Portuali e marittime, perché no? La disparità di genere nei porti italiani

Abbiamo avuto l’opportunità di avvicinarci a un libro davvero utile e originale che tratta un tema poco noto e poco affrontato: la disparità di genere nei porti italiani, edito da Franco Angeli, 2024. Non poteva scriverlo che una donna che ne sa molto: Barbara Bonciani, che ha svolto dal 2019 al 2024 il compito di prima Assessora al porto della città di Livorno, ruolo che francamente non conoscevamo, oggi nelle mani del sindaco Luca Salvetti.

Barbara Bonciani

Eppure i porti sono centri importantissimi che danno lavoro, fanno girare l’economia, coinvolgono nella gestione un gran numero di persone con incarichi diversificati, attraggono tanta gente per turismo e per attività commerciali. E poi c’è l’indotto: strade, autostrade, ferrovie, mezzi di trasporto, ristoranti, bar, alberghi, cantieri, officine… Ce lo spiega bene nella Prefazione un’esperta come Costanza Musso, presidente di Wista Italy, la sezione italiana di Women’s Shipping & Trading Association che ha festeggiato lo scorso anno i suoi primi 30 anni dalla fondazione, di cui è socia anche Bonciani. Dal canto suo l’autrice ha un curriculum prestigioso: sociologa, docente presso l’Università di Pisa, ricercatrice in vari ambiti e presso vari enti, Ircres del Cnr di Torino, Iriss del Cnr di Napoli, Adsp Mts-Ufficio Studi; non si contano le sue collaborazioni in Italia e all’estero e le sue pubblicazioni; il Comune di Livorno non poteva scegliere persona più motivata e preparata.

Nei tre settori che per la legge 84/94 possono lavorare nei porti (articoli 16,17,18) le donne sono poche: i dati del 2022 parlano chiaro, registrando pure un calo rispetto ai due anni precedenti, nonostante gli addetti complessivi siano cresciuti. Su 20.123 dipendenti, le donne erano 1269, ovvero il 6,3%. Tuttavia, nel settore regolato dall’art.18, nei terminal privati le donne erano aumentate del 21% arrivando al totale dell’8%. Molto interessante il dato che rimanda alla presenza di impiegate all’interno delle Autorità di Sistema Portuale dove erano il 46% nel 2023 e hanno raggiunto alti livelli occupazionali, con ben 47% di quadri e 31% di dirigenti. In controtendenza appare invece la presenza di donne nella governance portuale: non abbiamo alcuna Presidente su 16, solo due sono Segretarie generali. In trent’anni, sottolinea Musso, si poteva fare di meglio: in tutto le donne ai vertici sono state solo sei Segretarie e tre Presidenti. Nella Assiterminal, l’associazione dei terminalisti, presieduta da un uomo, su 24 membri del direttivo le donne sono soltanto due.

Dobbiamo continuare a dare i numeri per rendere chiara la situazione, e significativo appare allora ciò che accade a Livorno, un porto virtuoso si direbbe per i dati ben discordanti rispetto alla media, decisamente più alti, con il 52% di presenze femminili secondo l’art.16 della legge citata. E poi qui già c’erano socie nella Compagnia Portuale prima del 1983, esempio unico in Italia, come prima e unica è la certificazione di parità di genere ottenuta nel 2024. Musso ci fornisce un’altra informazione a proposito delle tradizioni familiari per cui spesso il mestiere di portuale si “eredita” con orgoglio e si tramanda di generazione in generazione, a Livorno e altrove funziona così, anche di padre in figlia, a Genova invece i famosi “camalli” non lasciano il loro posto alle femmine, tanto che oggi la loro storica compagnia ha solo sei donne che lavorano però in ufficio, e non in banchina. In passato certi compiti erano faticosi e pesanti, ma ora è ben diverso grazie a turni di sei ore e soprattutto alla tecnologia, all’informatica, alla robotica; sono altri i valori essenziali: prontezza, precisione, prudenza, attitudine al lavoro di gruppo, attenzione alla sicurezza, affidabilità, doti di cui le donne sono per indole e carattere portatrici. E i contratti appaiono allettanti e in linea con il nostro tempo.

Nella Premessa Bonciani sottolinea il rilievo economico che hanno i 58 porti in un Paese come l’Italia, circondato dal mare, con 7.456 km di costa, ma anche il ritardo, negli ultimi trent’anni, nel dare il giusto spazio alle competenze femminili. A lei è spettato il compito, non facile, di porre l’attenzione nella sua città sulle problematiche emergenti e nel “legare” sempre più la comunità ai ruoli svolti dalle donne nei settori portuale e marittimo grazie a un idoneo progetto. Ancora permangono stereotipi nella mentalità comune per cui le attività legate al mare, come la pesca ad esempio, sono “cose da uomini” per cui occorrono braccia robuste e forza fisica, niente di più falso, ormai, ma sono pregiudizi duri a morire. L’autrice cita un caso emblematico: quello del porto di Genova dove si è abbattuta una vera e propria “bufera giudiziaria”. Si tratta di un ambiente lavorativo e di potere esclusivamente maschile, dove si sono perpetuate discriminazioni per impedire l’accesso alle donne, se non come belle statuine in occasione di feste. Certo è che il settore rimane fortemente maschilista, pure a Livorno Bonciani ha dovuto combattere le sue battaglie; ecco perché ha sentito l’esigenza di scrivere questo libro: per rompere gli schemi, per fornire informazioni, per incoraggiare le giovani, per rendere utile alle altre la sua esperienza, per far comprendere (ancora una volta) che nel XXI secolo e in un Paese che si dice democratico non esistono professioni per uomini e professioni per donne.

