Elena Kostioukovitch. Book city Milano anche a Lodi

La rassegna Aspettando Book city Milano anche a Lodi, organizzata dalla Provincia del capoluogo lodigiano, si è conclusa il 29 maggio 2025 con l’atteso intervento della scrittrice ucraina Elena Kostioukovitch, per la presentazione del suo ultimo libro, Kyiv. Una fortezza sopra l’abisso, in dialogo con Danila Baldo.

Il libro tratta non solo della storia della capitale ucraina, tra passato e presente, ma è anche un viaggio nella storia personale dell’autrice che, pur ritenendosi cittadina del mondo, resta molto orgogliosa delle sue radici. Durante l’incontro, Danila Baldo ha descritto il libro come un romanzo storico, con una base reale intersecata a una vicenda e a personaggi frutto di fantasia, seppur sempre legati a fatti realmente accaduti: a partire dal periodo zarista precedente la Seconda guerra mondiale, attraversando le vicende belliche degli anni ’40 del Novecento, fino a giungere alla tragica attualità. Questa linea narrativa desta profondo interesse e coinvolgimento in chi legge, mantenendo sempre viva l’attenzione.

Nata nel 1958 a Kyiv, Elena Kostioukovitch è scrittrice, saggista e traduttrice. Laureata all’Università statale di Mosca, dove consegue anche il dottorato, con ricerche sull’estetica del periodo barocco italiano, nel 1987 si trasferisce in Italia, dove insegna Letteratura russa e Tecniche della traduzione letteraria prima all’Università di Trento e successivamente alla Scuola interpreti e traduttori di Trieste. Dopo aver tradotto in russo, con grande successo, il noto libro di Umberto Eco Il nome della rosa, è diventata la traduttrice ufficiale di Eco, dando inizio a un lavoro di trasmissione e diffusione della cultura italiana in Russia e viceversa. Ha agito attraverso la letteratura, ma anche per mezzo della costante partecipazione a innumerevoli eventi e festival per la promozione culturale dei due Paesi e fa parte del comitato scientifico del ramo italiano di Memorial Society, associazione fondata nel 1987 che ha come obiettivo la denuncia e il ricordo delle violazioni dei diritti umani nel corso della Storia, per evitarne altri futuri. Ha vinto diversi premi, come il Premio di “Migliore traduzione dell’anno” (1988), il Grinzane Cavour per la traduzione (2003), il Bancarella della cucina col libro Perché agli italiani piace parlare di cibo (2007) e il “Premio nazionale per la traduzione” del Ministero dei Beni culturali italiano (2007), oltre al Premio “Gogol in Italia” (2012).

Nasci come scrittrice o come traduttrice?
Naturalmente prima come traduttrice, come per qualsiasi persona che vuole iniziare a conoscere una realtà culturale e letteraria diversa. L’Italia è stata la mia seconda casa, e amando questo Paese, ho iniziato a studiarne la letteratura, ricreandola però nella lingua d’arrivo, la mia. E penso che solo quando qualcuno/a ha qualcosa da dire, inizia a scrivere dei testi propri.

Nel libro dici che l’ambiente in cui sei nata è quello dell’«Intellighenzia russofona di Kyiv». L’aspetto linguistico è importante, in quanto la lingua stessa, come un popolo, vuole essere riconosciuta nella sua autodeterminazione e indipendenza. Ci descrivi meglio questo aspetto?
L’idea che chi parla russo in Ucraina debba essere necessariamente russofilo/a, amare Putin e volersi sottomettere a lui è profondamente sbagliata. Non è vero e un esempio di questo è che il comandante dell’esercito ucraino è un russo che non conosce la lingua ucraina e parla russo anche quando programma i combattimenti con i suoi soldati che difendono l’Ucraina dai russi. Un altro esempio è quello della mia famiglia e di centinaia di altre famiglie ucraine, che hanno studiato nelle università russe e parlano molto bene il russo delle élite. Il conflitto odierno tra Russia e Ucraina non è un conflitto territoriale o un conflitto tra popoli di etnie diverse, bensì uno scontro culturale, tra due Paesi estremamente legati tra loro dal punto di vista storico, in cui l’uno vuole sopraffare lo spazio ideologico dell’altro. La mia era una famiglia molto creativa, ha subito molti traumi storici in Ucraina, perché i bolscevichi hanno fatto diverse stragi e assalti alla normalità, come rivoluzioni e carestie, sotto il regime stalinista. Le vittime erano ugualmente ucraine e russe che vivevano in Ucraina, senza distinzioni. Io non distinguevo a scuola chi di noi fosse ucraino o russo, non facevamo nessuna differenza.

