Concedersi il tempo della creatività 

Ho poggiato le valigie sul pavimento e mi sono guardata attorno. Le pareti rosse, l’armadio vicino alla finestra, le mensole piene di libri: ero a casa, in quella stanza che dice chi sono.
La stanchezza del viaggio notturno appanna la mia testa e i miei occhi ma, nonostante questo, riesco a vedere la piccola busta adagiata sul mio letto. È il suo pensiero per me. Questa volta non siamo riuscite a vederci; io sono tornata a Roma ma lei ha già raggiunto Brescia. Per conoscere un pezzetto del mio futuro dovrò aspettare di rivederla: poggerà le carte sul tavolo, io farò le mie domande e lei mi predirà degli stralci del mio destino. Così, solitamente, occupiamo il poco tempo in cui io non sono assorta ad ascoltare le sue storie di vita. D’altronde, con lei non puoi fare altrimenti; le sue parole sono come canti di sirene: ti ammaliano e ti costringono all’ascolto… non per il canto ma per il contenuto. Ci passeresti i giorni interni a sentire quello che ha da dire. 
La busta sul letto mi racconta di lei — non è chiusa e non ci sono fiocchi o merletti ad agghindarla. Lei è così: poca forma ma molta sostanza —; afferro quello che c’è dentro e mi ritrovo una piccola scatola di cartone tra le mani. Sulla superficie anteriore leggo: «Intùiti creative cards». 

Sono rallegrata dall’originalità di questo regalo che, come tutti gli altri che lo hanno preceduto, è stato scelto dalla mittente — di cui porta indubbiamente la firma — con cura e attenzione per la destinataria. 
Il contenuto della scatola mi incuriosisce tremendamente, al punto da non sentire più la stanchezza che mi pervade. Rimando il mio sonno ristoratore e la apro. 
Tonalità di rosa, rosso, giallo e verde mi abbagliano. Le carte slittano sotto il mio pollice aprendosi in un ventaglio di colori, forme e disegni. 
La prima pagina del manuale del gioco recita: «Ci chiediamo spesso cosa sia la creatività, da dove venga, se possa essere insegnata, quali siano le sue chiavi d’accesso, e ci perdiamo in queste congetture, dimenticando che da sempre è dentro di noi, in attesa di essere risvegliata. […] (La creatività) è il fuoco divino che ci rende differenti, padroni della realtà. Non ha bisogno di essere studiata e provocata. Ha solo bisogno di essere ispirata. Ha solo bisogno di essere intuita». 
Penso a quello che ho appena letto e mi viene in mente l’immagine di uno/a delle tante bambine in cui mi imbatto nei ristoranti: hanno la faccia china sui loro tablet, gli occhi lucidi per la luce blu emessa dagli schermi e non ti degnano di uno sguardo. La maggior parte delle volte, l’apparecchio elettronico viene usato dai loro genitori come arma di ricatto: «O mangi o te lo levo». Di fronte a questa possibilità i/le più mansuete afferrano la forchetta e iniziano a consumare il pasto; le altre si dimenano sulla sedia, abbandonandosi ad un pianto acuto.
Per me che sono cresciuta con colori, pennelli, tele e fogli bianchi, scatolette di pongo e decine di libri, l’immagine è piuttosto triste. Certo, la creatività non l’ho studiata ma, certamente, mi è stato insegnato a darle il tempo che merita. Perché credo che, in fondo, si tratti di questo: nel mondo in cui viviamo, in cui tutto è così veloce e frenetico, in cui siamo chiamati/e a essere sempre performanti, sempre al passo con l’evoluzione tecnologica, ci ritroviamo ad accettare passivamente i dettami di un sistema che punta alla semplificazione dell’esistenza e che, così facendo, la spoglia inevitabilmente di aspetti essenziali e di varietà. Ma se è nell’estro che ognuno/a di noi nasconde il proprio sé, è giunto il momento di offrirgli il nostro tempo, di staccare la spina dal mondo e di accendere l’interruttore della nostra creatività. 
E il gioco intende fare proprio questo: aiutarci a «sentire la propria capacità creativa», attraverso suggestioni mirate, materializzate in carte con simboli che ci trasportano «nel mondo dell’inconscio e dell’intuizione».

