Alma Phil, una delle designer più creative del famoso laboratorio Fabergé, era nata a Mosca il 15 novembre 1888. Il padre, Knut Oscar Pihl, arrivato poco più che bambino dalla Finlandia a San Pietroburgo per impiegarsi nell’orologeria, era invece diventato orafo presso il maestro finlandese August Holmström, proprio nella bottega di Fabergé. Anni dopo, Knut Oscar diviene capo di questo prestigioso atelier e sposa la figlia di Holmström, Fanny; incoraggiati dal contesto familiare due dei loro cinque figli, Oskar e Alma, diventeranno a loro volta orafi. Alma, in particolare, sarà una figura d’avanguardia in un campo dove solitamente non venivano impiegate le donne.
Quando la morte prematura del padre costringe la famiglia a ritornare presso i nonni materni a San Pietroburgo, Alma entra nel laboratorio dello zio, Albert Holmström: ha vent’anni e si distingue già come apprendista, studiando sotto la guida dell’orafo svedese Eugen Jakobson. Il suo compito è quello di disegnare i gioielli a grandezza naturale nei minimi dettagli, documentando le pietre preziose e gli altri materiali utilizzati e annotandone il costo. I progetti vengono poi archiviati nei quaderni di lavoro, mentre i gioielli sono prodotti nel laboratorio.
Alma inizia la sua carriera di stilista orafa quasi per caso: si diverte a disegnare anche nel tempo libero e i suoi lavori attirano l’attenzione dello zio Albert, che è così colpito dalla loro bellezza da decidere di realizzarli. Nel 1912 la giovane riceve il suo primo ordine: un facoltoso cliente, il norvegese Emanuel Nobel, capo dell’impero petrolifero che porta il suo stesso nome, richiede una consegna molto rapida di 40 spille, da distribuire come regali alle mogli degli ospiti in occasione di una cena. Per non essere accusato di corruzione, Nobel chiede che i gioielli siano prodotti con materiale di basso costo. È ancora il caso a decidere della carriera di Alma. Nel gelido inverno del Nord la scarsa luce la costringe a disegnare vicino a una finestra: l’ispirazione per queste spille (e per gran parte del suo successivo lavoro di progettazione) arriva dalle forme variegate dei cristalli di ghiaccio che decorano i vetri. Questi gioielli diventano popolari e vengono riprodotti con materiali preziosi: oro, incastonato in una lega di platino-argento, punteggiato di diamanti con taglio a rosa. Successivamente proprio Emanuel Nobel ordina un’intera serie con lo stesso motivo dei cristalli di ghiaccio per regalarli ai suoi soci in affari; inoltre, chiede e ottiene i diritti esclusivi sul modello.
Il successo di questa commessa rende Alma famosa e nel 1913 viene incaricata di disegnare i regali per il trecentesimo anniversario della dinastia Romanov: i gioielli dovranno essere realizzati secondo i desideri dello Zar, che intende distribuirli ai suoi illustri ospiti.

Alma in seguito collabora nella progettazione delle celebri uova a sorpresa, che il gioielliere Fabergé creava ogni anno a Pasqua come dono dello Zar per la Zarina e per l’Imperatrice madre. Ogni uovo doveva avere le dimensioni di un uovo di gallina e contenere una sorpresa. Lo Zar stesso non ne conosceva l’aspetto e il contenuto, perché la tradizione di Fabergé prevedeva che nessuno, neppure un committente così illustre, fosse informato del risultato del lavoro fino alla sua realizzazione. Anche se ne aveva ottenuto l’esclusiva, Emanuel Nobel, che comprende l’importanza di questo ordine prestigioso, permette alla giovane designer di utilizzare il tema dei cristalli di neve: nasce così l’Uovo Invernale, il più prezioso nella collezione imperiale. Alma sceglie dei materiali pregiati, che ben si adattano al suo stile essenziale e rispecchiano le tonalità fredde dell’inverno: cristallo di rocca siberiano, ortoclasio e platino. L’uovo, incastonato con 1660 diamanti, è posto sopra un cubetto di ghiaccio sciolto, scolpito nel cristallo di rocca. All’interno c’è la sorpresa: adagiato su un fondo di muschio marrone, realizzato in oro, si trova un cestino di platino, che contiene anemoni dalle corolle in quarzo bianco, con centri di granato rosso e di ematoide rosa su steli e foglie di nefrite verde.

