Sentenza storica della Consulta che cambia la vita di tante madri lesbiche per il riconoscimento delle figlie e dei figli nati da procreazione medicalmente assistita.
La recente sentenza n. 68 della Corte Costituzionale, depositata il 22 maggio 2025, dichiara l’illegittimità dell’art. 8 della Legge 40/2004 Norme in materia di procreazione medicalmente assistita stabilendo che anche la creatura nata in Italia da una donna che ha fatto ricorso all’estero, nei Paesi dov’è prevista, a tecniche di procreazione medicalmente assistita — Pma —, ha lo stato di figlia/o riconosciuto anche dalla partner della madre naturale in caso di coppie lesbiche.
In Italia la procreazione assistita per le coppie omosessuali e per le donne single è vietata e pertanto una coppia che desideri mettere su famiglia al pari delle coppie etero, per il concepimento, deve emigrare nei Paesi dove questa tecnica sia legalmente riconosciuta. Quando la creatura, concepita all’estero viene alla luce in Italia, viene registrata con il riconoscimento della madre naturale partoriente e quello della madre intenzionale, cioè la partner che ha espresso il preventivo consenso al ricorso alla Pma e si è assunta la responsabilità genitoriale nei confronti della nascitura.
La sentenza prende avvio dalla questione di legittimità sollevata dal tribunale di Lucca sul caso di due mamme di una bimba di tre anni e un bimbo di due: la prima riconosciuta, il secondo no in quanto nel frattempo, il 19.01.2023, esce la circolare n. 3 del Ministero dell’Interno che vieta l’indicazione nell’atto di nascita del «genitore di intenzione».
Circolare ampiamente discussa e criticata, in quanto intendeva anche far cancellare retroattivamente, le genitrici intenzionali contenute negli atti di nascita già registrati. A questa imposizione della Prefettura, cui spetta il compito di eseguire le indicazioni di Roma, molti sindaci si sono rifiutati di procedere alla richiesta di cancellazione, anche dopo l’intimazione del Prefetto.
A fronte alla resistenza di molti primi cittadini, come quella esercitata dal Sindaco di Padova, la Procura competente, con una decisione shock del 2023, impugna i 33 atti di nascita registrati dal 2017 al 2023 nel comune patavino.
A marzo 2024 il Tribunale di Padova dichiara inammissibili i 33 ricorsi con la motivazione che «gli atti non si possono cancellare».
Un evviva sorge spontaneo nella comunità arcobaleno ma non fa in tempo a espandersi perché dalla Cassazione arriva, a distanza di pochi giorni, un verdetto che va nella direzione opposta, teso a cancellare gli effetti del decreto della Corte d’Appello di Firenze che nel 2021, aveva aperto alla filiazione naturale da parte della madre intenzionale dando il via libera all’iscrizione nel registro di stato civile anche del nome della madre intenzionale oltre a quella biologica.
La sentenza n. 68/2025 della Corte Costituzionale, quella di cui stiamo scrivendo, apre un varco di luce in una materia in cui convergono e si intrecciano stereotipi, pregiudizi, paure, esercizio di controllo sulle scelte individuali, dove il modello di famiglia di riferimento non può più essere quello patriarcale, «più sicura» formata graniticamente da padre, madre e figli.
Ma dov’erano i giudici quando una ragazza restava incinta con un figlio nato fuori dal matrimonio e non riconosciuto dal padre? Perché non andavano lì a garantire la presenza del padre naturale e a portarlo a prendersi le sue responsabilità e a creare una famiglia? Dov’erano i giudici quando i figli di N.N. non potevano arrivare a conoscere il nome del padre naturale che veniva tutelato dalle norme e nel contempo creavano un figlio discriminato per tutta la vita? Abbiamo dovuto aspettare l’arrivo di Lina Merlin, che con una grande battaglia per la dignità dell’essere umano, ha fatto approvare la Legge 1064/1955 eliminando nell’atto di nascita la dicitura di «nomen nescio» che in latino significa «non conosco il nome», dicitura che faceva diventare automaticamente la madre «una poco di buono», salvando la figura del «buon padre di famiglia». Dove sono i giudici quando c’è una madre separata o divorziata, sola, a garantire la prole mentre il padre si licenzia per non pagare loro gli alimenti?
In mezzo a tante spinte che vanno in direzioni opposte, la materia in continua evoluzione del riconoscimento delle creature e della responsabilità della partecipazione alla loro educazione e crescita, con effetti giuridici, patrimoniali, sociali, affettivi, di sviluppo armonioso della persona, nel caso delle figlie e dei figli di una coppia lesbica, in assenza di una normativa organica, la Consulta ha preso posizione dando riconoscimento legale del legame genitoriale che garantisce e tutela le creature.
La Consulta, formata da 15 giudici, 4 donne e 11 uomini, con questa sentenza punta dritta a tutelare l’interesse della creatura nata in Italia da due donne che hanno fatto ricorso all’estero, in osservanza delle norme di quel Paese, a tecniche di procreazione medicalmente assistita riconoscendo lo stato di figlia/o anche da parte della partner che ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime. Il preventivo consenso alla Pma significa la conseguente assunzione di responsabilità genitoriale, ovvero, la titolarità giuridica di quell’insieme di doveri a tutela della/del minore che l’ordinamento considera strettamente legati alla scelta di divenire genitrici.
Il riconoscimento dello «status filiationis» è un diritto considerato elemento costitutivo dell’identità personale, protetta, oltre che dagli artt. 7 e 8 della Convenzione sui diritti del fanciullo, dall’art. 2 della Costituzione che tanto ci è cara attraverso gli apporti delle 21 madri della Costituzione.
