Carissime lettrici e carissimi lettori,
Tutti al mare dettava, seppure con accento più dialettale, una canzone di successo di qualche tempo fa, mediata dalla splendida e indimenticabile voce di Gabriella Ferri.
Ma noi aggiungiamo: non su quello davanti a Gaza. La “riviera” di Gaza ancor meglio della riviera amalfitana, di quella ligure, delle Maldive e di tutto il resto della bellezza naturale terrena. In più si fa il pieno di resort lussuosissimi. Degni della clientela più chic, capace di pagare con disinvoltura le bizzarrie e le comodità più varie. Si potrebbe fare. A patto di non pensare. A patto di riuscire a dimenticare, deridendo la ormai vituperata memoria, che lì c’era gente che viveva nelle proprie case, che lì era nata. Persone vive, reali che avevano le loro relazioni, le amicizie, i loro negozi di riferimento, cinema, bar, scuole per fare studiare i figli e le figlie. Lì, lungo il mare di Gaza, c’erano stati le persone morte sotto le bombe, i palazzi ridotti in macerie, ospedali violati, cose che i più tra loro non avevano provocato. Basta saper non pensare. Basta dimenticare chi c’era lì, chi è morto/a o chi è stato/a deportato/a altrove (perché di questo si tratterebbe, di deportazione esplicita di una popolazione). Basta dimenticare che sono esistiti/e le persone gazawi (così si chiamavano gli e le abitanti di Gaza). Allora si potrà. Potrà iniziare il turismo, di lusso o simile.
Questo è il sogno trumpiano. La cosa ci spaventa e ci fa sorridere amaramente, almeno se si verificassero alla lettera le parole di Donald Trump, il quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti d’America che, appena eletto (o ri-eletto), mostra i muscoli al mondo e trova simpatie nelle ideologie suprematiste del continente Europa.
Quella del neopresidente americano potrebbe essere pensata come una boutade, una sorta di provocazione che però indica la supponenza di una potenza che poi non è in uno dei suoi momenti migliori. Si aggiunge a questa di Gaza, che include una sopraffazione anche di Israele e un possesso di fatto di territori non Usa, la presenza del pensiero presidenziale un po’ in tutto lo scibile…
Per Trump esistono solo due sessi (!), alcuni territori appartengono di diritto (una legge dettata da qualche entità superiore?!) agli States, le guerre devono finire secondo i suoi dettami… Tra le ultime boutades, siglata con tanto di firma dell’inquilino della Casa Bianca, c’è il diktat di ripristino delle cannucce di plastica e della plastica in genere, che ignora tutto il percorso impegnativo da parte dell’umanità verso il salvataggio del pianeta.
Quest’ultima “soluzione” trumpiana ha mandato su tutte le furie un nostro scienziato, Mario Tozzi, che da sempre è impegnato soprattutto nella divulgazione della scienza a favore della salvezza della nostra “madre terra”: «Questa scelta del presidente americano — ha detto durante un’intervista televisiva Tozzi, autore di un bel testo Prove tecniche di estinzione, sul cambiamento climatico — è segno di grande ignoranza, oltre che di desiderio di fare profitto. Ignoranza e profitto in questo senso — sottolinea — sono la stessa cosa. È lo spirito del cow boy, di chi dice faccio tutto quello che mi fa comodo di fare».
Ma intanto la tensione cresce. Soprattutto a Gaza. Proprio mentre esce questo editoriale si avvicina l’ultimatum indetto contemporaneamente da Donald Trump e dal presidente israeliano Benjamin Netanyahu. «La tensione a Gaza torna alle stelle perché il cessate il fuoco, che ha retto per tre settimane, rischia ora di saltare — scrive un quotidiano commentando la notizia —. La miccia è stata accesa da Hamas, che ha annunciato il rinvio del nuovo rilascio di ostaggi previsto per sabato (oggi ndr) accusando Israele di non aver rispettato pienamente gli accordi sottoscritti a metà gennaio. Immediata la condanna dello Stato ebraico, che ha denunciato una “violazione della tregua” da parte della fazione palestinese, mentre l’Idf ha ricevuto ordini di «prepararsi da ogni scenario». É appunto uno scenario di crisi, reso ancora più instabile dalle nuove dichiarazioni di Donald Trump sul futuro della Striscia: secondo il suo piano, è la novità annunciata dal presidente Usa, non è previsto il ritorno degli sfollati nell’enclave dopo la presa di possesso da parte degli Stati Uniti. Proprio Trump ha inviato un durissimo avvertimento a Hamas: se gli ostaggi non verranno liberati come da programma «scoppierà un vero inferno». E come se non bastasse, ha evocato l’ipotesi di tagliare gli aiuti a Egitto e Giordania se si rifiutassero di accogliere i gazawi. É Trump il guardiano del mondo o globo terracqueo che dir si voglia?
