A qualcuno piace caldo, il n.11/24 di Limes. Parte prima

I volumi di fine anno della rivista Limes sono sempre 2, uno dei quali non è focalizzato sull’attualità ma approfondisce un tema specifico. Quello sul cambiamento climatico dovrebbe essere letto gradualmente, tenuto sul comodino o sulla scrivania e sfogliato spesso, perché contiene approfondimenti preziosi su cui ogni abitante del pianeta dovrebbe informarsi. Geopolitica del cambiamento climatico potrebbe essere il suo titolo, che invece volutamente richiama quello di un divertente film, Someone likes it hot di Billy Wilder con Marilyn Monroe, Jack Lemmon e Tony Curtis.
Le parti della rivista, al solito, sono 3: Italia, adattarsi per salvarsi; Che aria tira e I climi degli altri. Dalla prima sezione, che ha per focus il nostro Paese, si segnala Il caso Bologna di Giulio Boccaletti, che contiene informazioni importanti sugli eventi che hanno investito Bologna e l’Emilia-Romagna. Sappiamo che il Mar Mediterraneo è un hotspot climatico, dove gli effetti del cambiamento climatico sono più marcati che nel resto d’Europa. Nelle 24 ore tra il 19 e il 20 ottobre 2024 «la temperatura dell’Adriatico vicino alla Romagna era di 3 gradi sopra ciò che normalmente si osserva in questo periodo dell’anno. Un grado in più alla superficie dell’acqua implica che potenzialmente l’aria sovrastante può assorbire circa il 7% in più di vapore. Il risultato è una colonna d’aria carica di vapore che attende un fronte freddo per collassare sulla testa delle persone. È ciò che è successo il 19 ottobre». Il sistema infrastrutturale che regola l’acqua sul nostro territorio è insufficiente a gestire questa nuova realtà. Adattarsi al cambiamento è un imperativo, una sfida prima di tutto politica, un po’ come quella posta in essere da Franklin Delano Roosevelt con la Valley Authority (Tva), che tanto convinse uno dei Padri dell’integrazione europea, Monnet.


Ancora del Mare nostrum scrivono Giovanni Coppini e Simona Masina nel saggio accurato Il clima cambia il Mediterraneo (e noi), ricordando la vulnerabilità multipla del Mediterraneo, sottolineata dall’ultimo rapporto dell’Ipcc: «Il cambiamento climatico interagisce fortemente con altri problemi ambientali nel bacino del Mediterraneo derivanti dall’urbanizzazione, dal cambiamento dell’uso del territorio, dalla pesca eccessiva, dall’inquinamento, dalla perdita di biodiversità e dal degrado degli ecosistemi terrestri e marini». Anche il rapporto tra settore turistico e cambiamenti climatici è cruciale per molte nazioni costiere del Mediterraneo. «Questo rapporto riguarda le minacce alla bellezza naturale e all’attrattività delle destinazioni turistiche, ma anche la sostenibilità economica delle comunità che dipendono dal turismo». Gli autori segnalano l’erosione delle spiagge e le fioriture algali che, favorite dal riscaldamento delle acque, sono aumentate del 20% negli ultimi vent’anni, rendendo, insieme all’invasione di meduse, le acque inadatte alle attività turistiche. A questi problemi le comunità locali stanno reagendo con investimenti in infrastrutture resilienti e diversificando le offerte turistiche. Masina e Coppini ricordano l’invasione della mucillaggine, il fenomeno ecologico causato da un’eccessiva proliferazione di microalghe in Adriatico la scorsa estate. Queste mucillagini hanno ostruito la luce solare e soffocato la vita sottostante di coralli e praterie di posidonia, vitali per la biodiversità e la riproduzione delle specie ittiche. Anche la pesca è stata direttamente colpita, con una drastica riduzione delle catture e danni alle attrezzature. Ovviamente a risentirne pesantemente è stato anche il settore turistico. Spetta alle istituzioni affrontare questo cambiamento e la collaborazione tra governi, organizzazioni internazionali e comunità locali sarà vitale per sviluppare strategie efficaci, suggerite dagli autori dell’articolo.

