Cara Fulvia,
sono seduta sul sedile di questo treno da più di quattro ore; manca poco e sarò nella tua amata Puglia. Ho trascorso il tragitto da Roma a Bari rannicchiata sul sedile, con le gambe sotto il mento e Rive adriatiche tra le mani. Nel tempo che ormai è alle mie spalle ho letto i primi capitoli del tuo viaggio, quelli in cui descrivi «l’amena spiaggia di Noia Cattaro», la «Turris lapillosa alta, quadrata e bruna» e Mola di Bari, «l’antica e fiera Città, ribelle ad ogni Signoria, industriosa, produttiva, calma ed operosa. [La città] Si specchia nel mare, che come in tersa spera, riflette i campanili, le torri merlate delle sue antiche fortificazioni, e le belle e solide mura del suo nuovo porto. Maestosi boschi di carrubi e di ulivi la ricingono proteggendola a ponente».
Leggo queste pagine stampate, memorie di un viaggio conservate tra le righe, e ti immagino seduta come me, abbigliata della giubba turchino e dei pantaloni celesti mentre, sotto la falsa identità del Tenente Y, scrivi queste carte con gli occhi pieni di stupore e di quotidiana realtà. Nella mia fantasia, ti vedo poggiare la penna stilografica, toglierti una delle buffetterie bianche e afferrare con le dita affusolate uno dei tuoi ricci ribelli per ricacciarlo sotto il copricapo.
A ispirare la mia immaginazione è stato l’aneddoto raccontatomi da una tua corregionale. Era una sera d’estate e io e questa anziana signora ce ne stavamo in veranda a sorseggiare un buon bicchiere di Negroamaro. Non so come e non so perché, — immagino stessimo parlando di donne, di vite e di morti femminili cadute nell’ombra — ma a un certo punto ha iniziato a parlarmi di te. Così ho fatto la tua conoscenza:
«Mentri lu figghj Armando assai ntiso, chesta granne donna a ricordane ‘nu picche… ma non iju!». L’incomprensione dialettale si manifesta palese sul mio volto e la costringe a cambiare registro.
«Fulvia Miani è nata qui vicino, a Polignano a Mare, nel 1844. Sua madre, la ricca vedova del Marchese La Greca, sposò suo padre Nicola, prima triumviro e poi sindaco della città, un anno prima della sua nascita. Il matrimonio con Gaetano Perotti viene celebrato nel 1864 e l’anno dopo nasce il figlio Armando, futuro scrittore, poeta e giornalista. Gli anni trascorsi a Gaeta, dove si trasferiscono dopo che il marito ha assunto il comando del Castello Angioino, sono celebri per l’amicizia che i due coniugi instaurano con Giuseppe Mazzini, prigioniero della fortezza. Torneranno in Puglia, a Bari, nel 1874, l’anno di Voluntas». Sorride, beve un sorso del suo vino e rinizia a parlare:
«Sgamat! Ha scigghiute Voluntas cce pseudonimo. E lo sai che vuol dire? Vai, vai a vedere!».
Eseguo l’ordine e cerco sul vocabolario Treccani: «lat. voluntas -atis, dal tema vol- delle forme volo, volui di velle; v. volere. La facoltà e la capacità di volere, di scegliere e realizzare un comportamento idoneo al raggiungimento di fini determinati; il fatto di volere, e ogni singolo atto e comportamento volitivo; manifestare un atto volitivo; desiderio; passione».
«E cià! Nisciunu termine sarìa statu chiù appriopriate! Pensa che si deve a lei l’istituzione della prima scuola femminile professionale nell’Italia Meridionale per le figlie dei marinai. E poi fu presidente dell’associazione cattolica Dame della Carità e dirigente della Croce Rossa. Senza dimenticare che durante la Prima guerra mondiale diresse il Comitato di Assistenza civile che forniva assistenza ai soldati e alle loro famiglie.
Ah, Ce donna…. e ce Scrittora! Novelle, articoli, racconti: scriveva di tutto! Mi vengono in mente Apeneste, articolo pubblicato nel 1884 sulla Rassegna Pugliese, e i tre racconti odeporici Su pe’ Colli, Riva Adriatica, Nella Magna Grecia che, invece, uscirono nel volume Profili e paesaggi. Il primo racconto è un insieme di annotazioni sulla storia locale dell’alta Murgia barese, sul territorio e le tradizioni popolari cassanesi. La trama di Nella Magna Grecia si dipana intorno all’arrivo di forestieri ospiti dei feudatari del luogo. L’obiettivo della narrazione è descrivere i fasti storici della Magna Grecia e, insieme, per contrappasso, le condizioni di arretratezza in cui versavano quegli stessi luoghi.
Il mio preferito, però, è Rive adriatiche, racconto di viaggio di un militare di stanza a Cisternino in cui a ogni capitolo corrisponde una fermata del treno lungo la linea adriatica da Noia Cattaro, attraverso Mola, Conversano, Polignano, Monopoli, Fasano…».
Mi avevi incuriosita e così da quel giorno mi sono messa sulle tue tracce, e oggi ripercorro il viaggio che hai descritto fino alla tua città natia, sperando di trovarti.
«La macchina fischiò e la ridente cittadina mi apparve adagiata sugli alti scogli, spenzolata sul mare tempestoso, pari a grosso masso che voglia precipitar giù nei suoi gorghi profondi. […] È pulita, bianca, e di recente ampliata. Ridenti campagne la prospettano da tre lati: gli aranci la profumano, gli ulivi la fanno ricca, i mandorli, i melagrani, i peschi ed i susini la rallegrano coi loro fiori giocondi, il mare colle sue caverne vaste, scure, rumoreggianti la rendono fantastica; e nella stagione dei bagni è stazione oltremodo lieta ed attraente».

Se non fosse per le campagne, è rimasto tutto come centocinquantacinque anni fa.
Guardando la città attraverso i tuoi occhi riesco a coglierne la sua bellezza malinconica e la sua fragilità vigorosa: sul filo del precipizio, Polignano resiste al mare che sembra voglia inghiottirla (forse per portarla giù con sé come un tesoro prezioso da custodire).
Esco dalla stazione e giro in Viale della Rimembranza — mi sembra un buon punto da dove iniziare una passeggiata alla ricerca della tua memoria —; dopo duecento metri proseguo dritta per Piazza caduti di Via Fani e poi per Via Neapolis. Continuo il tragitto prendendo la strada che porta a Piazza Giuseppe Garibaldi e da lì svolto due volte a destra fino a raggiungere Via Gelso. Continuo dritta per sedici metri, giro a destra su Vico Morto e poi ti trovo, nella piazzetta a te dedicata, su quella targa con inciso il tuo nome: “Piazzetta Fulvia Miani-Perotti; scrittrice, 1844-1931”.

Da quel primo incontro, quella sera d’estate in cui ho fatto la tua conoscenza, è passato più di anno. La vita frenetica, gli impegni, la distanza, mi hanno costretta a rimandare il nostro appuntamento. Ma oggi, finalmente, armata di una buona dose di voluntas, sono riuscita a incontrarti.
In copertina: Fulvia Miani e una mappa antica di Polignano.
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Articolo di Sveva Fattori

Diplomata al liceo linguistico sperimentale, dopo aver vissuto mesi in Spagna, ha proseguito gli studi laureandosi in Lettere moderne presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza con una tesi dal titolo La violenza contro le donne come lesione dei diritti umani. Attualmente frequenta, presso la stessa Università, il corso di laurea magistrale Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione.
