Intessere trame di pace. I lenzuoli della memoria

I fili invisibili che intrecciano i destini dell’umanità, ancor prima che cominciasse a percepirsi come un sistema, oggi sono diventati “materia” viva grazie alla capacità visionaria di gruppi di attivisti che non si rassegnano ad accettare l’invalicabilità dei confini.
Gli esseri umani hanno camminato da tempo immemore per cercare nuove terre su cui vivere e i fenomeni migratori che hanno caratterizzato l’Europa hanno vissuto un picco che nel 2015 ha creato grande disorientamento nel gestirlo. Molti gruppi spontanei di persone comuni si sono dati da fare per sostenere i diritti delle persone alla ricerca del loro posto nel mondo, in fuga da carestie, povertà estrema o da regimi autoritari, a differenza delle istituzioni preposte che non lo hanno governato secondo i criteri dell’accoglienza e della democrazia, come previsto per esempio dalla Costituzione italiana.

Ho incontrato uno di questi gruppi quest’estate, iscrivendomi alla Carovana della rotta balcanica, organizzata dall’associazione “Carovane migranti” e partita da Torino, con destinazione Bihac e zone limitrofe, quelle più popolate di migranti, anche detenute/i in regime extra giudiziario. All’arrivo a Padova è avvenuto l’incontro con la numerosissima carovana spagnola e basca, che ha portato un’atmosfera allegramente dinamica e un po’ caotica.

Socorro

Durante le tappe sono stati organizzati incontri di formazione e di conoscenza con protagoniste/i dell’attivismo solidale e inclusivo, a partire dalla messicana Socorro Gil Guzmán di “Memoria Verdad y Justicia”: una madre alla ricerca del figlio arrestato dalla locale polizia municipale nel 2018, mentre si recava a giocare a calcio, e poi scomparso. Socorro ha partecipato alla prima Brigata di Ricerca Internazionale svolta al confine tra Messico e Stati Uniti e continua tuttora la ricerca insieme alle altre madri di figli scomparsi.
Dal 2018 la Bosnia è diventata un nodo centrale della rotta balcanica, quindi siamo arrivati a Bihac, dove il confronto con le realtà locali ha avuto come focus la prospettiva assunta dalle donne durante e dopo la guerra degli anni ’90, attraverso l’incontro con le “Donne in nero di Belgrado” e con altre donne che si sono occupate di sanare le conseguenze della guerra. La guerra ha sempre prodotto anche abusi e violenze sessuali: durante quella nella ex Jugoslavia è diventata tristemente nota la pratica dello stupro etnico e le testimonianze delle attiviste che se ne sono occupate sono state, a dir poco, emozionanti.

All’indomani del primo conflitto scoppiato in Europa dopo la Seconda guerra mondiale l’identificazione dei corpi ritrovati nelle fosse comuni è ancora in corso e sta a dimostrare la capacità di provare ancora compassione ed empatia nei confronti delle vittime ma anche dei loro familiari. L’assistenza alle/ai rifugiati ne ha ereditato la pratica con analoghe identificazioni e sepolture dei/delle migranti morte nel tentativo di avvicinarsi all’Europa: le testimonianze ascoltate, dunque, illustrano un quadro che non narra solo il “male”, ma infonde anche un po’ di speranza. Purtroppo, però, l’obiettivo di avvicinarci a Lipa e Borici, due campi di transito in cui lavorano alcune di queste associazioni, non è riuscito a causa del divieto delle forze dell’ordine.
Dopo la tappa al Cpr di Gradisca, la Carovana è arrivata a Trieste, dove sono continuati gli incontri: uno molto atteso e coinvolgente è stato quello in Piazza della Libertà, ora rinominata “Piazza del mondo”, con Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, che da sette anni, ogni sera, assistono i/le migranti che arrivano dalla rotta balcanica.

Lorena Fornasir

L’ultima tappa della Carovana è stata a Gattatico alla Casa Fratelli Cervi.
Durante l’intero percorso della Carovana è avvenuta l’esposizione dei lenzuoli della memoria: la necessità di spiegarne il contesto mi ha spinta a fare il sintetico resoconto del mio viaggio con Carovane migranti. Spero di essere riuscita a restituire l’atmosfera di speranza e di determinazione nell’agire, che è stata la linfa vitale del viaggio. Il progetto dei lenzuoli non è un’idea estemporanea, ma l’espressione della necessità di concedere ancora scampoli di vita a chi se ne è visto privare, a causa di un’umanità troppo compresa nel cercare di non perdere quelli che ritiene siano dei diritti, quando, invece, si tratta di privilegi.

