Negli ultimi giorni, prima che chiudesse, ho visitato la mostra Corpi e città. Paesaggi urbani performativi, aperta al pubblico gratuitamente a Roma, dal 29 maggio al 30 giugno 2025, presso il Museo dell’Arte Classica dell’Università La Sapienza, Facoltà di Lettere e Filosofia, in piazzale Aldo Moro 5.
Mi incuriosiva il titolo, il legame tra corpi e città, che un po’ mi richiamava il tema del prossimo convegno di Toponomastica femminile. Leggo infatti nel programma che al XIV convegno dell’associazione, che si terrà a Roma il 23 e il 24 ottobre prossimi, e avrà come titolo Tutta mia la città, si parlerà di “città equa e condivisa”, una città a misura di donna, di sguardi sulla città intesi a cogliere gli stereotipi che ancora caratterizzano lo spazio pubblico, di figure e corpi che vi abitano.
Così, in attesa di ascoltare le relazioni delle illustri personalità che interverranno, sono andata con grande curiosità a vedere la mostra.
Curata da Gianni Celestini, Giulia Marino e Annalisa Metta, è stata una mostra piuttosto inusuale e diversa dalle solite esposizioni, perché trattava tematiche filosofiche, nello specifico di filosofia politica. Affrontava i modi in cui i corpi abitano, attraversano e risignificano gli spazi pubblici, prendendo in considerazione diversi ambiti: fotografia, sociologia, architettura e arti visive.
Il percorso espositivo era caratterizzato da cinque sezioni principali: Abitudini, Convivenze, Evasioni, Fisiologie, Rituali.
In ognuna tre pannelli contenevano una spiegazione legata al titolo della sezione, bibliografia, fotografie ed esempi di spazi riqualificati e risemantizzati in linea con l’argomento.

La prima sezione, quella delle Abitudini, indagava le situazioni quotidiane tra il collettivo e il personale, il pubblico e il domestico, l’esposto e l’intimo. Il concetto di “abitudine” veniva accostato — e non solo tramite assonanza — a quello di “abitare”. “Abitare”, infatti, è sinonimo di “tramandare ricorrenze”, “praticare usanze”, dunque, abitudini. L’ “abitare” è anche un modo ricorsivo e ripetuto dell’avere (in latino habere, la cui radice “hab” si ritrova nella parola habitus, appunto “abitudine”).
In un contesto maggiormente esteso, quale è quello della città, potremmo dire che lo spazio urbano è quel luogo abitato collettivamente, dove si intrecciano e si tramando infinite abitudini personali. Immagini, fotografie e citazioni di libri esplicitavano questo specifico concetto, come Flesh Stone The Body and the City in Western Civilization di Richard Sennett, The Death and Life of Great American Cities di Jane Jacobs e Children’s Play Spaces di Marguerite Rouad e Jacques Simon. Per quanto riguarda, invece, gli spazi riqualificati si menzionava il Vieux Port di Marsiglia, ovvero uno spazio costruito con l’intenzione di restituire il porto alla vita quotidiana delle persone; il Tilla Durieux Park di Berlino, un parco estremamente versatile e inclusivo, che fonde insieme spazio di transito, di sosta e di gioco; il Lieux Possibles di Bordeaux, un progetto che risignifica spazi abbandonati o poco utilizzati, stimolando l’immaginario urbano e interrogando l’uso quotidiano della città.

Nella seconda sezione, quella delle Convivenze, si analizzava il rapporto tra esseri umani e animali urbani. “Convivere” significa vivere insieme e condividere «con altri/e il proprio spazio e il proprio tempo vitale». Gli animali degli spazi urbani sono nostri coinquilini e, in quanto tali, interpretano e reinterpretano la città mettendo in atto strategie di esistenza e/o sopravvivenza intrecciate con quelle degli esseri umani. Essendo molto spesso invisibili ai nostri occhi, è necessario iniziare a riconoscerli per poter percepire la città come un ecosistema all’interno del quale l’umanità non è l’unica protagonista.
Tra i libri suggeriti: Architecture in crisi di Micol Rispoli, Mutation and Morphosis. Landscape as aggregate di Gregor Vogt, Il postanimale. La natura dopo l’Antropocene di Felice Cimatti e L’assemblea degli animali di Filelfo. Tra i progetti di riqualificazione volti all’incontro tra esseri umani e animali urbani erano citati: il Tempelhofer Feld di Berlino, esempio di trasformazione urbana partecipativa, un tempo sede di campo del concentramento Columbiahaus e ora importante habitat urbano; l’Utomhusverket di Stoccolma, un’installazione pubblica temporanea realizzata nel 2021 concepita come “giardino-mappa” per favorire l’incontro tra persone, piante, uccelli e minerali; il Brantstraße project di Monaco, un intervento di edilizia residenziale basato sul concetto di Animal-Aided Design (principio della coesistenza tra esseri umani e animali selvatici) in cui per ogni specie animale viene costruito un ambiente favorevole.

