«La militarizzazione dello Spazio è un dato di fatto: ormai tutte le guerre sulla Terra iniziano nei cieli profondi». Questa affermazione è contenuta in uno degli articoli più interessanti della seconda parte del numero di Limes di maggio, Il cielo è sempre più rosso. Pechino sfida la supremazia cosmica Usa. La Repubblica popolare ha imposto lo sviluppo di capacità militari nello Spazio come priorità assoluta, incentivando nello stesso tempo anche gli investimenti delle imprese private in questo settore, conquistando il secondo posto tra le potenze dello Spazio. Tutto ciò ha avuto come effetto quello di allarmare gli Usa, che temono di perdere il primato. Ma non solo nel campo spaziale la Cina sta provando a superare gli Usa.
In Deepseek: sfida all’Ai americana Francesco Maria De Collibus riferisce che è in atto un vero e proprio braccio di ferro con l’America. DeepSeek R1 è un’intelligenza artificiale potente quanto OpenAi 01 ma è stato rilasciato come modello open source liberamente scaricabile e utilizzabile sulla propria macchina, diversamente dal modello statunitense. Anche se grazie a Musk e a Starlink gli Usa possono vantare circa 7mila satelliti che favoriscono il controllo della Terra e la facilità delle comunicazioni, la corsa nello Spazio vede in competizione non solo la Cina ma anche la Russia, che qualche tempo fa ha minacciato un’esplosione nucleare proprio nel cosmo che avrebbe danneggiato una costellazione di satelliti Usa. Nel frattempo altri Stati si stanno attrezzando.

In Indo-pacifico in armi (autonome) di Massimiliano Cappuccio facciamo poi conoscenza con i Saa, sistemi d’arma autonomi che insieme alla robotica dovranno essere integrati nei programmi di modernizzazione delle Forze armate dei Paesi di questa parte del mondo.
Quello di maggio è un numero denso di articoli su come si fa la guerra, su come ci si prepara a contrastare un attacco nemico, sulle dotazioni militari delle diverse potenze. Il paradosso è che mentre gli Stati si attrezzano a costruire i Killer robots che rivoluzioneranno il modo di combattere grazie all’intelligenza artificiale, nei giorni che stiamo vivendo a morire sono sempre le persone, in numero altissimo e spesso civili, proprio a causa dell’impiego di tecnologie avanzate. L’articolo di Cappuccio indaga l’influenza dei motivi culturali che sono alla base della corsa all’intelligenza artificiale. Mentre l’opinione pubblica occidentale è strutturalmente incline ad ansia e ostilità nei confronti delle tecnologie autonome, che emergono anche nell’approfondimento di Diego Brasioli, Un futuro presente. Perché l’Ai cambia il mondo, nei Paesi dell’Asia Orientale l’atteggiamento è molto diverso. I più ottimisti sono Cina, India e Arabia Saudita; Corea del Nord e Giappone si posizionano a un livello intermedio. «L’ansia nei confronti dell’Ai espressa dai cittadini occidentali trova una rappresentazione paradigmatica nella fantascienza contemporanea, dove vediamo agenti artificiali creati per servire l’umanità (Terminator, Matrix, Westworld, Dune eccetera)… Secondo Trothen, Kwok e Lee, il pessimismo occidentale nei confronti dell’intelligenza artificiale nasce da una tensione strutturale tra antropocentrismo — la convinzione che la natura umana sia speciale e distinta dal resto dell’universo — e antropomorfismo — la tendenza a vedere somiglianze tra l’umano, le entità robotiche e quelle divine. Le preoccupazioni teologiche occidentali si sono spesso concentrate sul pericolo di “oltrepassare il limite” e agire come Dio nella creazione dell’Ai.
Le tecnologie sono viste come entità separate dall’essere umano, destinate esclusivamente al suo utilizzo. Proprio in quanto separata, l’Ai è temuta come una creatura senziente e demoniaca, desiderosa di sconfiggere l’umanità. Al contrario, l’atteggiamento più accogliente riscontrato nella popolazione giapponese — e in particolare tra gli anziani che, come evidenziato dalle ricerche di robotica sociale, reagiscono positivamente all’idea di essere assistiti da robot umanoidi — offre un esempio di antropomorfismo senza antropocentrismo […] Secondo altri studiosi, l’entusiasmo giapponese per la robotica non sarebbe scaturito spontaneamente dalle pratiche tradizionali, ma da una propaganda nazionalista che propone una soluzione tecnologica al problema demografico, alternativa all’impiego di immigrati stranieri e al potenziamento dei servizi di assistenza pubblici».


Farà piacere agli e alle appassionate di fantascienza la conversazione di Giorgio Cuscito con il romanziere cinese Han Song, autore di Oceano rosso. In questo romanzo, pubblicato nel 2004, lo scrittore di fantascienza disegna un mondo in cui, per sfuggire a una catastrofe che ha reso la Terra inabitabile, parte dell’umanità vive sotto un mare rosso popolato da alghe allucinogene mentre altre persone sono riuscite a trasferirsi sulla Luna. Entrambe queste popolazioni si preparano alla guerra. Un’altra intervista da consigliare è quella di Marcello Spagnulo a Samantha Cristoforetti Senza spazio l’Europa è fragile e l’Italia deve esserci.