Su un punto, dunque, il presidente Trump non indietreggia riguardo a Gaza. Vuole diventare addirittura “proprietario” della Striscia, per pianificare uno «sviluppo immobiliare per il futuro» di questo “bellissimo pezzo di terra”. E gli abitanti attuali, già stremati da una guerra terribile e non voluta dove andrebbero però a stare? No problem! L’inquilino della Casa Bianca ha immaginato di realizzare fino a sei nuove e «belle comunità, lontane da dove si trovano adesso». Insomma, secondo l’idea trumpiana i palestinesi andrebbero via, in posti «dove non c’è tutto questo pericolo». Non si chiama tutto ciò deportazione?
La guerra è bruttissima cosa. I giovani e le giovani devono sempre sapere e capire quello che succede. Su questo interviene la scrittrice Dacia Maraini che osserva, parlando del suo ultimo libro Vita mia (Rizzoli): «Raccontare la mia esperienza non è stato facile, ma sento il dovere di far capire cosa significhi vivere la guerra, soprattutto ai più giovani. La vendetta non è mai la risposta giusta: ciò di cui il mondo ha bisogno è giustizia e pace, per fermare ogni conflitto e liberare le donne da ogni forma di oppressione. Il racconto sul campo di concentramento l’ho cominciato tante volte, ma non riuscivo a finirlo. Ora, con l’arrivo di minacce di guerra, mi sono forzata a finirlo. Credo sia importante far capire cosa vuol dire una guerra. Raccontare un’esperienza di guerra così dettagliata — continua Maraini sempre parlando del suo libro e della sua esperienza — può aiutare a capire cosa può essere concretamente la guerra ed è per questo che ho scritto. Non dobbiamo dimenticare, la società dei consumi scoraggia la memoria perché la memoria è conservativa invece il consumo è rapido. La memoria è sfavorita in questo momento, c’è stato qualcuno che perfino voleva eliminare la Storia dalla scuola. Ma la storia ci aiuta a capire non solo il passato ma anche il presente. Ci permette di costruire il futuro. Siamo figli della storia e senza di lei siamo degli oggetti. Per questo dico che coltivare la memoria oggi è un atto di resistenza».
Piccoli e piccole morose a mensa sono tenuti/e a pane e olio. Meglio che digiuni? Sicuramente umiliati. I ragazzini e le ragazzine di una scuola di Montevarchi, in provincia di Arezzo, si sono seduti/e a mensa senza il pasto completo e con solo pane e olio. Colpevoli non sono loro, ma probabilmente i genitori che non hanno pagato la retta per il pranzo giornaliero. Forse della “colpa” commessa non sanno nulla e non sono neppure a conoscenza del loro misfatto. La sindaca della cittadina toscana lamenta un “buco” economico di parecchie migliaia di euro (85.000 euro) che riguarda proprio la mensa scolastica. Ma i ragazzini e le ragazzine umiliati/e non hanno colpa e nulla sanno di tutto quello che c’è stato a monte, cose che non conoscono neppure i loro compagni e compagne che, regolarmente paganti, ricevono un pranzo completo. Non è la prima volta della scuola di Montevarchi. Nel 2017 si era introdotto lo stesso metodo e per lo stesso motivo: «Se una famiglia non riesce a pagare la mensa, il pasto completo sparisce e al suo posto arriva una fetta di pane con un filo d’olio. Un gesto che lascia il segno, che mette un bambino o una bambina nella condizione di sentirsi diverso, separato dagli altri, senza aver fatto nulla per meritarlo. Questa è la politica sbagliata: dividere invece di unire, penalizzare i più fragili invece di trovare soluzioni» (rainews24).
Ricordate maestri e maestre (io non ricordo, ma ho fotografato nella mente ben altre scene nate nel mio contesto scolastico religioso) che un tempo facevano andare ragazzini e ragazzine poco diligenti (secondo certi criteri, più o meno discutibili) dietro la lavagna? Era forse sbagliato, ma partiva da quell’atto un insegnamento evidente a tutti: un “prezzo” da pagare per uno sbaglio commesso davanti a tutti e con la consapevolezza del ragazzino/a al quale era data la “punizione”. Poi tutto è da discutere, ma tutto era chiaro, non “pagava” chi era inconsapevole. Qui è la povertà o negligenza familiare adulta a dare il comando. I piccoli e le piccole non ne sanno nulla e, soprattutto nulla possono fare. Eppure, sono loro a subire l’umiliazione davanti ai e alle proprie compagne/i paganti. A loro la curiosità (in tutti i sensi possibili) dello sguardo dei e delle coetanee. Sono marchiati/e dal debito non loro. «Siamo di fronte ad una pratica ingiusta e completamente fuori dal tempo che mette a rischio la salute psicofisica dei bambini nell’ambiente scuola che è il luogo dove dovrebbero in ogni caso e in ogni situazione sociale trovare inclusione, accoglienza, benessere e solidarietà. Un Paese civile non può accettare che si applichino misure di questo tipo nei confronti di minori. Ci sono strumenti di sostegno per le famiglie in difficoltà e misure civili di controllo ed eventuale recupero delle morosità. Questo è il compito della politica locale non quello di praticare discriminazione e vendetta sulla pelle di bambine e bambini».