Il volume si apre con una Introduzione a cui seguono tre parti, suddivise in agili capitoli dai titoli talvolta divertenti, persino provocatori. Bonciani fa riferimento alla situazione lavorativa generale nel nostro Paese che vede le donne per lo più impegnate nella cura dell’infanzia, delle persone anziane e/o ammalate, nell’ambito scolastico, piuttosto che nelle professioni legate alle discipline Stem, a cui le bambine non vengono adeguatamente indirizzate né sollecitate. La “segregazione di genere”, sottolinea, è particolarmente evidente in alcuni settori, fra cui quello portuale e marittimo; anche per questo è nato nel maggio 2023 il progetto “Il porto delle donne. Le donne nel settore portuale e marittimo: perché no?”, realizzato dal Comune di Livorno in collaborazione con l’Università di Pisa, l’Associazione scientifica internazionale Rete e il Cnr Iriss di Napoli, consistente in interviste e focus group assai illuminanti, e che ha portato anche a un convegno, a un murale e a una bella mostra di fotografie di lavoratrici, come quella sulla copertina del libro. Lo scopo, su cui torna in seguito nel dettaglio, è stato quello di «favorire un cambio di rotta sul piano culturale e strategico nei porti italiani» e di «far conoscere il lavoro svolto dalle donne nell’ambito portuale e marittimo», alimentando «una riflessione e un dibattito pubblico circa le cause dell’esclusione delle donne da questi settori» al fine di favorirne invece un maggiore ingresso.

Livorno, Porto Mediceo e Fortezza Vecchia

A Livorno, dicevamo, la situazione è migliore che altrove, con 163 lavoratrici e 1356 uomini, più spesso impiegate in mansioni amministrative, ma «orgogliosamente portuali e marittime», consapevoli del proprio ruolo di apripista, magari come gruiste, smarcatrici o addette al rizzaggio e al derizzaggio. Ma ancora c’è da fare; pensiamo che spesso nei porti mancano servizi igienici e spogliatoi separati, con disagi di non poco conto. Nel testo Bonciani fornisce ulteriori statistiche e dati utili per comprendere l’importanza del trasporto marittimo a livello mondiale e sottolinea quanto sia essenziale la parità di genere, inserita pure fra gli obiettivi dell’Agenda 2030, decisamente in rialzo in alcuni specifici settori e in determinati Paesi (Svezia, Danimarca), fra cui non è compresa l’Italia, come ben sappiamo, specie a causa dell’assenza di un efficace sistema di welfare. Nei trasporti in generale la presenza femminile è modesta, va meglio nel settore aereo, malissimo negli autotrasporti e nel trasporto merci in cui le donne sono un’esigua minoranza (2,1%). Ma anche le imbarcate a livello globale sono meno del 2% e addirittura in Italia mancano dati certi sul loro numero; sono dunque letteralmente invisibili, sottolinea l’autrice.

Nella seconda parte Bonciani risale all’antico e alle origini di certi pregiudizi per cui le donne, secondo la mitologia, portavano sfortuna a bordo di una nave; è vero che raramente esistevano donne assoldate come marinai, anche se si hanno casi di giovani travestite (Hannah Snell e William Brown) ma è noto che potevano esserci cuoche, cameriere, infermiere, lavandaie, mogli di ufficiali, prostitute, balie e accompagnatrici di passeggere. Durante la Seconda guerra mondiale l’Urss arruolò 8.000 donne per la navigazione oceanica e 21.000 per quella interna; il caso dell’imbarcazione cinese Fengtao è davvero particolare perché risulta essere stata la prima nave da carico guidata da un ufficiale donna. Conclusi gli studi e superati mille ostacoli, una volta assunta, la giovane veramente motivata che ce l’ha fatta deve ancora lottare perché la vita a bordo può essere dura, non tanto per le mansioni a cui è ben preparata, quanto per il perpetuarsi di pregiudizi, per la difficoltà di fare carriera, per il rischio di violenze e di molestie, per i lunghi periodi di navigazione, per l’oggettiva fatica di conciliare la vita privata (e la possibile maternità) con la vita lavorativa.