Due sono gli articoli della terza parte che meritano di essere segnalati: L’esercito dei droni di Mirko Mussetti, in cui l’analista di geopolitica e geostrategia riporta una frase di Eduardo Galeano scritta nella sua insolita agenda I figli dei giorni: «Nell’era del computer onnipotente i droni sono i guerrieri perfetti. Uccidono senza rimorsi, obbediscono senza scherzare e non rivelano mai il nome dei loro padroni». Scrive Mussetti, a proposito della guerra in Ucraina, dove queste armi autonome sono state sperimentate: «Alle spalle dei letali apparecchi persistono individui, spesso giovani, intrisi di convinzioni e sentimenti, ma che si approcciano alla guerra come a un videogioco. Uomini quindi destinati a inevitabili, future afflizioni interiori. Un monitor non emana gli odori di sangue, fango e polvere da sparo. Uno schermo non traspira paura.
Un visore distante dall’azione protegge l’operatore dai dolori fisici, ma non può anestetizzare per sempre il senso di colpa dell’esecutore. Gli uomini muoiono sul campo di battaglia solo per rivivere come fantasmi nelle menti degli uccisori. Questa è la prima legge della guerra, ma sempre l’ultima a essere appresa. Disumanizzare quanto più possibile il combattimento è quindi essenziale per il suo efficientamento, per la tenuta psicologica della popolazione e della sua pervicacia, per sollevare dalle responsabilità collettive e individuali, per l’eventuale perpetuazione del conflitto o per la tenuta sociale postbellica. È qui che interviene in soccorso del decisore politico-militare l’intelligenza artificiale (Ai), surrogato della stupidità umana e dell’incoscienza collettiva». Mussetti prosegue riportando le tappe di questa” evoluzione” della guerra che ha visto l’Ucraina come banco di prova e si chiede se, alla fine di questo conflitto, l’esperienza dei moltissimi operatori di droni potrà far gola a terroristi di ogni specie disposti a pagare lauti stipendi «a questi tecnici altamente specializzati, magari ideologicamente disillusi dal “tradimento occidentale” della causa ucraina».

L’altro approfondimento da consigliare è quello di Fabrizio Maronta L’Italia nel risiko del riarmo. Particolarmente interessanti le considerazioni sulla compartecipazione del nostro Paese a «un sistema europeo strutturalmente inadatto ai tempi» che, a partire da Maastricht, «consente la concorrenza fiscale ma non le politiche industriali, prese ad anatema quali indebiti aiuti di Stato». Con un impianto profondamente neoliberista, a dispetto della narrazione che descrive il modello europeo come più umano e gentile del turbocapitalismo americano. L’Italia deve recuperare competitività e si deve battere per l’eliminazione del Patto europeo di stabilità e crescita, che ha prodotto deflazione e danneggiato l’Italia insieme ad altri Paesi. Inoltre, secondo Maronta, occorre difendere e incrementare le quote di mercato italiane nei settori strategici, a cominciare da elettronica e aerospazio, con investimenti in impianti, ma anche in istruzione, ricerca e sviluppo.
Per chi volesse saperne di più sui cavi sottomarini e sulla possibilità di sabotaggio da parte di potenze straniere un’utile lettura è La battaglia dei cavi sottomarini in Europa, scritta da un militare e docente statunitense, che invita l’Europa a preoccuparsene, dal momento che l’America non potrà più farlo.

Da segnalare come sempre la rubrica La storia in carte di Edoardo Borla che questa volta ci racconta qualcosa su Guglielmo Marconi che non ci saremmo aspettate/i. Sempre molto accurate e utili le mappe cartografiche di Laura Canali.

Mentre scrivo gli Usa hanno messo in atto l’operazione Midnight Hammer bombardando a fianco di Israele i siti nucleari iraniani. La risposta iraniana si è fatta e si farà sentire con conseguenze imprevedibili. Il diritto internazionale è scomparso come ricorda Alfredo Somoza o meglio si applica in modo duale, ad alcune potenze e non ad altre. Le organizzazioni internazionali non hanno visibilità e l’unica voce che si alza senza essere identificata con l’espressione infelice e dispregiativa di “pacifinta” (un altro dei neologismi di una stampa guerrafondaia che ignora l’articolo 11 della Costituzione) è quella di Papa Leone XIV, il pontefice nordamericano a cui è dedicato il prossimo numero di Limes. Le manifestazioni della società civile contro il riarmo e per la pace sono sistematicamente ridimensionate dai media. Eppure almeno in Unione Europea l’opinione pubblica, in grande maggioranza contro la guerra, conta ancora.
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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la “e” minuscola e una Camminatrice con la “C” maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Procuratrice legale per caso, docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.
