Un approccio differente a sé stesse e alle altre. Vent’anni del Concorso Lingua Madre

«Il Concorso Lingua Madre è un luogo di gemmazione». Ho sentito numerose volte la sua ideatrice e responsabile Daniela Finocchi dire questa frase e ne ho visto anche la sua attuazione pratica.
Progetto permanente del Salone internazionale del Libro e della Regione Piemonte, nato nel 2005, non si tratta, infatti, solamente di un concorso rivolto alle donne migranti e a tutte coloro che si riconoscono nelle appartenenze multiple che possono convivere nella stessa persona. Una sezione speciale è anche dedicata alle donne italiane che, pur non avendo origini straniere, vogliano raccontare l’incontro con l’altra. Certamente la parte di raccolta dei racconti e delle foto è ogni anno fonte di confronto e di ricchezza, ma c’è anche molto altro intorno al progetto, proprio grazie alla partecipazione e alla relazione tra donne.
Per riportare le parole di una delle autrici Clm, Fedoua El Attari, «il racconto crea una trama e la trama da sempre è legata al mondo femminile della tessitura: le donne nella storia cuciono e uniscono, tengono insieme».
Sono oltre 10.000 quelle che hanno partecipato in questi vent’anni al Concorso e che hanno quindi collaborato in prima persona alla costruzione di un approccio diverso; un approccio in divenire che continua a modificarsi per seguire la realtà che cambia.

In queste venti edizioni sono, infatti, cambiate le tematiche vissute e rinarrate dalle autrici così come sono cambiate le parole stesse che il Concorso usa per definirsi. Perché, come mi ha insegnato in primis Daniela Finocchi, «la forma è in effetti sostanza». Per questo, per esempio, il sottotitolo delle antologie Lingua Madre, pubblicate annualmente, è diventato Racconti di donne non più straniere, con l’aggiunta di un “non più” che testimonia — e direi rivendica — il diverso posizionamento che le donne assumono rispetto a sé stesse e rispetto all’Italia.
A non essere cambiata, invece, è la volontà del Concorso di essere uno spazio a disposizione. Nessuna concessione caritatevole, nessuna mediazione. A prendere voce direttamente sono le donne migranti, le loro figlie o chiunque non si riconosca nei modelli univoci della nostra società: scopo ultimo del Clm è essere un luogo autentico di espressione e riconoscimento; un’occasione di scambio, conoscenza, rappresentanza.
Alla base della scrittura e dell’incontro, come afferma sempre Fedoua El Attari, c’è stata «una consapevolizzazione della mia radice perché comunque c’è, era già lì ed è così per tutte e tutti. Dopo le ricerche e le conoscenze che ho acquisito sulla cultura arabofona, oggi sono felice di dire che sono marocchina, perché sono consapevole del valore di questa mia appartenenza».
Questo è il percorso che compie la maggioranza delle autrici. Eppure, il lavoro di accettazione non può essere a senso unico, solo rivolto verso sé stesse. Il verso opposto è quello che interpella le istituzioni e l’immaginario collettivo, quello che passa dall’acquisizione della cittadinanza ma senza dubbio ambisce alla rinegoziazione dei modelli di pensiero, di rappresentazione, di comunità.
L’anniversario di queste venti edizioni dimostra quanto ancora resti viva, per ognuna e ognuno di noi, la necessità di mettersi in ascolto delle voci “altre” che non trovano sufficiente accoglienza nelle narrazioni dominanti e nei canali di comunicazioni di massa.