Lo scorso venerdì 23 maggio, sul Listòn, la passeggiata del centro, davanti a Palazzo Moroni, sede del Comune di Padova si sono trovate a festeggiare le famiglie arcobaleno.
Una festa piena di colore, gioia, affetto e tanta, tanta emozione. Bambine e bambini correvano e giocavano fra gli abbracci liberatori di chi si incontrava dopo tante fatiche, timori, paure.
Famiglie che hanno subito il tentativo, arginato, di discriminazione messo in atto dal Governo attraverso il Ministero dell’Interno di trovarsi nella condizione di non poter garantire giuridicamente le proprie figlie e i propri figli in ragione della relazione omosessuale esistente tra le genitrici.
Le famiglie arcobaleno non erano sole in questa festa, c’erano il sindaco Giordani, l’assessora Benciolini, la Vicesindaca Sala del Comune di Vicenza, l’Assessore alle Politiche giovanili di Verona, Buffolo, tante mamme attiviste dei diritti delle famiglie arcobaleno e simpatizzanti.
Tra loro anche Franca Chiarello, amica e attivista del movimento lesbico e di questa lotta di civiltà per il riconoscimento di poter vivere liberamente e responsabilmente con i propri affetti, senza esclusioni. Colgo l’occasione per farle qualche domanda:
Franca, qual è secondo te il contenuto più significativo della sentenza 68/2025?
La sentenza si fonda su due articoli della Costituzione: nello specifico l’art. 2, per la tutela della/del minore che sarebbe stata/o sottratta/o dal nucleo famigliare, e sull’art. 3 per il diritto di uguaglianza della/del minore che sarebbe venuto meno nel vedersi discriminata/o per la natura omosessuale della relazione tra le genitrici. Inoltre sottolinea, sempre con riferimento all’art. 3 della Costituzione, che il mancato riconoscimento delle due donne quali genitrici costituirebbe un impedimento alle stesse nello sviluppo delle loro personalità e una discriminazione verso il riconoscimento delle coppie omosessuali con figli e figlie nate/i da Pma all’estero. Quindi la Corte Costituzionale ha evidenziato l’ingiustizia che sarebbe stata fatta sulle bambine e sui bambini, ma anche nei confronti delle mamme.
La sentenza risponde alle necessità di tutela delle e dei minori?
Si, perché finalmente con questa sentenza entrambe le mamme saranno responsabili nei confronti delle figlie e dei figli come avviene per qualsiasi altro genitore eterosessuale.
Come si è formata la volontà di opporsi legalmente all’imposizione del Prefetto sul Sindaco, era dovuta secondo te?
Più che una volontà è stata una necessità, se non un dovere verso, in primis, le nostre figlie e i nostri figli. La cancellazione della madre non biologica dall’atto di nascita avrebbe portato ad anni dovuti ai tempi tecnici per la step child adoption, di non piena tutela per le bambine e i bambini. C’era anche la consapevolezza di essere di fronte a una grande discriminazione, il profondo senso di ingiustizia è stato il secondo “motore” di questa resistenza durata quasi due anni. Essere in tante ci ha dato la forza di affrontare questa situazione con risolutezza.
Come avete strutturato la resistenza civica di fronte al Tribunale di Padova, quanto è durata?
Ci siamo confrontate tanto. Ci sono stati anche momenti di tensione, in fondo eravamo tante persone diverse che non si conoscevano e che si sono trovate con un carico di ansia e preoccupazione non indifferenti. Ma l’obiettivo comune ci ha aiutate a trovare la sintesi per mettere in atto azioni efficienti. Abbiamo cercato di informare più possibile la cittadinanza esponendoci in prima persona: le nostre vite da un giorno all’altro sono diventate pubbliche. Cosa non facile e fonte di tanto stress, almeno per me e la mia famiglia. Ma la nostra visibilità era ed è l’atto politico più forte che possiamo usare nel contrato ai metodi fascisti di questo Governo. Sapevamo di essere di fronte a una sfida enorme: un gruppo di mamme contro lo Stato. Innegabile l’importanza di avere il sostegno delle associazioni Famiglie Arcobaleno e Rete Lenford, l’esperienza politica e la preparazione legale che ci hanno offerto gratuitamente sono state fondamentali.
Il Comune di Padova come ha sostenuto la battaglia?
Il Comune di Padova è sempre stato al nostro fianco. Giordani e la Giunta, in modo particolare le Assessore Benciolini e Colonnello, hanno saputo mantenere il punto senza mai arretrare, anzi continuando a registrare le iscrizioni, si sono esposti in prima linea e sono sempre scesi in piazza con noi. Il Comune di Padova è stato anche di esempio per molti altri Comuni che lo hanno seguito.
Sul Listòn, il luogo d’incontro, una mamma ha detto che questa conquista non violenta è solo l’inizio delle conquiste di civiltà e dei diritti da garantire alle e ai minori, quali saranno le altre conquiste auspicabili?
L’obiettivo è l’uguaglianza. La raggiungeremo solo quando tutte le famiglie saranno riconosciute, anche quelle delle persone single e dei papà, l’adozione anche per le coppie omogenitoriali e quando avremo la Pma anche per le donne lesbiche e il matrimonio egualitario. Non dimentichiamo anche le istanze delle persone Trans. C’è molta strada da fare, questo risultato storico è la conferma che siamo dalla parte giusta della storia e che, si, si può fare!


In copertina: foto di gruppo di Valentina Ramaroli.
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Articolo di Nadia Cario

Laureata in Governo delle Amministrazioni, è referente per il Veneto di Toponomastica femminile. È componente dell’Esecutivo delle associazioni culturali del Comune di Padova. Collabora con gli organismi di parità locali e regionali.
