È in tournée in Italia una straordinaria orchestra tutta femminile, Les musiciennes du Concert des Nations, che ha nel suo repertorio le musiche di Antonio Vivaldi; la dirige Jordi Savall, violoncellista e musicologo spagnolo, e noi abbiamo avuto il privilegio di ascoltarla al Teatro Manzoni di Pistoia, il 7 marzo scorso.
L’eccezionalità non consiste soltanto nel genere e nel valore delle musiciste, guidate dall’esuberante primo violino Alfia Bakieva, ma soprattutto nel preciso richiamo a quanto si verificava nella Venezia del 1700.

Questo complesso è nato infatti da un progetto di Savall partito nel 1989, inizialmente intitolato Le Concert des Nations, con la formazione successiva di un ensamble di sole donne sotto i 39 anni che rendono omaggio alle giovani musiciste dell’Ospedale della Pietà di Venezia e al loro maestro, Antonio Vivaldi (1678-1741), noto come “il prete rosso” dal colore dei capelli, pur nascosti dalla parrucca, secondo la moda del tempo. Le strumentiste provengono da otto diversi Paesi, hanno superato numerose audizioni e partecipano a grandi progetti sinfonici e a corsi di perfezionamento a loro offerti, grazie al sostegno della Commissione Europea, della Direction Régionale des Affaires Culturelles, della regione Occitania, della Deputació di Barcellona e del Departament de Cultura de la Generalitat de Catalunya.
L’Ospedale fu fondato come convento nel 1346, ma all’inizio era di fatto un ostello per i crociati, come altri cosiddetti ‘ospedali’; nei secoli successivi divenne un’istituzione caritatevole che offriva rifugio a bambine e ragazze orfane e abbandonate. Allo stesso tempo dunque convento, orfanotrofio e scuola, era anche un luogo dove le giovani studiavano musica fin da piccole e si impegnavano in importanti attività musicali guidate dai migliori compositori ed esecutori veneziani. Nel corso del XVII secolo, i vari ‘ospedali’ della città si guadagnarono una reputazione per le esibizioni di soliste, orchestre e cori — tutti sorti all’interno delle varie istituzioni. La maggior parte dei concerti non erano pubblici e venivano eseguiti davanti a un pubblico selezionato composto da personaggi dell’alta società e da visitatori illustri. L’Ospedale della Pietà intanto acquistava sempre maggiore prestigio grazie alla qualità della formazione musicale fornita, iniziò pure ad accogliere bambini (maschi) imparentati, in modo più o meno legittimo, con le famiglie nobili. Negli ultimi decenni della Repubblica di Venezia, ospitò anche ragazze studenti di musica, offrendo loro l’alloggio e l’educazione scolastica. Grazie all’alto livello delle esecuzioni, nei secoli XVII e XVIII l’orchestra e il coro dell’Ospedale ottennero crescente rinomanza, superando le altre formazioni del medesimo genere, sorte in città.
Dal 1703 Antonio Vivaldi, appena venticinquenne, poco dopo l’ordinazione sacerdotale, vi era entrato come maestro di violino, e poi di viola da gamba, e vi rimase fino al 1740 come insegnante e direttore, pur con una breve pausa (dal 1709 al 1711); fu proprio sotto la sua guida illuminata che si ebbe il massimo splendore degli organici. All’epoca le allieve mantenute dallo Stato erano una trentina, fra strumentiste e cantanti, e lavoravano intensamente ogni giorno, collaborando con il maestro e formando le più inesperte. Tanti i pareri di ascoltatori, italiani e stranieri, ammirati dalla maestria delle esecutrici: «La musica eccezionale è quella degli Ospedali dove le “putte” cantano come gli angeli e suonano il violino, l’organo, l’oboe, il violoncello, il fagotto; insomma non c’è strumento che le spaventi. Vivono in clausura come le suore. […] Dei quattro ospedali quello a cui mi reco più spesso, e dove mi diverto di più, è l’Ospedale della Pietà; esso primeggia anche per la perfezione delle sinfonie!», scrisse il musicofilo francese Charles de Brosses. In questi lunghi anni Vivaldi compose i suoi capolavori e cominciò a far stampare le copie manoscritte delle proprie composizioni a partire dal 1705; nel 1716 compose una delle sue opere religiose più famose: l'”oratorio militare sacro” Juditha triumphans, che andò in scena alla Pietà in occasione della vittoria dei veneziani contro l’Impero Ottomano. Tutte le 11 parti, maschili e femminili, furono cantate dalle ragazze e tutti gli stumenti furono suonati dal complesso musicale. «Due flauti dolci, due oboi, due trombe, timpani, quattro tiorbe, mandolino, organo solista, quattro viole all’inglese, viola d’amore e altri archi», così ricorda il musicologo H.C. Robbins Landon.
Il programma tutto vivaldiano che viene presentato in questa tournée comprende il concerto in fa maggiore Il Proteo, o sia il Mondo a Rovescio, il concerto per due violini, violoncello, archi e basso continuo in re minore (RV 565) e quello per quattro violini, violoncello, archi e basso continuo in si minore (RV 580), entrambi tratti da L’estro armonico Op.3. Nella seconda parte è la volta dei celeberrimi concerti Le quattro stagioni, tratti da Il cimento dell’armonia e dell’inventione.

La compagine orchestrale si presenta con la classica formazione dell’orchestra d’archi, le esecutrici stanno in piedi, a semicerchio, mentre sono sedute le suonatrici del clavicembalo, della tiorba (alternata al chitarrone) e dei violoncelli. C’è molto entusiamo nell’esecuzione, persino accenni di movimento, certo evidenziati dalla giovinezza e dalla grazia delle singole musiciste; qualche perplessità tuttavia, almeno in chi predilige esecuzioni tradizionali, ha suscitato il modo con cui è stata presentata al pubblico la pagina più famosa. Infatti qui è stato scelto di precedere e via via accompagnare la musica con le parole dei quattro sonetti, forse scritti dallo stesso Vivaldi, legati strettamente a ciò che le note esprimono, letti dall’attrice Olivia Manescalchi. Ecco allora gli uccellini che cantano nella Primavera, il languore seguito dal temporale nell’Estate, il contadino brillo e le scene di caccia nell’Autunno, il ghiaccio scivoloso e i venti che annunciano l’Inverno. Secondo il parere di una parte degli spettatori e delle spettatrici in tal modo si rischia la frammentazione dell’armonioso andamento del brano unitario, con il risultato che la voce si frappone al suono e c’è addirittura chi applaude fra un concerto e l’altro, credendo ognuno concluso in sé. L’idea, quindi, magari originale e interessante perché fa scoprire (o riscoprire) quei testi poco noti, forse secondo una prassi in uso ai tempi di Vivaldi, non sembra pienamente riuscita nella pratica, anche se gli applausi sono stati tanto festosi da portare a un bel bis.
Jordi Savall e Les musiciennes du Le Concert des Nations hanno inteso onorare lo straordinario compositore, ammirato persino da Bach per la maestria del suo contrappunto, e rendere omaggio al talento femminile, un’accoppiata davvero vincente, tanto più perché arrivata nei nostri teatri nel periodo in cui si celebrava la Giornata internazionale della donna.
In copertina: Venezia, lapide in ricordo della cappella musicale del Conservatorio della Pietà.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.