Daniela Gioda

D’altra parte, però, è un progetto che viaggia come le persone e che non vuole solo rispondere a un generico senso di colpa perchè ci si sente nati nella parte «fortunata» del mondo, bensì vuole collegare i fili che molti non vedono ancora, ma che sono ciò che ci permette di non perdere del tutto la nostra umanità. Ho condiviso molti momenti del viaggio con Daniela Gioda, l’artista tessile della Carovana e motore propulsivo del progetto “Lenzuoli della memoria migrante”: la forza emotiva dei lenzuoli e l’entusiasmo di Daniela mi hanno convinta a proporre il progetto al gruppo di donne antimilitariste di cui faccio parte, “Le donne in cammino per la pace di Mondovì”.

Ma cosa sono questi lenzuoli? Da dove arrivano? Dove vogliono andare?
Nascono nel 2018 come “lenzuoliSOSpesi”, da un’idea dell’artista milanese Silvia Capiluppi. Il primo è stato chiamato “Genogramma – Il Lenzuolo della Sorellanza” ed è stato il risultato di una performance artistica che, nel tempo, ha ispirato Daniela Gioda. Il collegamento tra arte e vita è stato quasi immediato. Il grande lenzuolo bianco è diventato una carta geografica degli affetti perduti che vogliono ritrovare il loro posto nel mondo e continuare a vivere: attraverso il loro racconto a chi ancora non sa o a chi ha bisogno di leggere nomi dei propri cari che hanno popolato il pianeta e che ora non ci sono più.
Il 2020 è l’anno di nascita del progetto, anniversario del massacro di 72 migranti nel 1990 nella zona di San Fernando, in uno stato messicano alla frontiera con gli Stati Uniti: è stato un massacro operato a sangue freddo da un gruppo di narcos. La ricostruzione dell’identità delle vittime ha fatto nascere la determinazione di non far cadere nella dimenticanza i loro nomi attraverso la “Fundación para la Justicia y el Estado Democrático de Derecho”, che ha proposto l’iniziativa a Carovane Migranti e Caravana Abriendo Fronteras: i lenzuoli si stanno diffondendo rapidamente e sono già più di una dozzina. Esistono lenzuoli della memoria dal Messico, dal Guatemala, dall’Honduras, da El Salvador, dalle Canarie, da Minorca, dalla Spagna, dalla Tunisia, dal Montenegro, da Cutro, da Trieste e da Asti.
L’ultimo nato è quello delle “Donne in cammino per la pace di Mondovì”, per ricordare i bambini e le bambine di Gaza. Ѐ un lenzuolo particolarmente doloroso, perché noi donne temiamo di non poterci fermare tanto presto, vista la situazione attuale. Tuttavia proprio perché questi bambini e queste bambine, come tutti i bambini e le bambine del mondo, sono le vittime più innocenti e intollerabili delle guerre, della povertà e dell’assenza di democrazia: proprio per dare loro ancora un piccolo spazio su questo pianeta, vogliamo scrivere i loro nomi.

Lenzuolo delle memoria dedicato ad un bambino
Lenzuolo delle “Donne in cammino per la pace di Mondovì”
Margherita e il lenzuolo delle “Donne in cammino per la pace di Mondovì”
Il filo di Roberta

Ricamiamo con il filo rosso del sangue, ma applichiamo anche dei disegni con la stoffa, cerchiamo di ingentilire una pagina che dovrebbe parlare di giochi, di ninnenanne e di filastrocche. Ci troviamo una volta alla settimana, dalle 15 alle 18: si viene quando si vuole e quando si può, si resta il tempo che si ritiene giusto per noi e per il progetto. Chi vuole smettere di ricamare, poi, può accedere allo spazio della riunione in cui si prendono decisioni per le prossime iniziative di pace. E se a qualcuna interessa sapere qualcosa di più su chi siamo noi “Donne in cammino per la pace di Mondovì”, lo posso raccontare in un prossimo intervento.
Infine, parallelamente ai lenzuoli della memoria migrante, Daniela Gioda ha dato inizio a un altro progetto, scaturito proprio da un incontro con l’attivista e ricercatrice Veronica Saba, avvenuto a Trieste durante il viaggio di Carovane migranti: “Il filo di Roberta”, collegato alla data del 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne.
Ma anche questa è un’altra storia.

In copertina: lenzuoli a Padova.

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Articolo di Lorella Gallo

Laureata in Lettere e Filosofia, ho iniziato a lavorare come insegnante di sostegno, passando poi a Italiano e Storia presso un Istituto tecnico informatico. Attivista da sempre, ho partecipato a progetti di prevenzione dell’Aids in Uganda e organizzato una Nursery school per figli di cooperanti. Collaboro con Assopace Palestina, svolgendo attività di controinformazione a livello locale.

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