Dopo 80 anni la Resistenza continua a essere donna

Il 5 maggio a Mondovì (Cuneo) si è concluso il ciclo delle celebrazioni degli 80 anni della Liberazione organizzato dall’Amministrazione comunale, su proposta del gruppo “Donne in cammino per la pace”. Dopo i saluti dell’assessora alle Pari opportunità, dott.ssa Francesca Bertazzoli, è stato presentato il documentario di Yvonne Scholten Donna: Women in revolt del 1981 e restaurato nel 2023 dall’EYE Filmmuseum. Il filmato, ispirato dall’attentato neofascista a Radio Donna, ripercorre l’evoluzione del movimento femminista italiano dai primi del Novecento alla fine degli anni Settanta, attraverso l’esperienza della Resistenza. Presente in numerosi festival e in future proiezioni, ha partecipato fuori concorso al Festival Internazionale ‘DocuDonna’ a Massa Marittima lo scorso ottobre.

Yvonne Scholten non è solo la regista olandese che lo ha realizzato, ma è un’intellettuale che conosce bene l’Italia per avervi lavorato a lungo, impegnandosi nella vita culturale e politica. Proprio perché la giornata del 5 maggio l’ha vista impegnata nelle celebrazioni olandesi per parlare, anche là, del ruolo delle donne, non ha potuto collegarsi online con la serata monregalese, ma ha concesso un’intervista proiettata prima del documentario, in cui ha evidenziato l’impatto del lavoro di Antonio Gramsci sulla sua comprensione della società italiana e del fascismo, tanto da dedicarvi la tesi di laurea. Ha inoltre sottolineato l’ampiezza del movimento femminista italiano degli anni Settanta, assai più forte di quello che conosceva in Olanda, che l’ha spinta a studiare la storia delle donne in Italia e a realizzare Donna: Women in revolt. Nonostante risalga a ben 44 anni fa, Yvonne ha affermato che il suo lavoro non le pare affatto superato, a causa dello spostamento a destra — in Italia e un po’ in tutto il mondo — che sta cercando di invertire il cammino intrapreso dalle donne.

Locandina Olanda
Locandina comune
Isotta Gaeta

La regista ha poi espresso il suo affetto per le protagoniste del documentario, con alcune delle quali è rimasta in contatto, come con la combattiva e quasi centenaria Nunni, fra quelle che hanno subito l’attentato fascista nel ‘79. Tra le partigiane, oltre alla più nota Joyce Lussu, ha ricordato Isotta Gaeta, torinese, le cui parole nel filmato rispecchiano l’opinione delle giovani che l’avvicinano dopo le proiezioni: il fascismo in Italia non è stato combattuto fino in fondo e le sue radici sono ancora vive. Un messaggio che, purtroppo, Yvonne ritiene più attuale che mai e tanto più forte proprio perché espresso dalle donne.
All’epoca della sua realizzazione, l’immagine della donna italiana nel Nord Europa era ancora quella di una figura tradizionalmente sottomessa; il film intendeva, invece, mostrare l’incredibile “fortezza” delle donne resistenti, quasi un invito a continuare questa tradizione.

Donna: Women in revolt continuerà a essere proiettato in Italia (Marche a giugno, Ferrara a ottobre) e in Costa Azzurra (Nizza, sezione Anpi cointitolata a Isotta Gaeta). Yvonne Scholten si augura — a fine intervista — che possa raggiungere le scuole per sensibilizzare un pubblico più giovane, una speranza condivisa da “Donne in cammino per la pace” di Mondovì.

Marchio donne in cammino per la pace

A questo punto potrebbe succedere che ci si chieda cosa accomuna delle donne in lutto per le guerre del mondo e la Resistenza. Proprio la scelta di dare una dimensione collettiva alla propria ricerca di pace, proprio come partigiani e partigiane. Non si tratta di una pace astratta: i loro flashmob con le iniziative di controinformazione rifiutano l’iniquità delle attuali posizioni politiche e contemporaneamente cercano di agire per il cambiamento dei rapporti fra le persone.

Donne in cammino per la pace a Mondovì

Un breve riassunto per chi ancora non le conosce. È una storia che arriva da lontano: dalle Donne in nero israeliane contro l’occupazione dei territori palestinesi nel 1988, dalle Donne in nero contro la guerra del Golfo nel 1990, dalle Donne in nero di Belgrado contro Slobodan Miloševic nel 1991. Il nome del gruppo attuale, infine, si ispira al movimento pacifista delle donne israeliane di Women Wage Peace con le donne palestinesi di Women Of The Sun. Da più di un anno il gruppo monregalese è concentrato sulla richiesta del “cessate il fuoco”, in particolare in Palestina, a supporto del quale, proprio di recente, ha aderito agli eventi promossi a livello internazionale a sostegno della popolazione della Striscia di Gaza e di tutta la Palestina.

