Memory Street International. Le scienziate

«La colpa di Eva è stata quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le leggi che regolano l’universo, la terra, il proprio corpo, di rifiutare l’insegnamento calato dall’alto; in una parola Eva rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede».
(Margherita Hack)

Necessità ancestrale che attraversa il tempo e lo spazio, la sete di conoscenza è il comun denominatore che unisce le dieci scienziate protagoniste del Memory Street International, versione tematica del gioco da tavolo basato sull’accoppiamento di carte. Nella sua variante internazionale, il gioco elaborato da Toponomastica femminile proietta lo sguardo al di là dei confini nazionali e si fa strumento ludico e culturale per conservare la memoria di grandi figure femminili provenienti dai cinque continenti, distintesi in vita, e oltre, per l’eccellenza del loro lavoro, in questo caso in ambito scientifico.

Marie Sklodowska Curie, Mileva Maric, Lise Meitner, Rita Levi Montalcini e Margherita Hack sono le scienziate del continente europeo.

Nata a Varsavia nel 1867, Marie Skłodowska Curie, all’anagrafe Maria Salomea Skłodowska-Curie, è stata una chimica e fisica polacca naturalizzata francese. Simbolo di determinazione e caparbietà femminile, durante la sua vita Marie colleziona numerosi primati. Dopo essersi laureata in matematica e fisica alla Sorbona di Parigi, dove si trasferisce per proseguire gli studi universitari (la legge della Russia zarista non consentiva alle ragazze di accedere all’istruzione superiore), termina il suo percorso accademico con una tesi di dottorato sui raggi X, diventando la prima donna a presentarne una in Francia. I suoi studi sulle radiazioni le varranno, nel 1903, il conferimento del Premio Nobel per la fisica, fino ad allora mai assegnato a una donna. Ma la sequela dei meritati riconoscimenti non si esaurisce qui: nel 1908, tre anni prima di ricevere il suo secondo Premio Nobel, questa volta per la chimica, per la scoperta dell’uranio e del polonio, Marie ottiene la cattedra di fisica generale alla Sorbone, diventando la prima donna a insegnare nella prestigiosa università.
Convinta che non ci fossero «donne inferiori ma solo donne inferiormente istruite», durante la Prima guerra mondiale, in qualità di direttrice fondatrice del Servizio Radiologico della Croce Rossa, insieme alla figlia Irène, Marie addestrò altre donne a utilizzare le cosiddette “petites Curies”, apparecchi radiologici impiegati per diagnosticare le ferite dei soldati al fronte.
Morta nel 1934 a causa di un’anemia plastica, la scienziata viene ricordata principalmente per la scoperta del processo di isolamento del radio, matrice delle contemporanee radioterapie per la cura del cancro.

Fisica serba, prima collega di studi e successivamente moglie di Albert Einstein, Mileva Marić nasce a Titel, città serba del Distretto della Bačka Meridionale, capoluogo della Šajkaška, il 19 dicembre del 1875.
Anche lei come Marie Curie fu costretta ad abbandonare la sua terra natale per continuare gli studi scientifici: all’età di diciotto anni si trasferisce in Svizzera, a Zurigo, l’unica nazione che consentiva alle ragazze di frequentare l’università. Tre anni più tardi, Mileva supera l’esame di ammissione al Politecnico della città, diventando la prima donna a studiare fisica presso il rinomato istituto.
Quello universitario è un periodo particolarmente difficile: le discriminazioni subite a causa del suo genere si accentuano ulteriormente quando rimane incinta. Costretta dalle convenzioni sociali dell’epoca a partorire in gran segreto, dopo la nascita la bambina verrà affidata a una nutrice e di lei si perderanno le tracce. Ritornata a Zurigo, nel 1903 viene celebrato il matrimonio con Einstein; dal loro amore nasceranno altri due figli, il secondo dei quali affetto da schizofrenia. Di lì in poi Mileva trascorre il suo tempo dedicandosi alla cura della prole e al lavoro del marito. I ripetuti tradimenti e le continue assenze del coniuge la inducono, anni dopo, a chiedere il divorzio.
Dalla corrispondenza tra Einstein e Mileva si evince come l’uomo provasse per lei sentimenti contrastanti: nonostante l’ammirazione e il riconoscimento del contributo intellettuale al suo lavoro, il fisico nutre nei confronti della moglie un forte disprezzo ed esercita su di lei un’autorità coercitiva che si riverbera nell’ “obbligo testamentario” da lui redatto.
Le lettere tra i due, una volta pubblicate, hanno permesso di ricostruire, sebbene solo limitatamente, la vita di lei e di avviare una discussione in merito al suo contributo alle opere fondamentali dello scienziato sulla teoria della relatività. Diversi studi propendono a favore della tesi che l’intervento di Mileva Marić sia stato di importanza determinante per la ricerca e la pubblicazione delle teorie nel campo della fisica.

