Città sulla pietra. Quando la geologia plasma gli insediamenti umani

Cosa determina dove e come costruiamo le nostre città?
Di solito pensiamo siano state unicamente le decisioni umane a guidare lo sviluppo urbano, ma molto prima che gli uomini tracciassero la prima strada, era già la geologia a dettare le regole del gioco. Nessun architetto ha a disposizione una tela bianca per progettare una città, il territorio ne determina le caratteristiche e ne influenza lo sviluppo.
In alcuni luoghi questo legame tra geomorfologia e urbanistica è particolarmente evidente.

Prendiamo Nördlingen, una cittadina bavarese che sembra uscita da una fiaba dei fratelli Grimm. Con le sue mura circolari perfettamente restaurate e il campanile della chiesa di San Giorgio che svetta sul centro storico, Nördlingen nasconde un segreto straordinario: l’intera città sorge all’interno di un cratere formato dall’impatto di un meteorite. Circa 15 milioni di anni fa, un “sasso” di circa un chilometro di diametro si schiantò in questa zona, creando il cratere Ries, una depressione di 24 chilometri di diametro.
L’impatto fu così violento da trasformare la roccia locale in suevite, una particolare breccia d’impatto ricca di minuscoli diamanti. Le mura e gli edifici di Nördlingen contengono microscopici diamanti, si calcola che nelle costruzioni della città siano incastonati circa 72.000 carati di questi preziosi cristalli, troppo piccoli per essere estratti ma sufficienti per far brillare leggermente le pareti quando colpite dalla luce del sole. Ed è stata proprio la scoperta della presenza di questo minerale a svelare la genesi del Ries.

Non è solo l’impatto di corpi celesti a modellare il territorio e a influenzarne le costruzioni. L’attività vulcanica ha creato scenari urbani tra i più suggestivi al mondo. Santorini, nell’Egeo, è forse l’esempio più spettacolare: le sue famose case bianche si affacciano su una caldera, la depressione di forma circolare o ellittica che si forma dopo lo sprofondamento della camera magmatica di un vulcano. La caldera di Santorini è il risultato di una catastrofica eruzione avvenuta circa 3.600 anni fa. L’esplosione del vulcano Thera fu così potente da spazzare via gran parte dell’isola originaria, lasciando una cicatrice semicircolare colmata dal mare. Oggi, i turisti che ammirano il tramonto dalle terrazze di Oia stanno in realtà contemplando il bordo di un antico cratere vulcanico.

Le pareti della caldera di Santorini

La geologia non influenza solo il dove, ma anche il come costruiamo. A Matera, i famosi “Sassi” rappresentano un esempio straordinario di adattamento umano alla morfologia del territorio. Queste abitazioni, scavate in rocce carbonatiche tenere, conosciute localmente con il nome di “tufo calcareo”, non sono semplici grotte, ma un complesso sistema architettonico sviluppato verticalmente. Gli abitanti hanno sfruttato la particolare conformazione a gradoni del pendio per creare un intricato labirinto di case, cortili e chiese rupestri, dove il confine tra naturale e artificiale è sfumato.

Matera, i Sassi

La Paz, in Bolivia è una metropoli costruita all’interno di un canyon formato dall’erosione fluviale. La città si sviluppa su un dislivello di circa mille metri, dai 3.100 ai 4.100 metri sul livello del mare, creando un paesaggio urbano “a strati”. Ogni quartiere occupa una fascia altimetrica diversa, con conseguenti variazioni climatiche all’interno della stessa area urbana. Passeggiando per La Paz, può succedere di attraversare diverse zone climatiche in una sola camminata.

La Paz

L’acqua ha un ruolo fondamentale per plasmare l’aspetto caratteristico di alcune delle città più affascinanti del mondo. Venezia ad esempio: costruita su un arcipelago di 118 isolette in una laguna poco profonda, ha dovuto sviluppare tecniche edilizie uniche per adattarsi a un terreno apparentemente inadatto all’urbanizzazione. I veneziani piantarono migliaia di pali di legno (principalmente quercia, olmo e larice) nel fondale fangoso, creando una base solida su cui poggiare le fondamenta degli edifici. Dagli ultimi studi su queste fondazioni, sembra che la mineralizzazione del legno, ipotizzata per giustificare la resistenza delle palificazioni, avvenga solo raramente e che invece il sistema funzioni per merito del fragile equilibrio tra legname, fango e acqua, caratteristico della Laguna.