Così scrivono ancora Coppini e Masina: «Gli eventi estremi indeboliscono le economie locali, interrompendo le attività commerciali e turistiche e richiedendo investimenti significativi in ricostruzione e riparazione. Inoltre, mettono a dura prova i sistemi di assicurazione e di aiuto governativo, spesso inadeguati a coprire l’entità dei danni. La distruzione di infrastrutture essenziali come strade e reti elettriche può isolare intere comunità, complicando gli sforzi di soccorso e recupero. Per affrontare l’aumento degli eventi estremi è dunque essenziale costruire barriere contro le inondazioni, creare sistemi di allerta precoce, migliorare la resistenza di edifici e infrastrutture essenziali. L’educazione e la preparazione delle comunità locali giocano un ruolo fondamentale nel mitigare gli impatti immediati e nel garantire una risposta efficace quando questi eventi si verificano». Ma è indispensabile «un approccio integrato che combini politiche di adattamento, innovazioni tecnologiche e un impegno profondo nella ricerca scientifica». I paesi mediterranei devono collaborare a più livelli — governi, organismi internazionali, università, centri di ricerca e comunità locali — condividendo dati e migliori pratiche e sostenendo reciprocamente iniziative di ricerca e sviluppo, per elaborare e attuare strategie che rafforzino le economie locali e proteggano gli ecosistemi vitali. Progetti come il Decennio del mare dell’Unesco mirano a catalizzare una nuova èra di scienza e tecnologia del mare, promovendo scienze oceaniche innovative per supportare gli sforzi di conservazione e un utilizzo sostenibile delle risorse marine». Altrettanto virtuose sono le esperienze dell’Università di Bologna citate nell’articolo.

Dell’“oro blu”, come viene chiamata oggi l’acqua, tratta il saggio di Emma Cabascia L’Italia ha sete ma il bicchiere è mezzo pieno, che riporta dati di un dossier di Legambiente e di altre fonti internazionali autorevoli. «In ritardo e fuori fuoco» è il giudizio dato al Pnacc (il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici) da Luca Carra e Stefano Nespor, autori di Tardi e male. Anatomia del Pnacc. Di seguito un estratto dal loro approfondimento: «Il guaio dell’adattamento è che coinvolge tutti i settori, dalla sanità ai lavori pubblici, dall’economia all’ambiente, dalla scuola alla ricerca scientifica; va dalla scala europea a quella nazionale e da questa a quella iperlocale. Per funzionare davvero dovrebbe far lavorare tutti insieme in modo sistemico e non parcellizzato, con continui cicli di monitoraggio e correzioni…». Chi è interessato/a al dibattito sul nucleare potrà leggere Nucleare, il nocciolo del problema di Riccardo Casale, che non manca di sottolineare l’annoso problema dello smaltimento delle scorie. L’acqua che ci illumina racconta la storia dell’idroelettrico in Italia, che «tra il 1915 e il 1960 ha generato il 90% della complessiva elettricità italiana. L’acqua è stata e continua a essere il motore nascosto della penisola, dai ghiacciai delle Dolomiti al Salso Simeto in Sicilia».

In questa parte di A qualcuno piace caldo è da evidenziare L’enormità del piccolo (mai titolo fu più azzeccato) della cartografa Laura Canali, una voce femminile tra le poche di questa rivista che ha il coraggio di chiudere il suo approfondimento, ricco di dati sulle rocce, i ghiacciai, le Alpi e tanto altro, con questo pensiero, che suona quasi come un eresia, ed è per questo tanto più apprezzabile, per la disciplina che rifiuta ogni giudizio morale: «Sembrerebbe arrivato il tempo di assimilare un concetto che sembra banale ma non lo è affatto: come abitanti della Terra, gli esseri umani hanno un destino comune e anche se non lo percepiscono, fanno parte del mondo animale ospitato dalla Terra.
L’umanità appare più che mai profondamente divisa da guerre, dogmi religiosi, animosità politiche. Serve urgentemente una filosofia comune o una lista di princìpi in grado di portare tutte le fazioni a un tavolo per discutere di problemi ambientali e di conseguenza economici.
Questo pensiero utopico, quasi folle per un qualsiasi analista geopolitico, sembra l’unica strada per salvare non il nostro pianeta, il quale sopravviverà, ma il genere umano».
(continua)

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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la “e” minuscola e una Camminatrice con la “C” maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Procuratrice legale per caso, docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

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