Nel 1914 Alma riceve una nuova commessa per un uovo di Pasqua; questa volta la destinataria è la Zarina Alexandra Feodorovna, moglie di Nicola II. L’imperatrice è un’appassionata ricamatrice, come la suocera di Alma, con la quale la giovane viveva dal 1912, quando aveva sposato Nikolai Klee. È ancora la vita quotidiana a ispirarla: una sera dopo cena, mentre è seduta in salotto e guarda la suocera ricamare a punto croce, improvvisamente decide di usare proprio quel punto per il suo nuovo progetto. L’uovo è realizzato seguendo i preziosi consigli dello zio Albert, collocando con precisione smeraldi, rubini ed ematoidi di taglio carré in una rete di platino. La cornice è d’oro e contiene perle e diamanti con taglio a rosa. Sulla sommità si trova una pietra di luna, che porta incise le iniziali della Zarina. Anche la sorpresa all’interno è eseguita meticolosamente: un piccolo supporto decorato con perle e diamanti porta smaltate su un lato le sagome dei bambini della famiglia imperiale, sull’altro i loro nomi e un cesto di fiori. La tradizione prosegue sino alla Rivoluzione d’ottobre e vengono prodotte in tutto cinquanta uova: lo Zar ne ordina due ogni anno, uno per la madre e uno per la moglie, Aleksandra.
Nel complesso Alma non sembra aver mai percepito la propria genialità: presso Fabergé si era sentita a proprio agio, ma si considerava solo un anello in una comunità professionale di un centinaio di persone, dove soprattutto i vecchi maestri e altri esperti del settore erano apprezzati mentre i più giovani, come lei, rimanevano in secondo piano.


Nel 1918 la Rivoluzione porta alla chiusura definitiva del laboratorio Fabergé e alla perdita dell’impiego per molte persone in settori diversi. Anche il marito di Alma, Nikolai Klee, che lavora a San Pietroburgo come vicedirettore nell’ufficio vendite della grande cartiera finlandese Kymiyhtiö, perde il lavoro e nel 1919 la coppia tenta invano di lasciare la Russia. Nikolai Klee viene arrestato e imprigionato per tre mesi, durante i quali Alma deve vendere vestiti, mobili e, naturalmente, gioielli per sbarcare il lunario. Infine, nella primavera del 1921 riescono a raggiungere la Finlandia: l’influenza dello scrittore Maksim Gorki è determinante e permette loro di ottenere il passaporto Nansen, un documento particolare rilasciato dalla Società delle Nazioni a profughe/i e rifugiate/i apolidi.
I due coniugi lasciano la stazione Suomen di San Pietroburgo con poche cose; Alma ha cucito i suoi gioielli più preziosi nel corsetto, confidando che i funzionari della dogana non la perquisiscano, e indossa un braccialetto d’oro, ricordo prezioso del suo padrino, ricevuto per il quindicesimo compleanno. Al confine i doganieri vorrebbero sottrarglielo, ma per fortuna la chiusura è difettosa e così riesce a tenerlo con sé. Alla stazione finlandese di Kouvola la coppia viene accolta da un’auto della cartiera Kymiyhtiö, che li porta a Kuusankoski, negli alloggi della compagnia, dove rimangono per ben due anni: infatti i profughi dalla Russia sono numerosi e mancano gli appartamenti. L’azienda offre a Nikolai un lavoro nel reparto vendite e, grazie alla sua ottima conoscenza della lingua tedesca, l’uomo inizia a gestire i contatti con la Germania.
Nello stesso periodo, con l’arrivo di altri ex colleghi da San Pietroburgo, si costituisce una piccola comunità. Tuttavia, poiché la Russia è considerata uno stato nemico, nessuno osa parlare russo in presenza dei finlandesi. Alma conosce sia il russo che il tedesco e lo svedese, nonché il finlandese, che tuttavia condivide solo con pochi intimi. Tra questi Lydia Kataja, una lontana nipote, che diventa anche vicina di casa quando la coppia si trasferisce in un appartamento nella zona residenziale di Öljumäki. Alma non è mai stata “un talento con pentole e padelle in cucina”: Lydia se ne accorge presto e comincia ad aiutare la famiglia Klee nelle faccende domestiche.
Nel 1927 Alma ottiene il lavoro che desiderava presso la scuola di lingua svedese di Kuusankoski e diventa insegnante di disegno e calligrafia. La natura artistica e le eccellenti capacità di Tant (zia) Alma, una docente simpatica e brava “che parla svedese con un leggero accento russo”, sono molto apprezzate da chi studia con lei. Nel tempo libero partecipa alle attività del club della cartiera, dipingendo elaborati fondali per le feste in maschera e per altri eventi che richiedono scenografie. Curiosamente, durante i suoi ventiquattro anni di insegnamento, non parla mai del suo periodo a San Pietroburgo e della sua prestigiosa attività di designer presso Fabergé.
Nel 1952 Alma e Nikolai si trasferiscono da Kuusankoski a Helsinki, dove Nikolai muore nel 1960. Rapidamente anche la salute di Alma comincia a vacillare: in particolare è la sua vista a deteriorarsi, così da non permetterle di scrivere o svolgere lavori manuali. Infine, a 83 anni viene ricoverata all’ospedale di Helsinki; indossa ancora il braccialetto d’oro al polso sinistro, quello stesso regalo dello zio che il doganiere russo aveva invano cercato di toglierle nel 1921. Poiché la regola nell’ospedale non permette di indossare gioielli, gli infermieri chiamano il custode, che riesce a forzare la chiusura difettosa del braccialetto e così Alma perde anche l’ultimo ricordo della sua giovinezza.

