India del nord

Andando a ritroso nel tempo trovo il mio primo viaggio in India, quello dell’agosto 2010, compiuto da sola con la compagnia “Viaggi Avventure nel mondo”. Desideravo molto visitare l’India, me ne ero innamorata e non volevo sentire ragioni, ci sarei andata anche senza mio marito. Era il primo viaggio senza di lui e mi sentivo inebriata di libertà. Pensavo all’India come a qualcosa di molto antico, un luogo dove era nata la sapienza filosofica prima che nel mondo greco. Non sapendo da dove cominciare, ho scelto il programma di viaggio da cui molti iniziano: il Rajasthan, lo stato nel nord-ovest. L’India intera è una terra dove passato e presente si fondono, dove la spiritualità e il modo di vivere pacifico coinvolgono ogni aspetto della società.

Preparati passaporto e visto, il punto di ritrovo era l’aeroporto di Malpensa: il gruppo era formato principalmente da coppie, ma anche da persone singole come me. Tutti e tutte avevano lo zaino in spalla e il quaderno di viaggio che la compagnia consegna a ciascuno/a, dove si trovano articoli di scrittori o scrittrici che hanno voluto raccontare qualcosa sull’India. Per questa avventura ci affidavamo a una coordinatrice esperta, che era già stata in India molte volte e che, ci disse, si era portata i suoi vestiti indiani da indossare una volta arrivati. L’arrivo a Delhi era segnato da un caldo afoso, poco mitigato dal condizionatore della camera d’albergo che faceva più rumore che fresco. La cena per creare gruppo era stata molto bella, con tutti i tipici cibi indiani impiattati in ciotoline d’acciaio, ognuna su un vassoio. Una bevanda tipica che ho gradito era il succo di canna da zucchero, molto energetico e rinfrescante. Ci diedero i famosi samosa, fagottini ripieni di patate e spezie, e il naan, un pane morbido e leggermente lievitato, cotto nel forno tandoor, con il pollo tandoori, marinato in yogurt e spezie.

Il magnifico Taj Mahal

Agra era la nostra prima destinazione per visitare il Taj Mahal, il monumento più famoso del subcontinente indiano. Il momento propizio consigliato per la visita è l’alba e così fu per noi; una levataccia bel giustificata che però non ci risparmiò la coda all’ingresso, formata da visitatori e visitatrici provenienti da tutta l’India. Letteralmente da togliere il fiato, il Taj Mahal è una delle sette meraviglie del mondo il cui sfarzo è quasi prepotente, come la sua smisurata ricchezza; sembra galleggiare sull’acqua del grande fiume. Il più grande monumento dedicato all’amore che l’uomo potesse mai costruire, il Taj è una sinfonia di marmi candidi, il quarzite bianco del Brasile, e delicate decorazioni di intarsi in pietre preziose.

ll Tāj Maḥal è un mausoleo, costruito nel 1632 dall’imperatore moghul Shāh Jahān in memoria dell’amatissima moglie Arjumand Banu Begum, meglio conosciuta come Mumtāz Maḥal, di cui si può ammirare la tomba a cui si aggiunse, anni dopo, quella del marito. Il Rajasthan è un luogo ricco di palazzi da fiaba, templi antichissimi fregiati da milioni di decori dagli infiniti significati. Sarebbe più adeguato mostrare solo le fotografie di quei luoghi che da sole saprebbero incantare chiunque. Ogni tappa del nostro viaggio fu un regalo di bellezza.

Una porta di un palazzo Moghul

Dopo Agra siamo stati a Fatehpur Sikri — conosciuta in italiano anche come Città della vittoria — che ospita le rovine di una antica città Moghul, con il grande palazzo reale, la sala delle udienze, i padiglioni e i monumenti funebri, il tutto racchiuso tra imponenti mura di arenaria rossa e maestosi portali. La costruzione iniziò nel 1570 ed è un connubio tra indù e mondo islamico; oggi rimane una moschea.
Sulla strada verso Jaipur, ormai verso il tramonto, abbiamo visitato Abhaneri, piccolo villaggio che ospita il pozzo a gradoni, risalente al VII secolo, tra i più profondi dell’India, conosciuto come Chand Baori. È stato veramente impressionante e ipnotizzante, come se fosse un disegno di Escher, vedere quelle scale che scendono nel pozzo che doveva garantire l’acqua in tutte le stagioni.