Lise Meitner (Vienna, 7 novembre 1878-Cambridge, 27 ottobre 1968) è stata una fisica austriaca naturalizzata svedese.
Iscrittasi alla Facoltà di Scienze dell’Università di Vienna nel 1899, anno in cui viene riconosciuto anche alle donne il diritto all’istruzione superiore, nel 1906, Lise, con la sua tesi dal titolo Conduzione termica in materie eterogenee, diventa la prima donna a conseguire il dottorato di fisica nell’ateneo della città.
Dopo il rigetto della sua domanda per un incarico presso l’Istituto del radio di Parigi, la ventinovenne si trasferisce a Berlino dove inizia a lavorare gratuitamente nello scantinato del Kaiser Wilhem Institut insieme al chimico Otto Hahn. La passione comune per la radioattività li unisce in un sodalizio professionale e amicale che durerà per più di trent’anni. Ai successi condivisi, primo fra tutti l’essere riusciti a spiegare il fenomeno del “rinculo atomico”, si affiancano quelli individuali della donna.
Tra il 1912 e il 1926 la sua carriera conosce una rapida ascesa: nel 1913 Lise diventa finalmente membro scientifico retribuito del Kaiser-Wilhelm-Institut für Chemie; durante la Prima guerra mondiale lavora come infermiera di radiologia per l’esercito austriaco; nel 1918 le viene assegnata la sua prima sezione di fisica nucleare e nel 1926 diventa professora fuori organico di fisica nucleare sperimentale all’università di Berlino. Le sue ricerche furono però interrotte dall’avvento del regime nazista: nel ‘33 le venne tolta, in quanto ebrea, l’autorizzazione all’insegnamento e nel ‘38 dovette fuggire in Svezia.
Approfondendo le ricerche sull’uranio di Hahn, con cui era rimasta in contatto, Lise, insieme al nipote Otto Frish, arriva a formulare il principio esatto della fissione nucleare. Nonostante la sua completa estraneità alla realizzazione della bomba atomica (fervente pacifista, Lise non accettò mai di partecipare al progetto Manhattan), subito dopo il bombardamento di Hiroshima, venne apostrofata come “la madre ebrea della bomba”. Al contrario, non le venne mai riconosciuta la maternità della fissione nucleare: nel 1944 il premio Nobel per la Chimica viene assegnato a Hahn che si attribuisce tutti i meriti della scoperta.
Malgrado i numerosi premi che le furono assegnati in vita e le tre candidature per il Nobel, Lise Meitner, «una fisica che non ha mai perduto la sua umanità», è sempre stata, contrariamente a quanto meritasse, dequalificata e misconosciuta rispetto a quanto non sia avvenuto nei confronti dei suoi colleghi uomini.