La terza sezione riguardava le Evasioni, ovvero quelle trasgressioni e fughe che ci portano a oltrepassare i limiti e superare le regole, comportamenti che vengono solitamente considerati inappropriati e indecorosi.
“Evasione” è inoltre sinonimo di “distrazione”, intesa come allontanamento da ciò che è considerato canonico e abituale. Sulla base di tale definizione, le evasioni urbane diventano ambiti dell’avventura e della scoperta — talvolta del rischio — mediante cui vengono messi in atto la risemantizzazione dello spazio pubblico e lo scardinamento delle consuete norme. Infine, evadere può significare “completare”, quindi applicare pratiche per rendere la città uno spazio del desiderio. Come per le precedenti sezioni, anche qui su pannelli si potevano trovare suggerimenti di libri come: Indecorose. Sex work e resistenza al governo dello spazio pubblico nella città di Roma di Serena Olcuire, Manifeste du tiers paysage di Gilles Clèment, Park Cruising: What happenes When We Wander Off di Marcus Mccann. In termini di spazi risemantizzati venivano ricordati: Of Soil and Water: the King’s Cross Pond Club a Londra, una piscina naturale, che coesiste col contesto urbanizzato, la cui acqua viene purificata attraverso processi ecologici; il Conversion airfield Bonamas di Francoforte, un ex aeroporto militare trasformato in un parco pubblico dotato di una serie di attività ludico-ricreative; il South Park di Genk, un parco articolato in due aree, una fascia forestale e una radura, e uno spazio pavimentato che le collega. Tra i vari contenuti artistici, fotografie come quella di Mogens Falk-Sørensen Adventure playgroud, e Tropical Island Resort, immagine facente parte della serie fotografica, realizzata da Roberto Apa e Gabriele Rossi, chiamata Tropicool. Questa serie fa riferimento a un parco acquatico, realizzato nel 2003 dalla compagnia asiatica Malaysian Tanjong e situato in vecchio hangar per dirigibili a Krausnick in Germania. È composto da due piscine, una spiaggia, un impianto di acquascivoli, un centro benessere, due alberghi, un campeggio, negozi, ristoranti e una grande foresta pluviale. All’interno di “questa isola” la temperatura oscilla tra i 22° e i 28°, sia di giorno che di notte, in ogni stagione.

La quarta sezione, Fisiologie, verteva sul connubio Atmosfere urbane-Corpi. I corpi degli abitanti sono organismi viventi e, in quanto tali, vengono influenzati dall’ambiente circostante: la temperatura, l’umidità, la ventilazione e la radiazione solare. Il benessere di ogni individuo dipende da questi fattori, i quali influiscono sull’accessibilità e sulla percezione di un determinato spazio. Attualmente, gli effetti del cambiamento climatico hanno un notevole impatto sul nostro modo di concepire la città, la quale, prima che farsi “vedere”, si fa “sentire”. Inoltre, nella città il benessere non è distribuito in maniera omogenea: non tutti possono permettersi ambienti climatizzati. In questo caso, dunque, si può dire che il «comfort termo-igrometrico diventa un indicatore di giustizia spaziale ed energetica». Ripensarlo come bene comune vuol dire restituire diritto e corpo alla città, in ogni sua dimensione. In questa penultima sezione, questi i suggerimenti: Garden and Climate di Chip Sullivan; Sense of the city di Mirko Zardini; The eyes of the skin di Juhani Pallasmaa; la fotografia di Matthew Black, The masked Operation Breathe Free motorcade to departure from South Beach, l’articolo Fresh air for sale: The New Delhi oxygen bar offering respite from smog di Sam Ball; La città dei ricchi la città dei poveri di Bernardo Secchi.
Tra gli spazi riqualificati, il Diagonal Poblenou Park di Barcellona, un paesaggio di penombre mobili generate da salici intrecciati, cupole vegetali, muri di edera e bouganville; la Place de la République di Parigi, un luogo popolare di rappresentanza e di protesta dotato di una piazza dal carattere arioso e ordinato insieme a un paesaggio di grandi dimensioni, dove gli alberi, la vegetazione e i sistemi di acqua generano un’ atmosfera piacevole; Cloud Seeding di Holon, in Israele, un padiglione che ospita una serie di eventi, letture, spettacoli di danza e offre rilassamento all’ombra, fondendo natura, architettura e design.