Il palazzo dei Venti, Jaipur

Jaipur, conosciuta come città rosa, ci ha sorpreso per i suoi palazzi rosati: il palazzo dei Venti, alto cinque piani, risale al 1799 e presenta una curiosa facciata in stile barocco con infinite finestrelle chiuse da schermi in arenaria filigranata, che servivano alle donne di corte per assistere alle feste senza essere viste. Peccato che oggi si trovi a ridosso di una strada trafficatissima che ne rovina la prospettiva. Nei paraggi della città si trova un osservatorio astronomico, il Jantar Mantar, uno spettacolare e intrigante antico osservatorio fatto costruire tra il 1728 e il 1734, che ospita colossali meridiane tra le più grandi del mondo e varie strutture per controllare l’inclinazione del sole o per ottenere informazioni utili alla compilazione degli oroscopi.

Il forte Amber

Non lontano si visita il forte Amber, affascinante e decoratissimo, dove la salita è eseguita con gli elefanti, super decorati e bardati. Mentre aspettavamo la partenza con gli elefanti abbiamo assistito alle riprese di una scena di un film di Bollywood, un vero tripudio di colori e suoni.

Il set cinematografico ad Amber

Ajmer è a sud-ovest del Rajasthan, famosa per essere un luogo di pellegrinaggio per i musulmani e giainisti che ospita la tomba di un santo sufi molto venerato in India, Moinuddin Chisti. Si tratta di un complesso di edifici in marmo bianco sormontati da cupole, che accoglie ogni anno una moltitudine di pellegrini. Il colpo di fulmine per me è stato il “tempio rosso”. Questo tempio giainista è incredibile, in particolare la sala principale che ospita la Città d’oro, piena di sculture ricoperte d’oro che rappresentano personaggi e avvenimenti della religione giainista. Ajmer è stata anche la città di un mistico musulmano del XII secolo e qui convergono ogni anno almeno mezzo milione di fedeli per il giorno in cui se ne commemora la morte.
Siamo partiti poi verso Pushkar, la città sacra nata dalle mani del dio Brahma. Pushkar è una delle città più antiche dell’India e si affaccia sull’omonimo lago che, secondo la tradizione, ha avuto origine dalle lacrime del dio. Abbiamo visitato l’unico tempio esistente in India dedicato a Brahma, mentre più numerosi sono quelli al dio Schiva e al dio Vishnu; in tutti i templi i santoni ricevono pellegrini/e e turisti/e per divulgare i loro consigli.

Due Sadhu

Poi abbiamo proseguito in direzione di Jodhpur, conosciuta come la “città blu” per il colore con cui sono costruiti la maggior parte degli edifici. Jodhpur è la seconda città del Rajasthan ed è stata la sede di una delle più celebri dinastie di Maharaja dell’India.

Jodhpur, la città blu

L’imponente Forte di Mehrangarh dalla collina domina il centro abitato e comprende numerosi edifici, compreso un museo che conserva le ricche collezioni dei Maharaja, in cui sono ancora presenti numerosi cannoni. In seguito abbiamo visitato il Jaswant Thada, imponente cenotafio di marmo bianco, e siamo saliti poi a bordo di un tradizionale tuc-tuc per un giro nella città vecchia.
Abbiamo raggiunto Ranakpur dove si trova un bellissimo tempio jainista che, oltre che per l’architettura del tempio e il suo grande numero di pilastri, è famoso per la notevole popolazione di scimmie che vivono nei boschi attorno al tempio. Per la sua costruzione sono stati utilizzati marmi colorati dalla luce.

Cupole shikhara a Ranakpur

Il tempio, con le sue cupole shikhara, si erge maestoso dal pendio di una collina. Quasi 1500 colonne di marmo sostengono il tempio, scolpite nei minimi dettagli, tutte diverse l’una dall’altra. Credo sia impossibile contare i pilastri, visto il loro grande numero e la loro estrema vicinanza gli uni con gli altri. Inoltre tutte le statue sono disposte una di fronte all’altra.