Nel cap. 4 della Seconda parte Bonciani ritorna sugli esiti del convegno più volte citato e spiega come si svolse la realizzazione delle immagini fotografiche scattate da Elena Cappanera e di come la mostra approdò alla Camera dei Deputati, grazie all’interessamento dell’on. Laura Boldrini; per la locandina fu scelta la foto della diciannovenne Alessia che ben rappresentava la figura nuova della lavoratrice; all’attore livornese Paolo Ruffini fu affidato il compito di girare una clip dai toni scherzosi da lanciare in rete; un murale fu realizzato dalla street artist Nian in piazza Luigi Orlando per dare un segno tangibile del cambiamento e per lasciare una traccia duratura per l’intera cittadinanza.

Il porto delle donne, locandina

Nella Terza parte vengono riportate varie storie di successo che rendono la lettura estremamente coinvolgente. Incontriamo così alcune donne che hanno vinto la loro personale battaglia contro certi uomini (i “pitecantropi”, così li definisce fra il serio e il faceto Bonciani), e non solo: contro pregiudizi e stereotipi di cui anche parecchi enti e istituzioni sono portatori. Le donne sono fragili, non sanno guidare, sono piccole, non hanno forza fisica, sono umorali, sono troppo legate alla famiglia; e se poi si sposano? se hanno un figlio? come faranno a resistere fra tanti uomini per lungo tempo? come reagiranno di fronte alla solitudine, a incidenti, tempeste, disagi di ogni genere? Le risposte sono in queste pagine in cui si snodano belle vicende di donne determinate, appassionate al proprio lavoro, autorevoli e brave, tanto da far tacere (e ricredere) chi inizialmente le aveva osteggiate. Conosciamo le disavventure per affermarsi della Comandante di lungo corso, capitana Luciana Mirella Cambiaso.

Luciana Mirella Cambiaso

Le soddisfazioni che prova nessun altro mestiere potrebbe dargliele: «Le albe e i tramonti che vediamo noi non li vede nessuno. Quando sei in mezzo al mare e senti il suono del mare, tutto il silenzio attorno, ti sembra di essere su un dorso di un delfino! È una sensazione stupenda». (cit. pag.69). A chi preferisce un uomo al comando e pensa al lupo di mare con la barba e il berretto blu, potrebbe rispondere la prima italiana Comandante di una nave passeggeri, la capitana Serena Melani, al timone di una nave da crociera di lusso del gruppo Msc. Verso di lei, dichiara Bonciani, «provo una grande ammirazione e gratitudine» perché rappresenta, come altre, la «dimostrazione vivente» che il mestiere marittimo è aperto a tutte e a tutti.

Serena Milani, premio Capperuccio nel 2023

Emblematica la vicenda di una giovane mamma, l’ufficiale di coperta Angelica Malinconico, per ora impegnata sulla tratta breve di un traghetto per star vicina al suo bambino, ma che sogna di ripartire su rotte ben più lunghe, sulle navi che la riporteranno in giro per il Mediterraneo, e oltre, fino alle Americhe. Angelica sottolinea il fatto che al marito, che fa il suo stesso lavoro, non viene mai chiesto della situazione familiare; perché allora a lei domandano come fa a lasciare a casa un figlio così piccolo? La risposta è ovvia: perché viviamo in una società patriarcale dove ci si aspetta che sia la donna (moglie e madre) a farsi carico totale della prole. Così prosegue Bonciani ribadendo, grazie ai casi riportati, che ogni professione è aperta alle donne così come agli uomini, anzi, spesso le donne manifestano, magari in casi di emergenza, quella calma, quella risolutezza, quella capacità decisionale che le rende forti, sicure, affidabili. Non poteva mancare alla fine del libro il richiamo a quel “plurale femminile” in relazione alle prime tre assunte nel porto labronico nel lontano 1982, quelle figlie di portuali da cui partì tutto, tre su 2300 lavoratori quando ancora un bel po’ di forza fisica occorreva per scaricare merci e, soprattutto, tanta adattabilità difronte a situazioni, incarichi, orari variabili. Allora erano le “bimbe”, come si dice affettuosamente a Livorno, che piano piano conquistarono il loro ruolo e la fiducia dei colleghi, specie all’interno della squadra di lavoro, dove ci si vuole bene e ci si aiuta.

Viareggio, piazza Alga Soligo (1951-84), ufficiale della Marina Italiana perita nel naufragio della nave Tito Campanella, foto Patrizia Seppia

Oggi le donne svolgono qualunque attività, in turni di sei ore in cui non esiste monotonia, sottolinea Bonciani; le ragazze dovrebbero conoscere meglio la realtà portuale e marittima per avvicinarsi a queste professioni e per sconfiggere definitivamente i “pitecantropi” che sembrano vivere in un altro mondo e in un’altra epoca. Non c’è migliore conclusione che pensare a Julie che manovra una gru a 30 metri da terra e viceversa, per spostare container: «Il mio lavoro è bellissimo, sulla gru sembra di volare, e poi le donne hanno due gambe e due braccia come gli uomini, perché non dovrebbero farlo?» (cit. pag. 89).

Barbara Bonciani
Portuali e marittime, perché no?
Franco Angeli, 2025
pp. 120

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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, pubblicista, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate a Pistoia e alla Valdinievole. Ha curato il volume Le Nobel per la letteratura (2025).

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