Lo scioglimento dei ghiacciai: un destino inevitabile? 

Il 22 marzo è stata la Giornata mondiale dell’acqua, che quest’anno è stata dedicata ai ghiacciai. 
I ghiacciai, spesso definiti “specchi fragili” del cambiamento climatico, stanno scomparendo a una velocità senza precedenti. Questi fiumi di ghiaccio, che per millenni hanno modellato paesaggi e fornito risorse vitali, sono ora in rapido declino, con conseguenze imprevedibili per il pianeta e per le comunità umane. 
Secondo uno studio pubblicato su Nature, tra il 2000 e il 2023 i ghiacciai hanno perso in media 273 miliardi di tonnellate di massa ogni anno, con un aumento del tasso di scioglimento del 36% nell’ultimo decennio rispetto ai primi anni del secolo. Questa perdita equivale al consumo idrico mondiale per 30 anni e ha già causato un innalzamento del livello del mare di circa 18 millimetri. Il professor Michael Zemp, direttore del World Glacier Monitoring Service (WGMS), ha sottolineato che dal 1975 sono stati persi oltre 9.000 miliardi di tonnellate di ghiaccio, pari a un blocco delle dimensioni della Germania con uno spessore di 25 metri.
La situazione è particolarmente grave nelle regioni con ghiacciai più piccoli, come le Alpi europee, dove si stima che entro la fine del secolo fino all’80% della massa glaciale potrebbe scomparire. Isabelle Gärtner-Roer, ricercatrice presso il World Glacier Monitoring Service (WGMS), ha spiegato che i ghiacciai rispondono rapidamente alle variazioni climatiche e che anche se si interrompessero oggi tutte le emissioni nocive, il loro ritiro continuerebbe per decenni a causa dell’inerzia del sistema glaciale.

Ghiacciaio Argentiere (Alpi francesi). Da Aig Argentiere

In Italia, la situazione è altrettanto drammatica: i ghiacciai alpini stanno letteralmente sparendo sotto i nostri occhi. Secondo Greenpeace, entro il 2100 il 94% della superficie ghiacciata delle Alpi italiane potrebbe scomparire se non si interviene con misure drastiche. Insomma, se avete sempre sognato di fare una passeggiata sul ghiacciaio del Monte Bianco o sul ghiacciaio della Marmolada, vi conviene affrettarvi: tra qualche decennio potrebbero essere solo un ricordo (o una foto su Instagram).
Oltre all’innegabile perdita dal punto di vista del paesaggio montano, cosa preoccupa maggiormente? 
Innanzitutto i ghiacciai rappresentano alcune delle più grandi riserve d’acqua dolce sulla Terra. Il loro scioglimento rapido sta alterando il ciclo idrico globale: mentre alcune regioni affrontano inondazioni improvvise causate dal collasso dei laghi glaciali, altre soffrono di carenza d’acqua nei fiumi alimentati dai ghiacciai. Questo fenomeno minaccia l’approvvigionamento idrico per miliardi di persone e compromette l’agricoltura e l’industria. 
Anche se piovesse di più, l’apporto di acqua dolce alle falde acquifere non sarebbe paragonabile, perché molta dell’acqua piovana si perde, scorrendo direttamente verso il mare o evaporando. I ghiacciai invece conservano l’acqua allo stato solido, ricaricando le falde profonde e rilasciando l’acqua nei periodi più caldi e secchi, proprio quando i terreni ne hanno più bisogno.
Inoltre i ghiacciai contribuiscono significativamente all’aumento del livello degli oceani. Dal 1993 al 2018, circa il 44% dell’innalzamento globale è stato attribuito alla perdita di massa glaciale e delle calotte polari in Groenlandia e Antartide. Ogni centimetro di aumento espone altri due milioni di persone al rischio di inondazioni annuali. Le comunità costiere e le isole basse sono particolarmente vulnerabili. 

