Colta, intelligente, arguta, dal corpo minuto nell’epoca delle “maggiorate”, Adelaide Aste si fece strada per le sue qualità di interprete versatile, di donna libera, di persona vivace e curiosa; fu così per oltre un sessantennio protagonista delle scene teatrali e del panorama cinematografico internazionale. Ci ha lasciato serenamente nella notte fra il 30 e il 31 luglio in una clinica romana a 94 anni, era nata infatti a Milano il 30 aprile 1931 da una famiglia borghese. Amava raccontare che nell’infanzia era stata una bambina problematica, sempre appartata, chiusa, triste per cui i genitori tentarono ogni rimedio, compresa la psichiatria, ma senza grandi risultati. Per sua scelta, diventata adulta, si legò di amicizia con il celebre psicanalista Cesare Musatti e nel teatro cercò una risposta alle sue insicurezze. Iniziò, quasi senza accorgersene, la luminosa carriera di Adriana Asti.

Nei giorni successivi alla scomparsa e al funerale, celebrato nella Chiesa degli Artisti in piazza del Popolo, il suo ricordo è comparso su ogni quotidiano e poi in periodici di vario tipo, perciò è impossibile aggiungere qualcosa di originale a quanto scritto da tante penne illustri, magari anche da chi la conobbe e frequentò, sia nel mondo dello spettacolo sia nel più ampio ambito intellettuale. Degno di nota il fatto che le reti Rai le abbiano riservato due omaggi significativi: Rai Storia ha riproposto il confronto di Adriana con Silvana Pampanini sul tema del divismo, nella trasmissione Match del 1978, guidate nell’amabile disputa da Alberto Arbasino (questa era la tv di una volta…). Una ovviamente rappresentava la bellona dal fisico prorompente, lei la “maggiorata mentale”, dal volto espressivo illuminato da grandi occhi neri. Rai 5 invece ha trasmesso lo speciale In scena, per la regia di Barbara Pozzoni (da recuperare su Rai play), in cui l’attrice ripercorreva la sua vita privata e la sua carriera: dalla relazione con Bernardo Bertolucci, all’amicizia con Pasolini, Morante, Moravia fino al sodalizio con il regista Giorgio Ferrara.

Bene ha fatto Rai Cultura perché, fra le molte attività di Adriana, c’è stata una ricca produzione di sceneggiati e prosa per la radio e per la televisione, dal 1954 ai primi anni Settanta. Nel 2023 fu tra le protagoniste di una puntata della trasmissione Le ragazze in cui raccontava gli esordi e i momenti salienti della sua professione. Prima di scorrere la sua lunga esistenza, non possiamo fare a meno di inserire un ricordo indelebile: fra le mille interpretazioni, i mille ruoli, nel cinema, in teatro, alla tv, spicca il personaggio di Adriana, nel capolavoro La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, che fu una fucina di giovani talenti e che rimane una pietra miliare nella trattazione di un quarantennio di storia italiana. È la mamma dei due protagonisti Matteo e Nicola che, mentre è in classe, alla cattedra e sta insegnando, si alza e lascia tutto, così, senza una parola, è la mamma che, dalla casa del figlio poliziotto suicida, porta via dei sacchetti di libri, come potessero servire ancora, ma la forza le manca e rischia di cadere, sorretta amorevolmente dai suoi cari.

Due scene che rimangono vive nella mente e bastano per comprendere la grandezza di una attrice; per questo ruolo vinse uno dei suoi tre Nastri d’argento nel 2004, ma pure il Ciak d’oro e il Globo d’oro — Gran premio della Stampa estera.
Aveva iniziato con Plauto, appena ventenne, ma già a 18 anni aveva trovato il coraggio di lasciare la casa paterna per seguire una compagnia itinerante dal nome significativo: Il Carrozzone, che, come quelle del passato, girava la provincia italiana nel dopoguerra con i propri spettacoli, diretti dal fondatore Fantasio Piccoli. Partì all’avventura e non tornò, nonostante le perplessità dei genitori. Luchino Visconti la volle nel Crogiuolo di Arthur Miller per portarla poi sul set di Rocco e i suoi fratelli e, anni dopo, di Ludwig. Nel 1973 fece scandalo la sua interpretazione di Vecchi tempi di Pinter per cui Visconti la fece svestire, senza l’approvazione dell’autore; lei però accettò tranquillamente e in seguito disse: «Andai in scena senza niente, capii che era stupendo. Nessuno ascoltava, potevi dire qualunque cosa». Ancora scandalo per Caligola di Tinto Brass, film vietatissimo e super-censurato. Una curiosità poco nota riguarda proprio Brass; fra i numerosi impegni di Adriana c’era stata nel 1979 una trasmissione televisiva: Sotto il divano, uno dei primi talkshow in cui aveva il compito di scavare dietro le apparenze, guardare dietro la maschera, in modo sbarazzino e spregiudicato, personaggi importanti dello spettacolo, della politica, dell’arte. Una sera l’ospite fu il regista Tinto Brass che, con la sua verve abituale, si esibì in una filastrocca dal contenuto assai osé; la trasmissione fu chiusa e non ebbe più séguito.