L’ultima sezione, quella dei Rituali, illustrava quelle pratiche comunitarie messe in atto dai nostri corpi. I rituali possono avere diversi scopi: festoso o rivendicativo, religioso o laico, estemporaneo o calendarizzato, ma in tutti questi casi si tratta di comportamenti collettivi volti alla comunicazione sociale. Possono essere generati da sentimenti, valori e tradizioni; oppure dal dissenso, dalla disapprovazione e dalla condanna. I rituali, talvolta, prendono anche il nome di “manifestazioni” in quanto forme di comunicazione (verbale e non verbale). È importante sottolineare che, essendo forme di comunicazione, i rituali non possono prescindere da codici, prassi, regole e costumi condivisi, bensì richiedono accordi e condivisione del linguaggio. Può accadere che i rituali diventino delle forme di protesta e/o proposta, caratterizzate da un forte potenziale trasformativo: in questo caso prendono il nome di “dimostrazioni” poiché praticano e incarnano nuovi tipi di comportamenti, sovversivi e creativi.
Tra i suggerimenti di libri e fotografie: La città temporanea: Nuove configurazioni per il viaggio e l’evento, nonché il catalogo della mostra triennale di Milano; la foto raffigurante il Macy’s Parade con il gonfiabile di Mickey Mouse, scattata da Morris Huberland; Estate Romana. Tempi e pratiche della città effimera di Federica Fava; la fotografia di Piazza Plebiscito, a Ceglie Messapica, durante la festa Patronale del 2014 e quella rappresentante la Funeral procession for victims of the Triangle Fire. Tra gli spazi costruiti sulla base del concetto di “rituale”: l’Allianz Arena di Monaco e il Rotterdam Rooftop Walk di Rotterdam. Il primo ha come obiettivo l’estensione della vegetazione, permettendo alle erbe di decidere come disporsi e con quale densità. Tuttavia, il progetto non vuole rimuovere l’edificato: difatti, la brughiera risulta estesa sulla copertura del parcheggio multipiano. In questo modo viene rispettata sia l’esigenza del paesaggismo che quello della brughiera. Il secondo è stato un percorso temporaneo lungo 600 metri, che ha consentito di esplorare tetti inaccessibili. L’intenzione di tale iniziativa era quella di dimostrare che i tetti possono diventare un “secondo strato” urbano per quanto riguarda il verde, la produzione alimentare e energetica, l’acqua e la condivisione collettiva e sociale

L’intero percorso espositivo terminava con una richiesta ai visitatori di scrivere tanti numeri quante sono le vittime palestinesi a Gaza. Tale attività di sensibilizzazione, dal titolo “Uno ad Uno”, era una dichiarazione di memoria, consapevolezza e partecipazione: una richiesta per la cessazione delle azioni militari nel territorio palestinese.


La mostra rientrava nelle iniziative con cui Sapienza Università di Roma partecipa al progetto Inhabiting Uncertainty. A Multifaceted Study on the Relationship between Social Attitudes and Lifestyles in Pandemic Spaces, finanziato con fondi Prin 2020 (Progetti di Rilevante Interesse Nazionale) dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Nel mese di giugno, la mostra ha inoltre accolto tre conversazioni aperte sui temi: Corpi imprevisti, Corpi progettanti, Corpi evocati.
In conclusione la mostra esplorava con assoluta minuzia tutti i comportamenti: in che modo i corpi abitano le città, le attraversano, le definiscono e le configurano. L’obiettivo che si poneva, riprendendo le parole dei curatori, «è descrivere la performatività dello spazio pubblico urbano del nostro tempo, leggendo e interrogando la città come patto sociale e spaziale, compagine di esistenze e perciò di corpi, individuali e collettivi, umani e non umani, che ne presidiano e configurano lo spazio collettivo».
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Articolo di Ludovica Pinna

Classe 1994. Laureata in Lettere Moderne e in Informazione, editoria, giornalismo presso L’Università Roma Tre. Nutre e coltiva un forte interesse verso varie tematiche sociali, soprattutto quelle relative agli studi di genere. Le sue passioni sono la lettura, la scrittura e l’arte in ogni sua forma. Ama anche viaggiare, in quanto fonte di crescita e apertura mentale.