Per questo, durante l’intero 2025, oltre alle consuete iniziative proprie o in collaborazione con altri enti pubblici e privati, il Concorso proporrà appuntamenti sia per ripercorrere quanto realizzato finora sia per avviare nuovi programmi che abbiano sempre come protagoniste le autrici. Tra le iniziative più rilevanti, la mostra alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo che si terrà a maggio in collaborazione con il Salone del Libro per esporre tutte le immagini vincitrici al premio fotografico. In aggiunta, da quest’anno i racconti delle autrici Clm sono stati scelti per essere pubblicati nell’antologia di Lattes editori Attraversare. L’arte di diventare grandi leggendo, dedicata alla scuola secondaria inferiore. Un passo fondamentale per il cambiamento dei modelli può iniziare proprio dalla scuola: oltre alle letture, le schede proporranno attività pratiche e di confronto tra studenti per invogliare a reinterpretare l’italiano, uscire dai programmi eurocentrici, intrecciare le culture e le lingue madri.
Questi esempi mostrano concretamente cosa si intenda per «gemmazione». Da concorso letterario — diventato anche fotografico nel 2011 attraverso la collaborazione con Fsrr per il relativo Premio speciale — le attività si sono moltiplicate. Ogni anno si tengono oltre cento eventi in presenza e online su tutto il territorio nazionale insieme a laboratori, convegni, partecipazioni a festival, mostre o spettacoli teatrali tratti dai racconti.
Dal 2023, inoltre, il sito www.concorsolinguamadre.it è diventato una testata giornalistica online: un progetto editoriale completo che unisce articoli, rubriche tematiche, una sezione audioracconti e il podcast Migranti: femminile plurale, disponibile su Spotify.
Tante le realtà che condividono l’approccio del Concorso, a partire dai partner che offrono gli altri premi speciali, ovvero Slow Food — Terra Madre, Torino Film Festival e Consulta Femminile Regionale del Piemonte. In particolare, il Clm è da anni socio sostenitore di Toponomastica femminile con cui condivide intenti e impegni per dare valore e visibilità alle donne in tutti i campi della società.
Il progetto, inoltre, opera sotto gli auspici del Centro per il libro e la lettura e si avvale del patrocinio di: Ministero della Cultura, We-Women for Expo, Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, Fondazione Pubblicità Progresso. Nel 2015 ha ricevuto il Premio Targa del Presidente della Repubblica, mentre nel 2024 Daniela Finocchi è stata nominata Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana proprio per l’attività svolta dall’ideazione nel 2005 in poi.

Se è possibile questo approccio non è solo per disposizioni personali o momentanee: collaborando con il Concorso e con le autrici ho potuto notare quanto gli obiettivi e le attività pratiche siano motivate da una postura consapevole. La cornice di senso in cui tutto si muove è in gran parte sostenuta dal Gruppo di Studio Clm, composto da docenti e scrittrici di diverse nazionalità, tra cui anche autrici che negli anni hanno continuato a condividere esperienze e a costruire insieme pensiero, affinché non rimanga, appunto, “solo” un concorso. Il Gruppo, infatti, indaga e approfondisce i temi connessi alla letteratura e alla migrazione femminile e realizza convegni, pubblicazioni, saggi, come il più recente volume incentrato sul ruolo delle donne nella risoluzione dei confitti, Pagine di pace (Guidonia, Iacobelli, 2024) a cura di Daniela Finocchi e Luisa Ricaldone, che sarà presentato proprio quest’anno al Salone del Libro. Ogni testimonianza raccolta in questi vent’anni mostra con chiarezza la necessità di uno sguardo sessuato alle migrazioni contemporanee.
Prima di incontrare le autrici Clm, e di iniziare a essere a mia volta parte attiva di questa rete, non avevo mai riflettuto davvero sull’espressione “lingua madre”. La mia era l’italiano; era un aspetto scontato di me. Da una parte questa formula richiama la maternità, dall’altra però è usata per veicolare soprattutto un complesso di norme linguistiche — e dunque di visioni della realtà — che, ancora troppo spesso, si rifà alla linea dei padri. Ricordo bene la prima volta che ho letto il racconto di Maral Shams, vincitrice del Primo premio alla XIX edizione Clm. Si concludeva con questo passaggio: «In un villaggio a nord del Kurdistan iraniano, quando sta per nascere una bambina, le ostetriche cantano una canzone che recita così: “Ti aiuto a far nascere e ti insegnerò a rinascere, per una vita senza se. Che madre natura sia con te e che la tua lingua madre non ti tradisca”. Ci ho messo un po’ di anni a capire cosa volesse dire “che la tua lingua madre non ti tradisca”. Ora però mi importa di più di non essere io a tradirla. Ora so perché si chiama lingua madre».
Ecco, credo che il Concorso Lingua Madre in questi vent’anni sia stato un modo per continuare a riflettere insieme — entrando in relazione con sé stesse e con le altre — su che cosa sia questa “lingua madre” e come si leghi alla genealogia femminile. Ed è una lingua madre che si stacca dai singoli linguaggi o dai paesi per unire invece le sensibilità e gli sguardi al mondo. Per questo, il Concorso diventa un approccio, un’apertura differente.

Contributo inviato da Elena Pineschi, laureata alla Scuola Holden di Torino in Scrittura creativa, Storytelling e Sceneggiatura. Dopo un Master in Editoria all’Università degli Studi di Verona, collabora come formatrice e redattrice per il Concorso letterario nazionale Lingua Madre, progetto del Salone Internazionale del Libro di Torino e della Regione Piemonte rivolto a donne migranti e con appartenenze multiple. Insieme a Daniela Finocchi, ha curato il podcast Migranti: femminile plurale. È inoltre lettrice editoriale per Einaudi Stile Libero e collabora come copywriter per diverse realtà, tra cui un’azienda EduTech per l’educazione sostenibile.

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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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