La Resistenza va ricordata, coltivata e attualizzata. Due sono le ragioni che hanno portato a proporre questo documentario. La prima è la possibilità di stimolare un aggiornamento sul movimento femminista, ripartendo dalla fine degli anni Settanta. La proiezione, inoltre, si colloca tra alcune ricorrenze civili cruciali citate nel documentario: si parte dall’8 marzo e attraversando il 25 aprile si arriva al 5 maggio, che è festa nazionale negli altri Paesi europei che celebrano la fine della Seconda guerra mondiale.
Sul ruolo della donna nella politica e nella Resistenza, numerose analisi sono state prodotte, da Carla Lonzi a Bell Hooks, da Chimamanda Ngozi Adichie a Vanessa Roghi. E dopo Bianca Guidetti Serra, Anna Maria Bruzzone e Rachele Farina ne hanno scritto le più giovani Michela Ponzani, Benedetta Tobagi e Chiara Colombini. Se la storia è un cammino, anche gli studi storici sono in continua evoluzione.

Partigiane Cavallo

La seconda ragione è un legame personale: le due partigiane torinesi intervistate, Anticzarina Cavallo e Isotta Gaeta, sono rispettivamente nonna e zia di una delle “Donne in cammino per la pace” di Mondovì. Due donne che hanno vissuto un periodo storico straordinario con umiltà e consapevolezza, uscendone trasformate. E Yvonne potrebbe aver avvertito un’affinità elettiva con Isotta perché entrambe nate mentre i padri erano in carcere per motivi politici. Ma questa è un’altra storia, in cerca di chi la voglia raccontare.
Prima della presentazione della giornalista, scrittrice e regista olandese, è stata spiegata la storia della fotografia usata nella locandina: una foto molto famosa e “chiacchierata” per tagli e modifiche, che rappresenta una sorta di sintesi della transizione storica in atto nell’aprile del 1945. Scattata tra il 25 e il 29, mentre i partigiani, autorizzati dagli Alleati, combattevano ancora i cecchini fascisti, l’immagine potrebbe documentare il delicato passaggio della riconsegna delle armi, un evento cruciale per comunicare la fine della lotta armata e dimostrare l’affidabilità di partigiani e partigiane. Le donne in prima fila dovrebbero essere il simbolo della nuova Italia democratica. Gli storici individuano al centro un’operaia e ai suoi lati un quadro intermedio e un’intellettuale. L’elemento che dimostra che non si tratta di partigiane, ma di una ricostruzione, sta nel fatto che tutte imbracciano le armi goffamente, addirittura al contrario. Dietro cammina la versione maschile del quadro sociale proposto, con una figura controversa a cui sono stati graffiati ― sul negativo ― i tratti del volto. Pare che la persona ritratta abbia richiesto esplicitamente di non comparire, pena l’avvio di un procedimento giudiziario. Le immagini delle donne nella Liberazione ― del resto ― sono scarse, e come spiega Benedetta Tobagi nel saggio La Resistenza delle donne, «l’epurazione delle donne dalla memoria pubblica della guerra partigiana comincia proprio con le sfilate della Liberazione». Garibaldini e cattolici soprattutto fanno sfilare solo donne sposate o vedove, al massimo con la fascia da infermiere, anche se hanno rischiato la vita in missioni pericolose.

La foto delle “partigiane di Brera” è stata realizzata da Valentino Petrelli dell’agenzia Publifoto. Rimasta “in magazzino” a lungo, è riemersa negli anni delle contestazioni studentesche e delle rivendicazioni femministe. Questa digressione risulta, quindi, significativa delle difficoltà che hanno avuto le donne a continuare un percorso di affermazione del loro ruolo nella società e nella politica e bene si inserisce nella presentazione del documentario di Yvonne Scholten.
Infine, per celebrare gli 80 anni della Liberazione, “Donne in cammino per la pace” di Mondovì collaboreranno con l’amministrazione comunale per intitolare un luogo da individuare alla partigiana monregalese Paola Garelli, fucilata senza processo con altri cinque compagni a Savona.

La toponomastica femminile in città è quasi inesistente: 126 uomini ricordati e 12 donne di cui 6 fra sante e madonne, figura significativa solo la scrittrice Lidia Beccaria Rolfi; gli anni Venti del 2000 possono e devono cominciare a colmare questo irrispettoso e anacronistico divario.

In copertina: le partigiane di Brera di Valentino Petrelli.

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Articolo di Lorella Gallo

Laureata in Lettere e Filosofia, ho iniziato a lavorare come insegnante di sostegno, passando poi a Italiano e Storia presso un Istituto tecnico informatico. Attivista da sempre, ho partecipato a progetti di prevenzione dell’Aids in Uganda e organizzato una Nursery school per figli di cooperanti. Collaboro con Assopace Palestina, svolgendo attività di controinformazione a livello locale.

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