni focus tematici molto approfonditi.
Tre stili diversi e complementari che hanno contribuito al percorso di un’associazione che ha fatto la differenza sul territorio.
Quando c’è stato nuovamente bisogno di un ricambio, le energie erano finite, non c’erano più persone pronte a farsi carico dell’associazione.
Va comunque detto che uomini nel direttivo dell’associazione ce ne sono sempre stati.
Da quando l’osservatorio è diventato associazione, alcune figure politiche presenti inizialmente si sono di fatto sfilate, forse il salto di qualità da pungolo politico/partitico a strumento per costruire giorno dopo giorno una cultura antimafiosa aperta a tutti ha fatto perdere quel fascino iniziale.
Forse sarà un caso, ma a livello locale uno strumento efficace per portare testimonianze di antimafia, per fare memoria, per spronare all’impegno personale è lo spettacolo «Le ribelli contro la mafia» che è ideato, aggiornato e portato avanti da un affiatato gruppo di donne.

Vuoi condividere la tua esperienza di presidente?
Fondamentale è stato il primo anno come vice di Sara Marsico, mi ha aperto e fatto iniziare un percorso di formazione verso questo tema complesso che, come dice sempre Nando Dalla Chiesa, va studiato a fondo.
All’inizio la responsabilità mi sembrava grandissima, ma ho puntato molto su quello in cui credo da sempre, cioè il lavoro di rete. Arrivare a formalizzare un protocollo tra 17 Comuni è stato un traguardo importante. Dietro a 17 Comuni c’erano poi altrettante scuole primarie, le secondarie e in qualche caso le superiori.
Il gruppo era affiatato e col grande impegno di tutte e tutti siamo arrivate a realizzare la settimana della legalità toccando direttamente i diversi comuni del protocollo.
Sul piano personale, l’impegno quotidiano dedicato all’associazione, mi ha fatto vivere due anni intensi ed incontrare persone speciali che mi hanno lasciato molto. Anche nell’organizzazione delle mie vacanze sono entrati percorsi che mi hanno portata a visitare luoghi della memoria e a conoscere persone che quotidianamente testimoniano il loro impegno nella lotta alla mafia e nella costruzione di un mondo più giusto.
Una delle più fortunate attività dell’Osservatorio è stata la Settimana della Legalità. Come è stata vissuta e recepita dalle istituzioni, dagli specialisti di legalità, dalla cittadinanza?
A pensarci non so come abbiamo fatto a gestire tante iniziative e tanti ospiti contemporaneamente in luoghi diversi: una vera prova di carattere e di resistenza!
Un lavoro faticosissimo, coinvolgendo relatori di livello (scrittori, testimoni di giustizia, associazioni come AddioPizzo e Libera).
La forza dell’iniziativa è stata quella di far convergere per una settimana intera l’attenzione sul tema delle mafie, in una fase in cui, come ho già detto, il messaggio ancora non era passato. In questo senso una serata spot non avrebbe marcato la differenza, non avrebbe lasciato un segno mentre con una settimana di attività continuamente rilanciate su social e media locali, ci voleva dell’impegno per non accorgersi dell’argomento.
Dal tavolo dei Sindaci era emersa in particolare la richiesta di investire sulle scuole per costruire una cultura della legalità, partendo dalla memoria, come per tutti percorsi culturali che abbiano un minimo di serietà: almeno le scuole primarie le avevano tutti, da qui un lavoro intenso per non lasciare indietro nessuno. In qualche caso c’erano già insegnanti referenti per la legalità, in altri casi abbiamo decisamente contribuito a far nascere percorsi che tuttora proseguono, magari dando l’opportunità a figure già sensibili presenti nelle singole realtà scolastiche, che però non trovavano uno spazio per costruire progetti.
La sfida più dura era e resta raggiungere il mondo degli adulti e anche in questa direzione ci siamo spesi.
Quale vuoto crea l’uscita di scena dell’osservatorio?
Intanto un grande dispiacere per me e per le persone con cui ho condiviso un percorso così intenso, ma uscendo dal piano personale mi piacerebbe poter affermare che abbiamo concluso un lavoro ed era giusto fermarsi.
Purtroppo, è vero solo in parte.
I progetti sulla cultura della legalità che abbiamo contribuito a potenziare ed in molti casi a far nascere proseguono e camminano con le loro gambe.
Tutto il grande lavoro in merito al gioco d’azzardo, su cui si è spesa in particolare Stefania Rossi con Alberto Spoldi, lentamente procede, i comuni hanno adottato il regolamento e il tema rimane, purtroppo, di grande attualità.
Più in generale, quando si parla di mafie al nord, nessuno salta più sulla sedia colpito dalla novità, forse la rassegnazione ha preso il posto dello stupore … su questo c’è ancora molto da lavorare.
Molto rimane da fare sicuramente nel mondo della popolazione adulta per combattere la mentalità mafiosa che fa sentire più furbo chi nella vita se la cava con le scorciatoie invece che con l’impegno quotidiano.

Ci sono progetti che, congelati dalla chiusura dell’osservatorio, potrebbero trovare realizzazione in un futuro?
Un tema non a fondo esplorato e su cui sarebbe utile tornare è quello relativo al riutilizzo sociale dei beni confiscati. Si tratta di un patrimonio significativo presente anche nel sud est milanese che in molti casi è sottoutilizzato, in qualche caso mal gestito, soprattutto alle attività svolte al loro interno non viene affiancata una campagna di cultura per rendere partecipe la cittadinanza dell’uso sociale del bene confiscato e della potenza dirompente della legge Rognoni–La Torre.
Come resistere al fenomeno mafioso nel lavoro e nella pubblica amministrazione oggi.
La riposta è più semplice di quanto si possa immaginare.
Quando nel 2017 mi è stata proposta la delega ai Lavori Pubblici mi sono subito posta il problema, ma mentirei se dicessi che è stato difficile.
Sicuramente è indispensabile avere funzionari affidabili, ma come amministratrici la ricetta è semplice ed efficace: la porta deve essere aperta per ascoltare chiunque, ma è lo stile che fa la differenza, con i cittadini come con i fornitori.
Ad esempio, incontrare le persone sempre nei luoghi istituzionali, coinvolgendo di volta in volta il funzionario che ha in carico l’argomento o altri colleghi amministratori già lancia un messaggio chiaro che non ci sono spazi per confidenze inopportune o per mettere sul tavolo temi che vadano oltre alla gestione tecnica dell’argomento da trattare.
La banale frase «parliamone davanti a un caffè» nasconde già l’insidia della ricerca di un clima confidenziale o preferenziale che mira a condizionare le scelte.
Di leggi e vincoli per supportare i comportamenti corretti e disincentivare percorsi deviati ce ne sono, inasprirle complicherebbe solo la vita e il lavoro delle persone oneste con ricadute, anche pesanti, sui cittadini dovute all’aggravio della burocrazia ed all’allungamento dei tempi, credo la differenza la possa fare solo l’integrità morale delle persone.
È importante che quando siamo chiamati ad eleggere i nostri amministratori e le nostre amministratrici ci sforziamo di informarci sulle persone candidate e accordiamo in modo consapevole la nostra preferenza.
In copertina: Maria Luisa Ravarini.
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Articolo di Marco Maccari

Giornalista pubblicista, docente, mi occupo di metodologie di apprendimento, diritti dell’informazione, arte, poesia, letteratura. Ho creato e gestito con alcuni collaboratori il blog giornalistico sudmilanese RADAR, individuando nel metodo giornalistico il test delle nostre democrazie. Mi interesso di diritti sociali, economici, culturali. Collaboro con il movimento internazionale del realismo terminale.
