Musk o Trump, America al bivio. Il numero 12/24 di Limes. Parte Seconda

Stelle rosse, il titolo della prima parte dell’ultimo volume di Limes del 2024 che richiama il colore del Partito Repubblicano, di cui Trump è un esponente sui generis, approfondisce altri problemi che l’America si trova ad affrontare: La solitudine come malattia di classe, come racconta il rapporto Disconnected: The Growing Class Divide in American Civic Life, e il divario educativo di cui tratta l’approfondimento di Elio Cirillo. Con tale espressione non è da intendersi solo «il divario a livello di istruzione fra etnie, generi, classi, Stati. Il nodo profondo di tale questione si intreccia sul piano della formazione della coscienza individuale e collettiva»; in altre parole sulle diverse visioni del mondo e sulle diverse storie e identità. Negli ultimi 20 anni sono aumentati notevolmente gli/le homeschoolers (i bambini e le bambine che si formano a casa e non a scuola), soprattutto tra le persone di colore. Non solo per la paura della violenza e delle armi, della droga e degli atti di bullismo o per la volontà di impartire ai figli e alle figlie una “istruzione morale”. Un tempo l’home schooling era prerogativa delle famiglie conservatrici bianche. «Oggi — scrive Cirillo — molte famiglie di colore scelgono l’istruzione domestica per sfuggire ai programmi di studio condivisi, talvolta tacciati di propugnare una white-washed history o addirittura di censurare alcuni tipi di contenuti». Ecco che cosa si intende per culture wars.

Anche tra Stati ci sono grandi differenze che coinvolgono i contenuti dei programmi di studio. Uno dei temi più scottanti riguarda l’insegnamento della Teoria critica della razza nelle scuole (Critical race theory), una teoria giurisprudenziale sul razzismo intrinseco delle leggi varate negli Stati Uniti, presente anche dove non è esplicito il wokismo con le sue esagerazioni e rigidità. A scuola di tribalizzazione è un articolo che appassionerà soprattutto gli e le studiose di filosofia perché analizza il problema delle culture wars con gli strumenti di questa disciplina. A tale proposito è da segnalare un episodio, riportato nell’editoriale di Lucio Caracciolo, avvenuto in una scuola del Maryland che riguarda un tema assegnato da un insegnante fluido/a che si faceva dare del “loro” in una sesta classe (corrispondente alla nostra Prima media). Da leggere con attenzione.

La seconda parte del volume, I fronti di Trump si sofferma su alcune delle politiche di Biden che potrebbero inaspettatamente essere condivise anche dal nuovo Presidente (La strategia inconsapevole) sul futuro della Siria, che la rivista chiama al plurale perché occupata da quattro eserciti stranieri, con sette diversi modelli di governance e attraversata da una macrospaccatura interna e «da mille altre fratture sociali, molte delle quali riconducibili a ormai sedimentati odii e diffidenze di matrice confessionale e culturale». La ritirata della Russia dalla Siria e la sconfitta dell’Iran favoriscono la Turchia, gli Stati Uniti e Israele, con i curdi in grande difficoltà. I rapporti tra Usa e Russia con il nuovo Presidente sono approfonditi con la consueta competenza da Orietta Moscatelli nel suo Mosca e le lacrime, che richiama il titolo di un film sovietico vincitore del Premio Oscar del 1981 Mosca non crede alle lacrime. Scrive Moscatelli: «Al Cremlino si ragiona su come intersecare interessi americani per avanzare i propri, senza alienare i cinesi. Conforta i russi che alla Casa Bianca si installi di nuovo un politico sensibile al concetto di sfere di influenza, che considera l’Europa un condominio di morosi in debito con la Nato e mette i vantaggi economici prima di tutto, non solo i suoi, ma quelli del suo paese». L’analista esperta di Russia riporta un’affermazione del 7 ottobre scorso pronunciata da Putin al Club Valdai, un think tank e un forum di discussione russo, voluto proprio da Putin: «Il consiglio agli Stati Uniti è di rivedere il vettore dei rapporti con Russia e Cina; se invece di una politica di doppio contenimento scegliessero la collaborazione trilaterale, vincerebbero tutti e non ci sarebbero sconfitti».

