Cnr. I risultati dell’indagine sul benessere lavorativo

Il 22 maggio scorso il Comitato Unico di Garanzia del Cnr ha presentato il rapporto dell’“Indagine sul benessere organizzativo e relazionale del Cnr”. È la seconda indagine svolta nel più grande ente di ricerca italiano, all’interno del progetto “Obiettivo Benessere” ideato dal Cug, e diretta dal gruppo di ricerca Musa (Mutamenti sociali, valutazioni e metodi) dell’Irpps (Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr).
L’indagine si è svolta dal 19 dicembre 2024 al 31 gennaio 2025, con la somministrazione di un questionario elettronico a cui hanno risposto 4.553 dipendenti (39,8% del personale complessivo), 54,4% donne e 44,8% uomini, dato che si allinea con l’indagine precedente (2022).
Tralasciando i dati riguardanti titoli di studio, inquadramento e dislocazione geografica, passerò subito a quanto è emerso sul benessere lavorativo.
Il lavoro agile fino al 2019 ha visto il suo utilizzo maggiormente da parte degli uomini, con un capovolgimento della situazione nel 2020.

Dal rapporto Cida

Sebbene sia cessata l’emergenza che ne prevedeva l’obbligatorietà per alcune categorie, il lavoro a distanza continua ad essere utilizzato in modo consistente.
Leggendo i dati che presentiamo va tenuto presente che le lavoratrici e i lavoratori Cnr possono usufruire di massimo 10 giorni al mese (9 a febbraio e anche meno nei mesi contenenti più giornate festive), mentre chi è fragile può ancora usufruirne tutti i giorni. Esiste poi la forma del telelavoro (da postazione fissa, al contrario del lavoro agile che può avere una postazione variabile) che può essere svolto da chiunque lavori da un terminale, con l’obbligo di rientro in sede almeno un giorno a settimana.

Ma funziona sia per l’ente che per il/la dipendente?
Il 73% delle rispondenti all’indagine utilizzano il lavoro agile, a fronte del 64,1% degli uomini e, mentre nel 2022 se ne evidenziava la preferenza da parte di chi aveva figli piccoli, la distinzione non è più presente.

Rispetto al 2022 è diminuita del -16,9% la quota di chi lavora per più tempo quando si trova in modalità agile, ma è raddoppiato il numero di chi lavora meno (+13,2%), una tendenza che caratterizza soprattutto le donne.
Ancora le donne hanno difficoltà a conciliare lavoro e vita privata: il rapporto parla di una “situazione in via di miglioramento”, ma la differenza è tale che appare un’affermazione fin troppo ottimistica.

Il problema riguarda soprattutto l’influenza che il lavoro agile ha sul percorso di carriera, dovuto ai rischi legati alla difficoltà di comunicazione e coordinazione da remoto, oltre che dall’esclusione dal flusso delle informazioni e dalla solitudine.
Pur in un contesto lavorativo di ricerca, conoscenza e istruzione, l’indagine ha evidenziato una diffusa stereotipia di genere; sono più gli uomini ad aderire alla maggior parte degli stereotipi di genere, eccezion fatta per la convinzione che le donne siano più competitive.

Tale diffusione rende conseguente il maggior carico di lavoro domestico e di cura attribuito alle donne. Anche nella presentazione dei dati riguardanti il benessere relazionale e organizzativo è stata evidenziata l’inferenza del carico di lavoro di cura non retribuito sulla produttività e la carriera femminile in genere.
Gli interventi hanno evidenziato la responsabilità della Pubblica Amministrazione nella persistenza della stereotipia, sia per mancanza di formazione interna che di una sintesi tra diritto antidiscriminatorio e sicurezza, come previsto dalle convenzioni Ilo (Organizzazione Internazionale del Lavoro). Gli strumenti di soft-law, norme e regole non giuridicamente vincolanti, possono sostenere le norme giuridiche orientando verso un percorso virtuoso.
Sebbene con percentuali molto vicine, anche i dati su mobbing, discriminazione e molestie, evidenziano una differenza discriminatoria di genere. La quota di vittime di tali azioni raggiunge il 58,2% tra le donne; con la mancanza di scostamenti significativi tra titoli di studio, ripartizione geografica o inquadramento, il fenomeno appare complessivamente endemico. Le motivazioni vanno dall’invidia, all’appartenenza a settori disciplinari diversi, al possesso di specifiche opinioni scientifiche (34% degli uomini e 21% delle donne), l’età (30% degli e delle under 40), identità di genere (26% delle donne e 2% degli uomini). Le conseguenze degli atti discriminatori vanno dal malessere psicologico, la riduzione dell’affezione al lavoro, fino alle ripercussioni sulla qualità della vita privata.
Chi mobbizza può essere uomo o donna nella maggior parte dei casi (80,5%) e, nel 55% dei casi, l’inquadramento non ha importanza.

Il comportamento della persona oggetto di discriminazione può variare molto: nel 50,3% dei casi non l’ha segnalato, il 16,8% l’ha segnalato al/la dirigente, mentre l’1,3% è distribuito tra la consigliera di fiducia, i vertici dell’Ente, il Cug e l’unità disciplinare, ma solo il 19,9% ritiene che i propri diritti siano stati difesi. I dati attuali sono in linea con quelli del 2022, con un’assenza di miglioramento nonostante i webinar di formazione erogati dal Cug, a cui ha partecipato solo il 20,7% del personale.

Perché le vittime non denunciano?
Le motivazioni sono molto diverse, a partire dalla mancata consapevolezza di essere oggetto di discriminazione. Quando esiste, la consapevolezza si accompagna a un conflitto molto alto, alla paura di ritorsioni, e anche al dolore quando si tratta di molestie sessuali. Spesso si tratta di meccanismi molto radicati, che rendono più difficile sia la denuncia che l’efficacia dell’azione da parte degli organismi preposti. La problematica dell’educazione sentimentale è emersa diverse volte, ed è stata evidenziata la mancanza di volontà di affrontare l’argomento da parte di ogni governo succedutosi in Italia dal 1975, come dimostrano i 16 progetti di Legge e i 300 documenti programmatici presentati da quella data in poi e rimasti lettera morta.

Segnalo il Rapporto nazionale sullo stato dell’adolescenza 2023 svolto dall’Osservatorio tendenze giovanili dell’Irpps-Cnr.
Qui il programma del convegno.
Le infografiche sono tratte dal seguente link e le copie dei report 2022 e 2025 sono scaricabili sul sito del progetto “Obiettivo benessere”.

***

Articolo di Rosalba Mengoni

Rosalba Mengoni 400x400

Laurea magistrale in Storia e Società, il suo principale argomento di studio riguarda l’interazione fra l’essere umano e il territorio. Collaboratrice tecnica all’Isem – Istituto di storia dell’Europa Mediterranea del Cnr, è nel comitato di redazione di Rime, la rivista dell’Istituto e fa parte del gruppo di lavoro sulla comunicazione. Cura la Bibliografia Mediterranea pubblicata sul sito istituzionale http://www.isem.cnr.it

Lascia un commento