La pace sporca. Il numero di agosto di Limes

Da molto tempo sentiamo parlare di “pace giusta” a proposito della possibilità della fine di quella che Limes ha sempre chiamato guerra russo-americana. Purtroppo la pace che verrà non potrà essere che sporca, sporchissima, “impura”, termine usato da Macron nel febbraio 2022, all’inizio dell’“operazione militare speciale” di Putin in Ucraina, prosecuzione della guerra del Donbass iniziata nel 2014. Da allora il Presidente francese ha cambiato opinione ma, come scrive il Direttore di Limes nell’editoriale, «la pace sporca di cui non si parla è il contrario della pace giusta di cui retoriche ufficiali e loro ufficiosi megafoni discettano, senza spiegare in cosa consista». La pace giusta sarebbe per Caracciolo un ossimoro perché se è pace non può essere giusta se non nel senso della nazione vincitrice, tale in quanto quella sconfitta accetta la fine delle ostilità per mitigarne le conseguenze. Il motto della pace sporca è il contrario dell’aforisma di Ferdinando I d’Asburgo Fiat iustitia pereat mundus. Il suo motto sarà invece Fiat mundus pereat iustitia, derivato dal ciceroniano Summum ius summa iniuria.
Il termine sporca è usato perché la pace, specie in Ucraina, non può che essere un compromesso politico fatto di concessioni reciproche. “Sporca” in quanto sicuramente ingiusta dal punto di vista ucraino, illuso dalla coalizione di Paesi europei nella Nato di poter sconfiggere la Russia con l’invio di una quantità smisurata di armi e 18 pacchetti di sanzioni.

Il volume di agosto approfondisce non solo la questione ucraina, ma anche i dossier più scottanti che riguardano Taiwan, l’Iran, Israele e le cosiddette potenze minori che ambiscono a diventare grandi come India, Corea del Sud, Turchia, Giappone.

Principali conflitti armati Usa

La prima parte, Pace e guerra, racchiude due approfondimenti preziosi sul diritto internazionale e sul diritto umanitario, che nell’epoca contemporanea attraversano una grande crisi: Guerra senza pace di Rosario Aitala e L’imperialismo dei diritti umani. Una lezione da non dimenticare di Luigi Capogrossi Colognesi. Questi articoli potrebbero essere utilizzati nelle lezioni di geopolitica, geografia economica, storia e relazioni internazionali a scuola sotto la guida di docenti informate/i e preparate/i.

Usa-Cina-Russia. Geometrie possibili è la sezione più ricca di saggi e rappresenta una bussola per orientarsi tra i cambiamenti vorticosi che stanno avvenendo tra le superpotenze (Usa, Cina e Russia) in questa transizione egemonica, cambiamenti davanti ai quali la classe politica europea sembra oggi completamente spiazzata. Di Una Tregua, non una pace, sporca scrive Carlos Roa, Visiting Fellow e direttore della Keystone Initiative al Danube Institute e Associate Washington Fellow all’Institute for Peace and Diplomacy. In questa analisi l’autore commenta e in parte contesta l’interpretazione dell’analista ed esperta di relazioni internazionali Stacie E. Goddard su Foreign Affairs, organo semiufficiale dell’establishment della politica estera, secondo la quale «la visione del mondo di Trump non si basa su una competizione ma su una collusione tra grandi potenze: un “concerto” come quello che definì l’Europa del XIX secolo». Gli Usa non starebbero più cercando di battere le potenze rivali ma punterebbero a mettersi d’accordo con loro, pensando a un mondo di sfere di influenza e a «un sistema multipolare in cui le grandi potenze controllino i rispettivi esteri vicini ed evitino di pestarsi i piedi». Il nuovo principio organizzativo sarebbe la «collusione tra grandi potenze». Se per qualcuno/a questa svolta potrebbe sembrare squalificante, soprattutto per i liberali che da sempre presentano l’America come una forza solo benigna, per chi è realista no, anche perché oggi l’unipolarismo statunitense non esiste più. Per Goddard il “concerto” tra potenze sarebbe imminente e potrebbe facilmente essere imposto al mondo mentre Roa, pur condividendo questa analisi, dissente, argomentando la sua posizione in modo molto convincente e avvalorandola con un esame crudo della storia. Così scrive il giovane analista di formazione conservatrice: «Un concerto non è idea che si può semplicemente dichiarare e applicare. Richiede un livello di fiducia e benevolenza che a oggi non esiste fra Mosca e Washington, anche senza contare il ruolo di Pechino (e aggiungerei dell’Ue n.d.r.)… Non stiamo ancora entrando nella nuova età di un concerto tra le grandi potenze. Siamo in una fase liminale. Interregno geopolitico. A definirla non sono né il coordinamento né la collisione, bensì duri negoziati per rinviare la resa dei conti […] Parlare di concerto ora è come proporre un trattato di pace prima di dichiarare guerra. La logica può funzionare, non la tempistica, fuori asse di anni, se non decenni. Fino a quel momento, il mondo non sarà retto dall’armonia».