Rita Levi Montalcini nasce a Torino il 22 aprile del 1909. I suoi studi sul sistema nervoso, per i quali verrà insignita del premio Nobel per la medicina (unica donna in Italia ad avere ottenuto un simile riconoscimento in ambito scientifico), iniziano nel 1930 quando si iscrive alla Facoltà di Medicina dell’Università della città, dove si laurea nel 1936 con il massimo dei voti.
Mentre si sta specializzando in Psichiatria e Neurologia, viene allontanata dal mondo universitario a causa delle leggi razziali del 1938. Continuerà i suoi studi all’Università di Bruxelles, dove è costretta a trasferirsi, fino al momento dell’invasione nazista del Belgio. Tornata nella città natale, Rita allestisce un laboratorio domestico nella sua camera da letto e inizia la sua collaborazione con Giuseppe Levi, arrivando a scoprire quel fenomeno di morte cellulare programmata che, solo successivamente, verrà definito come apoptosi.
Nel 1944, dopo la cacciata dei tedeschi da Firenze, città dove si era rifugiata insieme alla famiglia durante il periodo dell’olocausto, la scienziata inizia a lavorare come medica nel campo dei rifugiati di guerra provenienti dal Nord Italia. Terminata la guerra, nel 1946, Rita si trasferisce in America, a Saint Louis, invitata dal biologo chimico Viktor Hamburger. Qui comincia a insegnare alla Washington University e continua a dedicarsi instancabilmente alle sue ricerche, fino alla scoperta del cosiddetto ‘Fattore di crescita nervoso’, una proteina coinvolta nella crescita e nella sopravvivenza delle cellule neuronali.
Scienziata dalle straordinarie capacità, durante la sua vita, Rita Levi Montalcini ha rivestito cariche di grande prestigio (fino alla nomina di senatrice a vita nel 2001) ed è stata membro delle maggiori accademie scientifiche internazionali. Ma non solo; è stata anche un’attivista e una donna socialmente e politicamente impegnata.

Astrofisica, divulgatrice scientifica e attivista italiana, Margherita Hack (Firenze, 12 giugno 1922-Trieste, 29 giugno 2013) è stata la prima donna a dirigere l’Osservatorio astronomico di Trieste. Nota per il suo importante contributo alla ricerca per lo studio e la classificazione spettrale di molte categorie di stelle, Hack è stata professora ordinaria di astronomia all’Università di Trieste per quasi 30 anni, direttrice del Dipartimento di Astronomia dello stesso ateneo e membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei.
Nella sua vita si è distinta non solo per le sue molteplici pubblicazioni (ricordiamo, tra le tante, Il nuovo sistema solare, con la quale ha vinto il Premio internazionale Cortina Ulisse per la divulgazione scientifica, e L’Universo alle soglie del duemila) e per il suo lavoro scientifico, ma anche per il suo impegno sociale a favore dell’eutanasia, dei diritti civili e del riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali. La ricordiamo anche per le sue diverse candidature politiche, prima nelle liste dei Progressisti e del Partito dei Comunisti Italiani e, successivamente, in quelle della Federazione della Sinistra e della Democrazia Atea.

Con Ipazia e Rose Dieng-Kunz ci spostiamo in Africa.

Ipazia (Alessandria d’Egitto, 350/370-Alessandria d’Egitto, marzo 415) è la prima matematica di cui abbiamo notizie. Figlia del matematico Teone, gli succedette, dopo la morte, nella direzione della Scuola platonica di Alessandria e nell’insegnamento della filosofia e dell’astronomia. Esperta di meccanica e di tecnologia applicata, la si riconosce quale inventrice dell’astrolabo, strumento astronomico per la localizzazione della posizione del sole e delle stelle, e dell’idrometro, strumento per la misurazione dei livelli dell’acqua.
Consigliera di Oreste, il Prefetto cittadino, Ipazia divenne ben presto il bersaglio di Cirillo, Patriarca di Alessandria salito al trono dopo la morte dello zio Teofilo. Considerata la causa della discordia tra i due e del conflitto tra pagani e cristiani, in un giorno del marzo del 415, la scienziata fu assalita per la strada da una folla di fanatici, trascinata in una chiesa e uccisa. Il suo cadavere venne poi smembrato e dato alle fiamme.