Alma Pihl muore all’età di 87 anni nell’estate del 1976 e viene sepolta nel cimitero di Hietaniemi, in una tomba di famiglia. Fino all’ultimo le rimane vicina Lydia, che era diventata un’amica fidata e aveva vissuto come figlia adottiva della coppia fin dagli anni Quaranta. Proprio a lei, poco tempo prima di morire, Alma racconterà la sua vita in Russia. Intorno agli Ottanta una ex studente di Alma, Maj-Britt Paro, ha reso pubblica questa storia attraverso articoli di giornale. In seguito Ulla Tillander-Godenhielm, pronipote di un altro fornitore della corte imperiale russa, l’orafo Alexander Tillander di San Pietroburgo, si è interessata alla carriera di Alma. La studiosa ha ricostruito e raccontato l’incredibile vicenda della creatrice di Fabergé in un documentario, avvalendosi anche della testimonianza di Lydia.
Cosa resta di questa talentuosa donna? Durante la sua breve carriera, prima della Rivoluzione russa del 1917, Alma Pihl ha progettato circa duemila oggetti di valore. Nel periodo dell’insegnamento, invece, ha dipinto molti pannelli didattici per le sue scolaresche, oggi conservati nel museo cittadino di Kouvola a Poikilo.
Anche bambine e bambini del XXI secolo della Svenska Skolan, l’istituto di lingua svedese di Kuusankoski, conoscono bene Alma Phil: copie dei suoi disegni sono presenti nella scuola e tutti gli anni, a maggio, durante una passeggiata primaverile, le/i giovani studenti visitano la sua vecchia casa.
Dove si trovano oggi i prodotti più preziosi della sua fantasia? All’inizio degli anni 2000, durante un’asta d’arte internazionale, uno sceicco del Qatar ha pagato quasi dieci milioni di dollari per l’Uovo Invernale, che è da allora di proprietà della Qatar Museum Authority. L’uovo lavorato a punto croce, invece, fa parte della collezione della corona d’Inghilterra.
Gli schizzi della produzione di Albert Holmström (1909-1915) sono raccolti in due album che includono anche i progetti di Alma e si trovano attualmente al numero 14 di Grafton street, una strada secondaria del quartiere di Mayfair a Londra, nel piccolo negozio Wartski, che possiede pure la più importante collezione di oggetti Fabergé, raccolti per generazioni da questa famiglia di profughi russi… ma questa è un’altra storia.
Qui le traduzione in francese, spagnolo e inglese.
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Articolo di Rossella Perugi

Laureata in lingue a Genova, dottora in studi umanistici a Turku (FI), sono stata docente di inglese in Italia e di italiano in Iran, Finlandia, Egitto, dove ho curato mostre e attività culturali. Ora insegno italiano alle persone migranti, collaboro con diverse riviste in Italia e all’estero e faccio parte di Dariah-Women Writers in History. Mi piace viaggiare, leggere, scrivere, camminare, ballare, coltivare amicizie e piante.