Nell’articolo di Moscatelli c’è una parte interessante sui gasdotti Nord Stream 1 e 2, fatti saltare dagli ucraini, che sono diventati oggetto degli appetiti di un imprenditore americano. Vedremo se la loro sorte entrerà nei negoziati russo-americani per porre fine al conflitto in Ucraina. Come e perché chiudere la guerra di Ucraina è un testo che sarà bene avere sotto gli occhi quando i negoziati per porre fine al conflitto russo-americano via Ucraina porteranno a una soluzione. Vi sono esposte possibili ipotesi che rivelano una grande conoscenza della vicenda da parte del suo autore Dominick Sansone. Si riporta uno dei passaggi finali: «L’agenda «America First» che ha portato Trump al potere nel 2016 e lo ha rieletto nel 2024 si basa sulla fine degli interventi all’estero e sulle guerre eterne che hanno definito la politica estera degli Stati Uniti negli ultimi tre decenni. Ribadiamo, non è isolazionismo, ormai diventato un termine derogatorio impiegato per insultare o squalificare ogni idea che si discosti dal consenso dell’establishment per l’impero americano d’oltremare. Semmai, gli Stati Uniti devono imparare a usare il loro potere in maniera più intelligente, lavorando con gli alleati su questioni specifiche direttamente legate alla sicurezza e alla prosperità della nazione. Non possiamo preservare un sistema di libero autogoverno in casa se manteniamo un enorme impero ideologico all’estero.
Per quanto riguarda la Russia, ciò significa smettere di trattare chi comanda a Mosca come una fumettistica caricatura del Male. Contrariamente all’immagine presentata sui media internazionali, Vladimir Putin non è Voldemort e gli Stati Uniti non sono Harry Potter. È possibile trattare la Russia come uno Stato nazionale legittimo dotato di propri imperativi di sicurezza senza per questo smettere di sostenere un’architettura di sicurezza europea che limiti le tendenze espansioniste di Mosca. Ciò sarà particolarmente importante mentre gli Stati Uniti concentrano la loro attenzione su una Cina sempre più potente».

Manifesto della Nato moderata è un articolo di cui consigliare la lettura soprattutto nelle scuole, perché consente di riflettere sugli scopi iniziali di questa alleanza militare e sui cambiamenti intervenuti nel tempo, nonché sulla visione che ne ha Trump. (Due storici, Gozzini e Flores, nel loro recente libro Perché la guerra edito da Laterza, suggeriscono che la Nato abbia addirittura esaurito lo scopo per cui è stata costituita e auspicano un ritorno alle politiche di pace praticate dall’Onu, nel solco di quanto prevede la nostra Costituzione n.d.r.).

I rapporti tra Cina e nuova amministrazione americana sono indagati in due approfondimenti, il più articolato del quale, a firma Giorgio Cuscito, è Le Cine giocano Trump.

La terza parte del volume riguarda, come quasi sempre, l’Italia e vi si chiede come negoziare con Trump. Grande spazio è riservato all’importanza della città di Trieste in questa fase di riposizionamento delle potenze, con approfondimenti molto interessanti sulla via del cotone e sulla via dell’oro, in contrapposizione alla via della seta cinese. Con la benedizione del think tank Atlantic Council che suggerisce progetti ambiziosi per la «città in alto a destra», così vicina alle basi di Aviano e Vicenza.

Una sezione di Limes che condivide sempre immagini originali è quella curata da Edoardo Boria, La storia in carte. Come sempre le mappe di Laura Canali e la copertina di questo numero della rivista sono illustrate a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=B3uZD0kVme4

***

Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la “e” minuscola e una Camminatrice con la “C” maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Procuratrice legale per caso, docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

Lascia un commento