Caoslandia versus Ordolandia

Più probabilmente sarà caratterizzato a lungo dal caos, come ricorda De Ruvo nel suo contributo, anche perché le potenze con cui costruire questo concerto sono tutte terribilmente diverse tra loro: Prostranstvo: Russia è Terra di Mark Bassin è fondamentale per capire l’alterità della Russia e quanto ogni suo aspetto sia condizionato dalla geografia. L’accordo tra Cina e Russia potrebbe vacillare in seguito all’avvicinamento di Trump a Putin sulla questione ucraina. Ne analizza le basi e i rischi di “diserzione” e “intrappolamento” delle due potenze il saggio dei professori You Ji e Jang Dija.

Il gioco del Go (o weiqi) in una tavola del XIX secolo. Artista Kubo Shunman. (Foto: Heritage Art/Heritage Images via Getty Images)

Il punto di vista russo è bene espresso da Kortunov in Perché Mosca non si sgancerà da Pechino. Giorgio Cuscito, esperto di Cina, in Circonda e influenza: Xi usa il wei-qi per superare l’America, si sofferma sul gioco del wei-qi o “gioco dell’accerchiamento” per sviluppare un ragionamento sulla posizione cinese, competitor numero uno degli Usa, sulla guerra in Ucraina e sull’attacco israelo-americano in Iran, ma anche per parlare del Risorgimento cinese di Xi Jinping e sulla Cina che si sente sempre più Impero del Centro (Zhongguo, il nome della Cina) del mondo sotto il profilo economico, militare e culturale. Probabilmente le relazioni tra Cina e Russia si manterranno stabili, sia perché hanno interessi comuni e relazioni commerciali notevoli sia perché è proprio il declino Usa a rappresentare l’occasione per forgiare un ordine internazionale futuro.

Ben tre articoli sono dedicati alla Federazione Russa, con contributi di analisti, professori e giovani russi (Voci dalla Russia), come sempre utilissimi per comprendere il punto di vista del Paese che ha il territorio più vasto al mondo.

Come si vorrebbe la Russia

Prima di chiudere mi piace richiamare una curiosità riportata nella bella rubrica finale del volume, La storia in carte, a cura del geografo Edoardo Boria. Il collaboratore di Limes ricorda, dopo la ripresa dei contatti tra Trump e Putin, che «le strette di mano tra russi e statunitensi nella storia non sono state molte». Tra queste la più famosa fu la cessione dell’Alaska nel 1867. Continua Boria: «All’inizio del Settecento l’ambizioso zar Pietro il Grande lanciò la Russia alla conquista della Siberia. Giunte all’estremità orientale del continente, le esplorazioni non si fermarono. Vitus Bering era un ufficiale al servizio dello zar, danese come molti altri che formavano, insieme ai norvegesi, i vertici della Marina russa. Lo stretto che scoprì e al quale diede il proprio nome dimostrò la separazione tra il continente americano e quello asiatico. A fine Settecento gruppi di cacciatori russi cominciarono a fondare piccoli avamposti in Alaska, ma nel frattempo si affacciavano sempre più numerosi i cercatori d’oro e di affari anglofoni. Persuaso dell’impossibilità di controllare un territorio immenso reggendo all’urto da sud, il governo russo si convinse infine a venderlo agli Stati Uniti in cambio di una cifra considerata alta all’epoca ma oggi irrisoria anche rispetto al solo valore minerario dell’Alaska. Logiche di rivalità politica indussero a cederlo non al Canada, all’epoca sotto gli inglesi, ma agli Stati Uniti, ancora giovani e inoffensivi per la potenza russa. Al contrario di oggi».

Alaska. Time Magazine 1958

(continua)

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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la “e” minuscola e una Camminatrice con la “C” maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Procuratrice legale per caso, docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

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