Ghiacciaio dei Forni, nel gruppo Ortles-Cevedale nel 1890 e nel 2023. Da Greenpeace

La perdita di ghiaccio riduce l’albedo terrestre, ovvero la capacità del pianeta di riflettere l’energia solare nello spazio, fenomeno che accelera ulteriormente il riscaldamento globale.
Altro problema non trascurabile è quello della sicurezza di chi va in montagna e dei paesi vallivi. Nel luglio del 2022 una parte del ghiacciaio della Marmolada è crollata, travolgendo alcuni escursionisti e provocando la morte di 11 persone e il ferimento di altre 8. L’incidente, è stato giudicato imprevedibile dal Tribunale di Trento. Le alte temperature hanno causato la formazione di uno strato d’acqua liquida tra il ghiaccio e la roccia, che ha fatto da lubrificante e favorito il distacco del seracco. Dopo il crollo, l’area è stata inizialmente classificata come zona rossa fino a novembre 2022, quando è stata revocata e sostituita con una zona di attenzione sul versante nord della montagna. Attualmente i sentieri sono accessibili, ma il monitoraggio del ghiacciaio è costante per prevenire ulteriori crolli, viene impiegata una tecnologia radar che consente di rilevare la presenza di acqua liquida sotto la massa glaciale, con strumenti simili a quelli sviluppati per le missioni spaziali.

Adamello nel 1917 e nel 2017. Da Meteobook

I crolli di seracchi sono fenomeni relativamente comuni nei ghiacciai, ma il cambiamento climatico amplifica la loro frequenza, rendendo difficile prevedere eventi simili. Così come è possibile aumentino disastri legati alla formazione di laghi di sbarramento, quelli che si formano a partire da una frana di terra o ghiaccio, che potrebbero cedere di colpo, o altri fenomeni legati a scioglimenti repentini di neve e ghiaccio. 

Calotta dalla quale si è staccato il seracco, Marmolada. Da Provincia autonoma di Trento

Andrea Rinaldo, vincitore del prestigioso Stockholm Water Prize e docente di idrologia all’Università di Padova e al Politecnico di Losanna, intervistato in occasione della Giornata dei ghiacciai, afferma che il cambiamento climatico non riceve l’attenzione necessaria a causa di priorità politiche ed economiche immediate e che l’adattamento è l’unica strada percorribile nel breve termine. È necessario progettare infrastrutture per ridurre i danni causati da eventi estremi come alluvioni e siccità.
La buona notizia, se così si può dire, è che non tutto è perduto. Gli scienziati concordano sul fatto che rispettare gli Accordi di Parigi — ovvero limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali — potrebbe salvare una parte significativa dei ghiacciai mondiali.
Secondo Andrew Shepherd dell’Università Northumbria, ogni frazione di grado di riscaldamento evitata può ridurre significativamente i danni futuri: “Preservare i ghiacciai non è solo una necessità ambientale ed economica; è una questione di sopravvivenza”.

Logo Anno Internazionale della Conservazione dei Ghiacciai

Il 2025 è stato dichiarato dall’Onu “Anno Internazionale della Conservazione dei Ghiacciai”, con l’obiettivo di sensibilizzare governi e comunità sull’importanza di questi ecosistemi vitali. Tuttavia, gli esperti sottolineano che la vera conservazione deve avvenire attraverso la riduzione delle emissioni globali di gas serra.
Isabelle Gärtner-Roer ha evidenziato che interventi locali come la copertura protettiva dei ghiacciai possono essere utili, ma limitati: “Le soluzioni tecniche hanno chiari limiti; è necessario affrontare il problema su scala globale”. Ridurre le emissioni rimane la sfida principale per rallentare lo scioglimento e preservare ciò che resta.
Sarà dura, considerando anche che gli Stati Uniti, uno dei paesi che emettono le maggiori quantità di gas clima alteranti (CO2, metano, ecc.) è attualmente governato da chi, con in mente solo il profitto a breve termine, nega la responsabilità delle attività umane sui cambiamenti climatici.

 In copertina: Vedrette di Fosse e di Cima Fiammante (Merano). Da Eurac Research.

***

Articolo di Sabina Di Franco

Geologa, lavora nell’Istituto di Scienze Polari del CNR, dove si occupa di organizzazione della conoscenza, strumenti per la terminologia ambientale e supporto alla ricerca in Antartide. Da giovane voleva fare la cartografa e disegnare il mondo, poi è andata in un altro modo. Per passione fa parte del Circolo di cultura e scrittura autobiografica “Clara Sereni”, a Garbatella.

Lascia un commento