In fuga dalle città, in cerca di temperature più sopportabili, i turisti affollano la montagna. Alcuni sentieri estivi assomigliano a file alla posta e luoghi resi famosi da fiction televisive, come il lago di Braies, sono affollati come la Rimini degli anni Ottanta.

Tra i luoghi preferiti: le Dolomiti, dichiarate nel 2009 dall’Unesco patrimonio dell’Umanità. I paesaggi sono spettacolari: guglie, pareti verticali, vallate verdi e laghi cristallini. La dolomia, il minerale che compone in prevalenza questo gruppo montuoso e da cui deriva il nome, regala un effetto ottico unico: l’enrosadira. All’alba e al tramonto le cime si colorano di incantevoli sfumature dal rosa all’arancio.

Potrà non sembrare evidente visto il paesaggio circostante, ma qui nel mezzo delle Alpi orientali, si cammina su antiche scogliere tropicali: nel Triassico medio, circa 250 milioni di anni fa, vaste piattaforme carbonatiche crescevano come atolli in un mare caldo, alternandosi a bacini di mare più profondo. Cicli di trasgressione e regressione, periodi di acqua più bassa, o più alta, modulavano ambienti e comunità biologiche. Intorno al passaggio tra i piani stratigrafici Anisico e Ladinico (minuto più, minuto meno, tra i 247 e i 237 milioni di anni fa), la produzione carbonatica esplose: le piattaforme (Schlern/Sciliar) si estesero fino a spessori di centinaia di metri, prima che un evento vulcanico avvenuto a metà del Triassico interrompesse bruscamente la quiete marina. Il magmatismo lasciò ceneri, lave basaltiche e intrusioni poco profonde (Monzoni–Predazzo), che oggi tagliano e cingono le “scogliere pietrificate” come vene scure nella pasta calcarea. In seguito le piattaforme vennero sommerse dal mare e nel Triassico superiore e nel seguente Giurassico si aprì la Tetide occidentale, l’antico oceano esteso in direzione Est-Ovest che separava i blocchi continentali di Gondwana (a sud) e Laurasia (a nord). Questo evento provocò una enorme compressione che piegò e accavallò strati su strati di sedimenti, trasformando un arcipelago tropicale nelle montagne che vediamo oggi.
Così, mentre si cercano parcheggi e seggiovie, le pareti raccontano di milioni di stagioni: arenarie, dolomie massicce, cenere, fango, mare basso e abissi, piattaforme, collassi e riprese, in una coreografia regolata da tettonica e livello del mare.

Il Monte Prà della Vacca, dove affiora la flora dell’Anisico in stato di conservazione eccezionale (foglie, coni, semi, persino spore in situ), è un luogo privilegiato per comprendere la storia geologica delle Dolomiti: felci, cicadofite e conifere, e perfino l’unico scheletro di rettile finora noto in Alto Adige, a testimonianza della antica presenza di ecosistemi complessi.
Le Dolomiti non sono solo “cattedrali di roccia”, ma anche archivi di mari scomparsi, barriere coralline fossili, foreste triassiche e… colpi di scena scientifici degni di un romanzo.
Gordonopteris lorigae è una felce del Triassico medio rinvenuta proprio sul Monte Prà della Vacca, Kühwiesenkopf in tedesco, nelle Dolomiti di Braies. Questa felce è stata descritta come nuovo genere e specie a partire dalle sue fronde che hanno caratteristiche uniche. Il nome è un doppio omaggio: alla geologa e paleontologa scozzese Maria Matilda (May) Ogilvie Gordon, pioniera degli studi dolomitici e tra le prime donne a ottenere riconoscimenti accademici d’eccellenza in Europa, e all’italiana Carmela Loriga Broglio, specialista degli invertebrati e delle piante fossili delle Alpi meridionali.


“May” Ogilvie Gordon (1864–1939) ottenne il Doctor of Science a Londra (1893) e il PhD a Monaco (1900). Incoraggiata da Ferdinand von Richthofen a esplorare le Dolomiti nel 1891, svolse ricerche di campo in Val Gardena e a San Cassiano e pubblicò oltre 30 studi che riconoscevano il ruolo delle spinte e delle pieghe crostali, studi che superavano la visione ottocentesca di un’origine unicamente corallina dei massicci. Pubblicò anche guide geologiche divulgative antesignane del geoturismo dolomitico attuale.
Attiva anche nel sociale, difese i diritti di donne e bambini, si candidò con i Liberali nel 1922 e collaborò con alcune associazioni femminili della Società delle Nazioni; onorata con il titolo di Dame, è ricordata come scienziata d’avanguardia e figura chiave per la conoscenza e la valorizzazione culturale delle Dolomiti.
Carmela (Carmen) Loriga Broglio (1929–2003) fu professoressa ordinaria di Paleontologia all’Università di Ferrara e studiosa di riferimento degli invertebrati e delle successioni triassiche delle Alpi meridionali. Laureata a Ferrara e formatasi tra Farmacia e Scienze Naturali, svolse intensa attività di ricerca e museologia scientifica, contribuendo al Museo dell’Istituto di Geologia dell’Ateneo e alla divulgazione della paleontologia. I suoi lavori stratigrafico-paleontologici sono stati importanti per molti studi successivi e nel 2004 l’Università di Ferrara le ha dedicato una Giornata di Studi per celebrarne il lascito scientifico e didattico.

Il merito della scoperta della Gordonopteris lorigae va al collezionista e divulgatore pusterese Michael Wachtler, che segnalò nel 1999 la località fossilifera di Monte Prà della Vacca, avviando recuperi e collaborazioni scientifiche che portarono allo studio di una flora anisiana eccezionalmente conservata e di una fauna rara. Questi ritrovamenti sono poi stati organizzati in musei e collezioni pubbliche dove possono essere indagati e condivisi. Tra i fossili spicca l’unico scheletro di rettile finora noto in Alto Adige, Megachirella wachtleri, rinvenuto da Wachtler nel 1999 e in seguito descritto in prima istanza da Silvio Renesto e Renato Posenato; oggi riconosciuto come il più antico antenato noto degli squamati (lucertole e serpenti), con un’età di oltre 242 milioni di anni. Alla stessa campagna di ricerche si devono anche rari pesci triassici, tra cui Saurichthys, Bobasatrania, Peltopleurus, Dipteronotus, un’associazione insolita per numero e qualità degli esemplari.

Ogni reperto fossile rinvenuto nelle Dolomiti è il prodotto di un ecosistema specifico e la sua conservazione contribuisce alla conoscenza degli ecosistemi antichi e alla datazione dei sedimenti geologici.
Gordonopteris lorigae è un promemoria vegetale: una fronda triassica che unisce una scozzese e un’italiana, due approcci complementari e una montagna che sa premiare la pazienza di chi la interroga. Un piede sulla roccia, l’altro in laboratorio, nelle Dolomiti la scienza cammina, misura, mappa, litiga con i profili stratigrafici e poi, ogni tanto, gioisce: non per aver raggiunto la vetta, ma per una foglia impressa in una roccia che racconta una storia di 240 milioni di anni fa.
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Articolo di Sabina Di Franco

Geologa, lavora nell’Istituto di Scienze Polari del CNR, dove si occupa di organizzazione della conoscenza, strumenti per la terminologia ambientale e supporto alla ricerca in Antartide. Da giovane voleva fare la cartografa e disegnare il mondo, poi è andata in un altro modo. Per passione fa parte del Circolo di cultura e scrittura autobiografica “Clara Sereni”, a Garbatella.