Il cinema le ha offerto ruoli indimenticabili, successi e collaborazioni prestigiose: Prima della rivoluzione di Bertolucci, Una breve vacanza di De Sica (Nastro d’argento nel 1974), L’eredità Ferramonti di Bolognini (altro Nastro d’argento nel 1977), Il fantasma della libertà di Buñuel, Accattone di Pasolini dove interpreta la prostituta Amore, Pasolini di Abel Ferrara in cui è Susanna, la cara madre del protagonista, presentato al Festival di Venezia nel 2014, Nome di donna di Giordana, sua ultima apparizione sugli schermi nella parte di una ex attrice malinconica (2018).

«Lavorare con questi Maestri, così pieni di talento, per me è stato un privilegio assoluto. Qualcosa mi hanno sicuramente trasmesso, anche senza volerlo» (dichiarò anni fa in un’intervista al giornalista Giacomo Aricò, Vogue Italia, 31-7-25).

Indubbiamente però il mondo di Adriana è stato il teatro, la sua grande passione. «Dal teatro non sono mai più andata via. Una volta che si sale sul palcoscenico, non si scende più. A teatro si vive una vita non vera ma molto bella, che ti fa sentire un essere di un altro mondo». Grazie proprio al teatro, durante la tournée americana dell’Orlando furioso, conobbe Giorgio Ferrara che le fu poi compagno di vita e che sposò nel 1982. Adriana era reduce da un primo sfortunato matrimonio, annullato dalla Sacra Rota, con l’artista Fabio Mauri; con notevole spirito raccontava che un giorno, come accade in qualche film di serie B o romanzetto rosa, aveva detto al marito che sarebbe scesa a comprare le sigarette e non tornò più. Ma Ferrara, assai più giovane di lei che lo definiva affettuosamente “pischello”, eppure morto due anni fa, significò non solo un solido legame, ma anche un prezioso collaboratore per la sua carriera. Le offrì infatti il ruolo di protagonista nei film Un cuore semplice (1977) e Tosca e altre due (2003), la diresse in teatro (Trovarsi di Pirandello) e l’accompagnò pure sul palcoscenico, con lo spettacolo Danza macabra di Strindbergper la regia di Luca Ronconi (2014), in cui interpretavano la coppia Edgar e Alice impegnata in un gioco al massacro dai toni vampireschi.