Nata in Senegal nel 1956, Rose Dieng-Kuntz è stata una scienziata specializzata in intelligenza artificiale. Diplomatasi al liceo Van-Vollenhoven di Dakar, prosegue gli studi a Parigi presso il Liceo Fénelon. Nel 1976 è la prima donna africana a iscriversi all’École Polytechnique.
Dopo la laurea in ingegneria e il dottorato in informatica, lavora prima per la società Digital Equipment Corporation e poi per l’Istituto Nazionale di Ricerca in Informatica e Controllo in Francia. Determinata a creare «una rete di conoscenze che collega individui, organizzazioni, paesi e continenti», Rose si specializza nella condivisione delle conoscenze sul Word Wide Web.
Prima della sua morte, avvenuta a soli cinquant’anni a causa di una lunga malattia, la scienziata è stata insignita del premio Irène Joliot-Curie (2005) e nominata Cavaliere della Legion d’onore (2006).

Maryam Mirzakhani, Rachel Carson e Isobel Isa Bennett concludono la serie delle scienziate e ci conducono, rispettivamente, in Asia, America e Oceania.

Si deve alla matematica iraniana Maryam Mirzakhani, e alla sua memoria, l’istituzione del 12 maggio (anniversario della sua nascita) come Giorno delle matematiche. Scomparsa prematuramente a quarant’anni (15 luglio 2017) a causa di un cancro al seno, Maryam è stata la prima persona di nazionalità iraniana e l’unica donna a essere mai stata insignita della medaglia Fields. Il suo talento straordinario viene riconosciuto fin dagli esordi: giovanissima, vince la medaglia d’oro alle Olimpiadi internazionali di matematica di Hong Kong e, l’anno successivo, a quelle di Toronto.
Dopo essersi laureata in matematica all’Università di Teheran, si trasferisce negli Stati Uniti, dove consegue il dottorato presso l’Università di Harvard. Lo stesso anno, nel 2004, diventa ricercatrice al Clay Mathematics Institute e docente prima alla Princeton University e poi all’Università di Stanford in California. Tra i suoi più importanti contributi si annoverano gli studi sulla geometria iperbolica e simplettica e la teoria ergodica per lo studio dei sistemi dinamici.

Nata a Springdale il 27 maggio del 1907, Rachel Carson, biologa e zoologa statunitense, è riconosciuta come l’iniziatrice del movimento ambientalista americano. Laureatasi in zoologia nel 1932, dedica i primi suoi studi alla biologia marina. In quest’ambito ricopre la carica prima di biologa e poi di editrice capo presso il Dipartimento Statunitense per la Pesca. Successivamente, estende i suoi interessarsi all’ambiente e alla natura, concentrandosi, in particolar modo, sui fitofarmaci e sui loro effetti dannosi. Al tema è dedicato il suo lavoro più famoso: Primavera Silenziosa (1962). Nel testo l’autrice illustra i danni irreversibili che l’uso di pesticidi, di sostanze inquinanti e cancerogene possono avere sull’ambiente e, attraverso la catena alimentare, sugli esseri umani. La sua lotta contro i fitofarmaci, supportata dalle contestazioni a cui diedero vita le sue riflessioni, si è conclusa con la messa al bando dei Ddt negli Stati Uniti. Ma Rachel morirà prima di quel fatidico giorno.
A lei sono dedicate quattro scuole pubbliche, il Dipartimento di Protezione Ambientale e di Conservazione delle Risorse Naturali del Commonwealth e il premio internazionale ‘Rachel Carson’.

Isobel Ida Bennett (Brisbane, 9 luglio-Sydney, 12 gennaio 2008) è stata una delle più importanti biologhe marine australiane. Nota per i suoi importanti studi sul plancton del Pacifico meridionale e sugli organismi marini, nel 1962 l’Università di Sydney le conferì il Master Onorario in Scienze dalla Università. Particolarmente rilevanti sono anche le ricerche sul campo condotte tra il 1948 e il 1970 sulla barriera corallina e poi confluite nel libro The Great Barrier Reef del 1971.

***

Articolo di Sveva Fattori

Diplomata al liceo linguistico sperimentale, dopo aver vissuto mesi in Spagna, ha proseguito gli studi laureandosi in Lettere moderne presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza con una tesi dal titolo La violenza contro le donne come lesione dei diritti umani. Attualmente frequenta, presso la stessa Università, il corso di laurea magistrale Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione.

Lascia un commento