Eccoci a Udaipur,città dei laghi che le offrono un aspetto pittoresco. Qui i molti palazzi del Seicento che si riflettono nel lago Pichola sono oggi trasformati in hotel di lusso. Come di consuetudine per questo periodo storico si trovano molte finestre a filigrana, costruite con un’unica lastra di pietra forata, che permetteva alle donne di corte di guardare fuori senza essere viste. È una città ricca di storia e di arte con musei ricchi di oggetti di inestimabile valore. Gode, inoltre, di ottimo artigianato, in particolare quello delle pitture in miniatura.

Il miniaturista a Udaipur

La visita della città ha compreso anche il Jagdish Mandir, noto anche per le sue sculture erotiche che si ispirano al Kamasutra. Nel nostro viaggio col pullmino abbiamo attraversato molti centri abitati, molti piccoli villaggi, incontrando gente semplice dedita ai loro lavori: la preparazione di cibo di strada, i lavori di edilizia, gli scolari e le scolare che sorridono fuori dalla scuola con le loro uniformi differenti in base ai vari ordini di scuola, ma anche tante donne occupate nel trasporto dell’acqua o impegnate in fabbriche.

Universitarie di Udaipur

Noi abbiamo visitato la fabbrica della carta, semplice o elaborata, mentre stavano preparando i sacchetti da mandare in Europa a Natale.

Operaie in una fabbrica della carta

Il viaggio stava quasi terminando, ci restava la città di Bikaner, circondata da mura merlettate in arenaria rossa. L’interno è un dedalo di stradine percorribili solo in moto o in tuk-tuk, dove si susseguono bellissime haveli, le case tradizionali dei ricchi mercanti del XVII secolo. Appena fuori dalla città si trova il famoso tempio dei topi, che ospita migliaia di topi venerati dai fedeli che portano loro cibi e bevande, in genere latte. Sapendo che avremmo visitato questo tempio mi ero procurata una scorta di soprascarpe da ospedale che sono stati utilizzati da tutto il gruppo, dovendo, come per ogni tempio, togliere le proprie scarpe.

In una delle ultime sere abbiamo assistito a uno spettacolo di marionette, che hanno una lunga tradizione in India, soprattutto in Rajasthan. Non hanno né gambe, né piedi e la parte inferiore è costituita da un’ampia gonna di stoffa di tipo medievale; barbe, baffi e turbanti per i maschi, gioielli per le donne. Attratta da queste marionette non ho resistito alla tentazione di acquistarmene due, un principe e una principessa, che negli anni successivi avrebbero divertito le mie nipotine.

Le marionette acquistate a Bikaner

Nello zaino ho infilato anche un paio di miniature abilmente eseguite con finissimi pennelli: un elefante e una tigre, perfetti simboli della mia amata India.

Miniatura con elefante

Anni dopo questo viaggio in Rajasthan, mentre mi occupavo di tematiche ambientali, venni a conoscenza di un fatto molto interessante riguardante proprio le donne del Rajasthan, protagoniste della difesa degli alberi che un maharaja aveva ordinato di tagliare per far costruire il suo palazzo.

Le donne hanno molta cura della natura

Le donne, a difesa della natura, si abbracciarono agli alberi a costo della loro vita. Dopo averne uccise molte, il maharaja si arrese e lasciò vivere sia le donne che gli alberi. Negli anni ’70 si ripeté la stessa cosa contro la deforestazione in India all’interno di una campagna finanziaria delle multinazionali dei diserbanti: è la storia delle donne Chipko, parola che significa abbraccio, a cui dobbiamo un grande insegnamento.

In copertina: Palazzo bianco sul lago Pichola in Udaipur, Rajasthan, India.

***

Articolo di Maria Grazia Borla

Laureata in Filosofia, è stata insegnante di scuola dell’infanzia e primaria, e dal 2002 di Scienze Umane e Filosofia. Ha avviato una rassegna di teatro filosofico Con voce di donna, rappresentando diverse figure di donne che hanno operato nei vari campi della cultura, dalla filosofia alla mistica, dalle scienze all’impegno sociale. Realizza attività volte a coniugare natura e cultura, presso l’associazione Il labirinto del dragoncello di Merlino, di cui è vicepresidente.

Lascia un commento