A volte, però, la geologia provoca una sfida continua. Civita di Bagnoregio, il celebre “paese che muore”, rischia di scomparire a causa dell’erosione. Questo borgo laziale, arroccato su uno sperone, risente della sua stessa geologia: la rocca tufacea, relativamente friabile, sorge su di un substrato di argille. Queste rocce rispondono in modo diverso agli agenti atmosferici, quando il versante argilloso subisce degli smottamenti, il tufo poggiato sopra le argille, perde il suo sostegno, con conseguenti crolli nelle parti estreme della rocca.

Civita di Bagnoregio

I fiumi hanno sempre avuto un ruolo cruciale nella nascita delle città. Parigi deve molto alla Senna, che ha creato un’ansa attorno all’Île de la Cité, fornendo una protezione naturale che ha favorito l’insediamento umano fin dall’epoca preromana. La città si è poi sviluppata seguendo il corso del fiume, con i suoi ponti che collegano le due rive, creando il paesaggio che oggi attira milioni di turisti.

Anche i rilievi hanno scritto la storia urbanistica di molte città. Edimburgo, in Scozia, è fortemente influenzata dalla presenza di un antico vulcano spento, Arthur’s Seat, e da una cresta di roccia vulcanica su cui sorge il castello. La città vecchia si è sviluppata lungo un “crag and tail”, una formazione geologica creata dall’erosione glaciale: il “crag” (scoglio) è la roccia resistente del castello, mentre il “tail” (coda) è il pendio digradante su cui si snoda il Royal Mile, la strada principale della città vecchia.

Edimburgo con sullo sfondo l’Arthur’s Seat

Di Roma e dei suoi colli modellati dall’erosione fluviale del Tevere e dei suoi affluenti, scriverò in uno dei prossimi articoli.

La geologia non influenza solo la forma delle città, ma anche i materiali con cui sono costruite. Ogni regione utilizza principalmente le rocce disponibili localmente, creando paesaggi urbani distintivi. A Firenze domina il Pietraforte, un’arenaria calcarea di colore avana estratta dalle colline circostanti. A Siena, invece, il colore dominante è il rosso dei mattoni, la cui particolare tonalità deriva dall’alto contenuto di ferro presente nelle argille locali, le famose “Terre”. Napoli, costruita ai piedi del Vesuvio, è edificata su strati di Tufo Giallo Napoletano, una ignimbrite formatasi a seguito di eruzioni vulcaniche esplosive. Questo materiale, facilmente lavorabile ma resistente, è stato ampiamente utilizzato nell’edilizia locale, e dona alla città il suo caratteristico colore dorato. La fertilità dei suoli vulcanici ha attratto insediamenti umani fin dall’antichità, nonostante il pericolo di eruzioni, creando un rapporto di amore e timore che caratterizza ancora oggi la relazione tra i napoletani il Vesuvio e i Campi Flegrei.

Parete di Tufo giallo napoletano a Ischia

È affascinante osservare come, nel corso dei millenni, gli esseri umani abbiano imparato a “leggere” il territorio, adattandosi alle sue caratteristiche e sfruttandole a proprio vantaggio. Le città non sono semplicemente costruite sul terreno, ma sono parte integrante del territorio, modellate dalle stesse forze geologiche che hanno plasmato il nostro pianeta per miliardi di anni.

Quando visito una città, provo a guardarla cercando di cogliere, oltre all’architettura e alla storia, il legame profondo tra l’insediamento e il substrato. Spesso strade, piazze, edifici raccontano una storia iniziata molto prima dell’arrivo degli esseri umani, scritta nella pietra e modellata dal tempo.
Perché, in fondo, le nostre città non sono solo prova delle capacità umane, ma anche testimonianza del dialogo millenario tra la nostra specie e la Terra che la ospita. Un dialogo fatto di adattamento, ingegno e, talvolta, di sfide impossibili affrontate con l’arroganza tipica della nostra specie.

In copertina: veduta di Nördlingen. Autore Wolkenkratzer.

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Articolo di Sabina Di Franco

Geologa, lavora nell’Istituto di Scienze Polari del CNR, dove si occupa di organizzazione della conoscenza, strumenti per la terminologia ambientale e supporto alla ricerca in Antartide. Da giovane voleva fare la cartografa e disegnare il mondo, poi è andata in un altro modo. Per passione fa parte del Circolo di cultura e scrittura autobiografica “Clara Sereni”, a Garbatella.

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