Nato come progetto del Politecnico di Milano, Intuìti è il prodotto dell’armoniosa sintesi di design, tarocchi, numerologia e psicologia della forma, ovvero quella branca della disciplina che si focalizza sull’esperienza percettiva e sul modo in cui organizziamo le informazioni per dare senso al mondo. Il mazzo si compone di 78 carte, di cui 22 intuiti primari, indicati con numeri romani e rappresentanti gli archetipi legati ai momenti salienti dell’esistenza, e 56 intuiti secondari, contrassegnati da numeri arabi e raffiguranti simboli e forme che richiamano i quattro elementi della terra: l’acqua, il fuoco, l’aria e la terra. Ad ogni figura corrispondono una favola evocativa e un consiglio. 

Intuiti primari
Intuiti secondari

Disposti a faccia scoperta, in modo che il disegno digitalizzato sia visibile, gli intuiti primari dovranno essere scelti seguendo due criteri: quello dell’attrattività e quello della repulsione. Secondo l’autore del gioco, l’artista, designer e scrittore italiano Matteo di Pascale, questi due intuiti rappresentano «i poli della nostra creatività, ovvero l’origine della nostra ispirazione e la paura che può inibirci». Una volta descritto il motivo della nostra selezione e dopo aver attribuito un significato alle carte prescelte, si procederà leggendo la favola e il consiglio corrispondenti. 
Tra le metodologie di utilizzo consigliate, vengono citate quella definita del “blocco creativo” e quella della “vocazione creativa”. Nel primo caso si tratta di scegliere quattro carte che rispecchino rispettivamente come ci sentiamo, come vorremmo sentirci, la natura che associamo al blocco prescelto e una carta che potrebbe servirci successivamente. 
Nel secondo caso, le carte da scegliere sono tre: una che rappresenti dove sentiamo di essere, un’altra che indichi dove vorremmo arrivare e l’ultima che simboleggi il motore trainante del percorso che stiamo affrontando.
A prescindere dal paradigma di utilizzo impiegato, l’intento del gioco è di dare spazio e voce alle sensazioni ed emozioni che le immagini suscitano in noi.
In questo processo, gli intuiti secondari fungono da approfondimenti da affiancare, eventualmente, a quelli primari. 
Tra gli altri prodotti targati Sefirot, editore indipendente fondato da di Pascale nel 2018 con l’intento di aiutare tutte/i i creativi «a lavorare su di sé e a massimizzare i loro sforzi», si annoverano anche Fabula — uno strumento di supporto per analizzare, organizzare e costruire storie in maniera efficace —, Edito Deck — un «vademecum analogico per l’editing» — e Cicero Public Speaking, una guida per scrivere discorsi di qualsiasi tipo. 

Le recensioni presenti sul sito confermano l’efficacia di questi prodotti, tanto da ritenerli strumenti utili da poter integrare nelle sessioni di psicoterapia e all’interno delle aziende. 

Nonostante ritenga che per raggiungere l’obiettivo di risvegliare la nostra creatività dovremmo andare nel mondo, parlare con la gente, osservare le bellezze e le brutture che ci circondano — “sporcarci le mani” insomma —, credo che così come è stato progettato e per il fatto stesso di voler indurci a dare libera espressione alle nostre sensazioni ed emozioni — elementi imprescindibili per lo sviluppo della nostra creatività — Intuìti costituisca un innesco, un catalizzatore per il nostro estro. Uno strumento che può servire a risvegliare in noi la consapevolezza dell’importanza di concedersi del tempo per sé, per quella parte di noi, emotiva e creativa, che il mondo di oggi ci porta a mettere da parte, a silenziare. 

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Articolo di Sveva Fattori

Diplomata al liceo linguistico sperimentale, dopo aver vissuto mesi in Spagna, ha proseguito gli studi laureandosi in Lettere moderne presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza con una tesi dal titolo La violenza contro le donne come lesione dei diritti umani. Attualmente frequenta, presso la stessa Università, il corso di laurea magistrale Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione.

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