Elena Kostioukovitch (a sinistra) in dialogo con Danila Baldo (a destra)

Vediamo continui intrecci tra la storia passata, con eventi storici narrati anche attraverso le vicende di famiglia e gli accadimenti personali, e la storia recente: quando è scattato il desiderio di costruire un libro per parlare dell’Ucraina e della sua storia?
Il motivo dietro la scrittura del libro è stato il fatto che fino al 2022 — anno dell’invasione russa in Ucraina — mi sentivo completamente inserita nel contesto sociale italiano, poi con i bombardamenti russi ho iniziato a chiedermi: «Ma cosa sta succedendo? La parte del mondo dove sono cresciuta, è bombardata, l’altra parte, quella dove ho fatto l’università, dove ho lavorato, dove ho vinto i concorsi, dove ho incontrato mio marito… ha invece inviato quel missile che ha distrutto la mia infanzia… Cos’è successo?». Da quel momento ho cominciato a farmi delle domande su chi avesse programmato quel missile, sui fatti e sulle ambizioni militari…
Importante è avere la possibilità di accedere a racconti di persone reali, fuori dai Parlamenti e dai Palazzi del Governo, persone che considerano la guerra unicamente come distruzione, e perdita: perdita del lavoro, della casa, delle persone care, della vita. È fondamentale la necessità della verità della testimonianza e del bisogno di umanizzare la cronaca che si legge nei giornali, che è astratta. Quando i media cominciano a parlare, parlano come se le persone fossero prive di qualsiasi fisionomia umana, di qualsiasi fisicità; per esempio: «La Russia avanza», «L’Ucraina è in ginocchio». Che cosa vuol dire questo davvero?

Vogliamo distinguere lo spirito nazionale dallo spirito nazionalistico. Lo spirito nazionale è la difesa delle proprie radici, della propria lingua e della propria storia. Lo spirito nazionalistico è quello colonialistico, dell’aggressione. Ma alla fine vedo nel libro una Ucraina in cui convivono diverse etnie, religioni, provenienze: non c’è chiusura, autarchia o il desiderio di raggiungere la purezza di qualsiasi cosa. Questo insieme dà uno spirito nazionale e non nazionalista, che si esprime nella difesa della propria libertà. Tu scrivi che «l’Ucraina è una vera e propria sinfonia di voci diverse, un vero e proprio concerto multiculturale».
Il nazionalismo di cui si parla nel territorio ucraino è relativo, non è come lo raccontano, ma sta crescendo, perché la guerra rimane la guerra. Ora in Ucraina si sta iniziando a odiare ciò che è russo, ma prima non era così. Quando è arrivato, l’esercito di Putin si è comportato crudelmente, selvaggiamente: è stato questo a spaventare tutti e tutte, compresa me. Moltissimi miei amici e giornalisti da tutto il mondo mi hanno telefonato per darmi conforto, per parlarne. Poi abbiamo iniziato a seguire l’altra Ucraina, che si era trasformata, perché la gente non ha mai perdonato.

Elena Kostioukovitch, infine, ci confida di non sentirsela più né di parlare né di scrivere in russo, lingua con cui ha un legame affettivo e di cui ha una profonda conoscenza. Secondo lei, infatti, «la lingua è simbolo di identificazione sociale e ora importante è sostenere e diffondere l’ucraino».
Oggi, tra Russia e Ucraina, le cittadine e i cittadini sono separati non solo da una frontiera geografica, ma soprattutto da una frontiera “sentimentale” che emerge dalla necessità impellente di prendere posizione su un conflitto che non è mai stato voluto né deciso da loro.
Riporto in chiusura uno dei pensieri più toccanti espressi dall’autrice durante il dialogo: «In qualsiasi modo si faccia pace adesso, i giovani e le giovani in futuro vorranno una risposta, poiché un milione di persone sono state uccise per colpa della decisione di una persona sola».

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Articolo di Nicole Ferreira Tascillo

Sono italobrasiliana e vivo in Italia da settembre 2020. Studio Lingue e culture moderne presso l’Università degli Studi di Pavia e insegno italiano ai lusofoni da cinque anni.

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