Proprio una canzone che parla dei bambini e delle bambine, di come parlare e insegnare loro la vita è la “consolazione” di oggi. Scritta e cantata dal grande Giorgio Gaber (1939-2003) che non riuscì, per pochi giorni, a vedere edito l’album Io non mi sento italiano che la comprendeva, pubblicato 23 giorni dopo la sua morte. La canzone insegna che bisogna lasciare liberi e libere le bambine e i bambini. «È una canzone molto profonda e io concordo in pieno con Gaber. Se non lasciamo fantasticare i bambini, (loro che possono e che non si fanno problemi), quando si affacceranno al mondo reale cosa vedranno? Solamente un mondo spento e triste; un mondo che non ha voglia di essere vissuto e che rimane impassibile, sempre e comunque. Quindi lasciamoli crescere come vogliono e insegniamogli solo la magia della vita. Dobbiamo essere capaci di insegnargli che il mondo alla fine è bello e va preso nel migliore dei modi, in qualunque situazione ci troviamo. Non dobbiamo influenzarli con i nostri problemi riguardanti la politica, la religione, il lavoro, anzi l’unica cosa sicura è tenerli lontano dalla nostra cultura. Dobbiamo essere capaci di dare fiducia all’amore e di credere in loro. Insomma, è meglio non insegnare ai bambini perché in fondo, il loro mondo non ha bisogno dei nostri insegnamenti ma necessita solo di fantasia, felicità e libertà». (Vignus, WordPress)
Non insegnate ai bambini
Non insegnate la vostra morale
È così stanca e malata
Potrebbe far male
Forse una grave imprudenza
È lasciarli in balia
Di una falsa coscienza
Non elogiate il pensiero
Che è sempre più raro
Non indicate per loro
Una via conosciuta
Ma se proprio volete
Insegnate soltanto
La magia della vita
Giro giro tondo cambia il mondo
Non insegnate ai bambini
Non divulgate illusioni sociali
Non gli riempite il futuro
Di vecchi ideali
L’unica cosa sicura
È tenerli lontano
Dalla nostra cultura
Non esaltate il talento
Che è sempre più spento
Non li avviate al bel canto
Al teatro alla danza
Ma se proprio volete
Raccontategli il sogno
Di un’antica speranza
Non insegnate ai bambini
Ma coltivate voi stessi
Il cuore e la mente
Stategli sempre vicini
Date fiducia all’amore
Il resto è niente
Giro giro tondo cambia il mondo
(Giorgio Gaber)
Buona lettura a tutte e a tutti.
Il nuovo numero di Vitamine vaganti si apre con la storia dell’incisora e abile imprenditrice Elisabetta Piccini, suora veneziana vissuta nel XV secolo.
Tanti gli approfondimenti sull’economia e sulla politica: in Strumenti di libertà si parla della violenza economica, uno degli aspetti meno noti della violenza di genere ma non per questo meno importante; in Francia. La Ong in pericolo viene discusso il modo con cui la nuova finanziaria approvata dal governo francese metta a serio rischio l’attività delle organizzazioni non-governative; Tra ghiacci e geopolitica: chi difende l’Artico? è un approfondimento sulle regioni artiche e su come il loro ecosistema sia impattato da giochi di potere globali.
Il National Museum of Women in The Arts (Nmwa) parla della disparità di genere nel mondo dell’arte e di come le artiste siano ancora molto sottorappresentate. Si vola poi in Medioriente con Giordania. Città e deserti e la storia di un viaggio in questa bellissima terra, per poi andare verso nord-est, in Armenia e più precisamente nella sua capitale Erevan, per rilevare La presenza femminile nell’odonimia di Erevan. Parte prima. In Città compassionevoli. Quando le comunità diventano luoghi di solidarietà si descrivono invece le buone pratiche in diverse città del mondo, dove sta prendendo sempre più piede la caring community, ossia «[…] una serie di comunità, che possono essere più o meno grandi, che riconoscono che prendersi cura gli uni degli altri in momenti di crisi e di perdita non è un compito esclusivo dei servizi sanitari e sociali, ma è una responsabilità di tutti/e.»
Il nostro gioco Memory street International offre l’opportunità di approfondire una serie di figure storiche della letteratura in Memory Street International, le letterate. La recensione della settimana, Covando un mondo nuovo, è dedicata al libro fotografico di Paola Agosti Covando un mondo nuovo. Viaggio tra le donne degli anni Settanta. Una mamma e una bambina nel gennaio 1958 è il racconto di una mattina invernale ambientata alle porte del Festival di Sanremo. Clara Sereni. Casalinghitudine è l’analisi di uno dei testi meno noti e forse più significativi di questa autrice.
Il numero di questa settimana si chiude con due affascinanti approfondimenti culinari: Il legame tra alimentazione, salute e benessere analizza il docufilm Sei ciò che mangi: gemelli a confronto e il suo curioso esperimento su 22 coppie di gemelli e gemelle monozigoti; La cucina vegana. Vellutata di zucca e mele offre la ricetta di una zuppa classica, perfetta per queste giornate invernali.
A tutti e a tutte auguriamo buon appetito!
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.