La Biennale di Venezia la ricorda per la sua partecipazione sia alla Mostra Internazionale del Cinema, dal lontano 1960 in poi, citando fra l’altro Il prete bello per la regia di Carlo Mazzacurati (1989) e L’ultimo pulcinella diretto da Maurizio Scaparro, a fianco di Massimo Ranieri (2008), sia al Festival Internazionale del Teatro. E qui entriamo nel vivo della carriera di Adriana Asti come attrice teatrale per le firme più importanti del panorama italiano e non solo. A Venezia arrivò la prima volta nel 1954 con un testo di Malaparte, l’anno dopo fu diretta da Squarzina, nel 1961 fu La cameriera brillante di Goldoni, per la regia di De Bosio.
A proposito di registi stranieri, è da citare la sua memorabile interpretazione di Winnie in Giorni felici di Beckett nell’edizione dello statunitense Bob Wilson, un “artista totale” che, per uno strano caso, è venuto a mancare il suo stesso giorno; uno spettacolo particolarmente originale per il Festival di Spoleto 2009 che la rivista Sipario definì «potente, abbagliante, intenso, dolente e ironico». Ancora a Spoleto, nel 2013, Adriana fu la protagonista di La voce umana e Il bell’indifferente di Jean Cocteau, una prova di coraggio e tenacia per una ultraottantenne piena di vitalità.
L’elenco dei suoi molteplici ruoli, ora drammatici (Rosa Luxemburg) ora deliziosamente leggeri (Mirandolina, ad esempio), ora malinconici ora decisamente brillanti, sarebbe davvero lungo, quindi ci limitiamo a segnalare alcune collaborazioni significative. Iniziamo con la collega e amica Franca Valeri, artista altrettanto poliedrica e spiritosa, con cui si divertì molto a lavorare in Tosca e altre due. La regista Andrée Ruth Shammah la diresse in La Maria Brasca e per lei scrisse Memorie di Adriana, insieme a René de Ceccatty, «dove giocava col tempo e con sé stessa, con leggerezza» (Anna Bandettini su la Repubblica il 1° agosto). La scrittrice Natalia Ginzburg creò la commedia Ti ho sposato per allegria modellandola sulla sua personalità brillante, nemica della noia e delle abitudini (debutto il 14 maggio 1966 a Torino per la regia di Luciano Salce; premio Saint Vincent-Maschera con lauro d’oro). Anche Giuseppe Patroni Griffi compose un testo a sua misura: Gli amanti dei miei amanti sono miei amanti, in cui la diresse nel 1982. Susan Sontag curò la regia, caso unico nella propria carriera di illustre scrittrice, storica, filosofa, di Come tu mi vuoi di Pirandello a Torino (1979-80), ma l’aveva voluta in precedenza nel film svedese Una tarantola dalla pelle calda (1969) in cui le assegnò il ruolo dell’italiana Francesca.
La coreografa e danzatrice americana Lucinda Childs, eccezionalmente nelle vesti di regista, la accompagnò in una originale avventura: La ballata della Zerlina di Hermann Broch, al Festival di Spoleto (luglio 2019).

Questa fantastica donna dai tanti talenti è stata anche pittrice dalla vena surreale, come testimonia chi ha visitato la sua casa, e una doppiatrice importante che ha dato voce ed espressività a famose colleghe, italiane e straniere, da Stefania Sandrelli a Claire Bloom, da Marisa Allasio a Magali Noël. Significativa pure come scrittrice e commediografa, ha composto infatti due testi teatrali originali: Caro professore e Alcool; è stata autrice di Romanzo, comparso a puntate nella rubrica “Proibito” del settimanale L’Espresso; nel 2007 è uscito in Francia il suo romanzo Rue Férou, pubblicato in Italia con il titolo La lettrice dei destini nascosti (Piemme, 2010). Del 2011 è Ricordare e dimenticare, volume realizzato con René de Ceccatty; sei anni dopo uscì: Un futuro infinito. Piccola autobiografia (Mondadori, 2017). Con i colleghi Giorgio Albertazzi e Glauco Mauri aveva collaborato alla stesura di Ragazzi terribili raccontano senza inibizioni 60 anni di vita d’Italia (Rizzoli, 2010).

Abbiamo già citato alcuni dei premi ricevuti da Adriana Asti, ma altri, assai prestigiosi, vanno ancora menzionati: il David speciale nel 1974, il premio Duse nel 1993, il premio Flaiano alla carriera-sezione teatro 1999 e il Nastro d’argento speciale nel 2015. Un bellissimo omaggio le è arrivato giusto dieci anni fa quando il regista Rocco Talucci, insieme a Maurizio Pusceddu, le dedicò il documentario A.A. Professione attrice, presentato alla decima edizione della Festa del Cinema a Roma, in cui ripercorre la sua lunga, affascinante carriera grazie a immagini, interviste e spezzoni di spettacoli e di film.
Non si può che concludere con una sua frase, breve e fulminante, riportata dal giornalista Aricò; quando nell’intervista citata le chiese: «Signora Asti, come si fa a interpretare un’altra persona?», lei rispose: «Dentro di sé si trova tutto. Chiunque dentro sé stesso può trovare tutto». Che sia questo il segreto di chi sa essere una attrice indimenticabile?
In copertina: Adriana Asti con Franca Valeri.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie negli Istituti superiori, pubblicista, dal 2012 collabora con l’associazione Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni, fornisce consulenze alle amministrazioni locali. Fra 2016 e 2017 ha realizzato come coautrice tre libri: Donne mal dette e nascoste nel territorio e nelle strade italiane, Le Mille e Pistoia.Tracce, storie e percorsi di donne. Nel 2018 ha scritto e curato la guida al femminile: La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne. Nel 2025 ha curato il volume Le Nobel per la letteratura.
