Fa caldo e hai dieci minuti liberi, ecco che in un attimo apri il computer e inizi l’eccitante ricerca della prossima meta da visitare, «Google, portami da casa mia a ovunque» pensi, «ma i nostri diritti ci seguono per davvero ovunque andiamo?» ti chiedi. Nel delicato gioco del diritto internazionale la domanda è più che lecita, ma la semplicità della risposta è tutt’altro che scontata. Nelle seguenti righe dispiegheremo quanto più possibile la questione, con l’intento di acquisire un grado utile di consapevolezza riguardo i diritti di cui godiamo in viaggio.
Iniziamo chiarendo un primo punto: il diritto internazionale coesiste con quello del Paese in cui ci rechiamo, che può adottare una politica promossa dalle leggi internazionali, oppure no. Questo aspetto rende il discorso alquanto capillare, facendo sì che sia impossibile pensare a una regola generale che valga per tutti e tutte; ciò nonostante, è possibile trovare degli “agglomerati di nazioni” che concordano sulla necessità di garantire alcuni diritti, sulla base di leggi proposte all’interno del gruppo, accettate e messe in atto singolarmente.
Il primo agglomerato è costituito da tutti i Paesi che fanno parte delle Nazioni Unite, 193 Stati membri che accettano e sono legalmente chiamati a mettere in atto la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, considerata un documento fondante di principi e valori imprescindibili. Gli articoli della Dichiarazione che possono essere più utili a una viaggiatrice sono l’1, che afferma «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti»; il 2, secondo cui a «ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione […] o di altra condizione»; in aggiunta al secondo punto dell’Articolo 13, che concerne il diritto di poter lasciare qualsiasi paese e di poter ritornare nel proprio. Se 193 stati sono d’accordo sul garantire questi diritti che sono le basi per un’esperienza egualitaria, scandita da parità, libertà e rispetto, allora non dovremmo essere tranquille? Calcolando che fra i Paesi Onu rientrano Afghanistan e Corea del Nord, è evidente come la messa in pratica di tali principi non sia affatto garantita. La libertà di movimento è impensabile all’interno della Repubblica democratica popolare di Corea (del nord, per intenderci), come è inimmaginabile ricevere un trattamento eguale tra uomini e donne sotto la legge talebana (Onu 2025). L’adesione alla Dichiarazione universale dei diritti umani non garantisce di fatto la messa in pratica di tali principi, lasciando il potere in mano ad ogni Paese e ricoprendo la funzione di ultima risorsa laddove avvenissero delle gravi violazioni, come per esempio la sottoposizione a torture, scenario in cui l’Onu dovrebbe istituire una commissione per la Corte penale internazionale per far valere tali diritti e punire chi di dovere. Oltre ai tempi lunghi che tutto ciò richiede, bisogna aggiungere che non tutti gli Stati hanno aderito a questo organo di giustizia internazionale, questo perché non volevano cedere una parte di sovranità a un’organizzazione internazionale. Dato che di fatto la Corte penale internazionale ha il diritto di agire solo su chi ha aderito allo Statuto di Roma (il documento con cui un Paese partecipa all’iniziativa), va da sé che la questione si complica ancor di più se questi crimini avvengono al di fuori di questi Stati. È interessante sapere che tra le mete turistiche più desiderate che non hanno aderito figurano gli Stati Uniti, le Filippine, la Cina e l’Egitto (Agip 2025). Il miglior consiglio che si può dare rimane quello di controllare altri fattori prima di viaggiare, perché attualmente è solo il singolo Stato che può garantire efficacemente il rispetto dei diritti umani sul suo territorio.
C’è chi ama il mare, chi la montagna, ma se c’è una cosa su cui tutti e tutte siamo d’accordo è sicuramente che nessuna vacanza ideale finisce con un intervento del “tribunale internazionale”.
Arrivate a questo punto abbiamo appurato che i diritti umani non sono garantiti a prescindere nel macro-blocco degli stati membri Onu, rimarcando la sovranità decisionale propria a ogni nazione. Tuttavia, grazie ad anni di sforzi da parte delle istituzioni e di organizzazioni promotrici, molti Stati stanno collaborando affinché determinati diritti e libertà siano fruibili dalle proprie cittadine/i e dai visitatori/trici, offrendo un livello di protezione omogeneo. Una nota positiva riguarda i diritti per la salute riproduttiva, oggetto della Conferenza internazionale sulla popolazione e sviluppo tenutasi al Cairo nel 1994, conclusasi con l’accordo di 179 Paesi che riconobbero tali diritti come fondamentali, ponendo le donne al centro di numerosi obiettivi. Nello specifico, all’interno della dichiarazione di intenti è menzionata la qualità dei servizi di pianificazione familiare, indicando che è strettamente collegata all’accessibilità ai metodi contraccettivi e ai servizi per il supporto della madre nella famiglia. Un indicatore utile per ogni viaggiatrice è il grado di reperibilità dei metodi anticoncezionali di emergenza (levonogestrel o altre pillole del giorno dopo), che sono ampiamente accessibili in più di 100 Stati senza ricetta sopra i 18 anni d’età. Non necessariamente un Paese è più sicuro per una donna perché vi può acquistare con facilità la suddetta pillola, ma è certamente un’ulteriore tutela che può segnare una continuità significativa tra il diritto italiano e quello del paese ospitante.
Un altro aspetto che può influire nella qualità e sicurezza di un viaggio riguarda l’atteggiamento legale verso le discriminazioni sistematiche, come quella in base al sesso, alla religione o all’inclinazione amorosa. Sul piano legale, Nord America ed Europa sono i luoghi più sicuri per le donne e le minoranze, mentre altre zone del mondo risultano più problematiche, nonostante la loro popolarità come mete turistiche. Chi si reca a Dubai o alle Mauritius potrebbe non sapere che lì l’omosessualità è un reato. Tuttavia, la pena non è sempre applicata dalle autorità, infatti esistono delle grosse discrepanze tra ciò che è permesso nei resort e ciò che è vietato al di fuori. Per esempio il governo maldiviano impone delle regole stringenti sulle isole abitate dai locali, l’alcol è bandito, non ci si può svestire in spiaggia e non si possono mostrare effusioni in pubblico; nessuna di queste regole viene rispettata nei resort di lusso, che pubblicizzano delle vacanze romantiche di coppia. Solo voi due, con un cocktail in mano a prendere il sole in un paesaggio turchese: l’immagine che vende è questa. Il risultato è che le turiste si possono permettere molte più libertà delle abitanti locali. Non è giusto, ma è quello che accade.
Quando il turismo si è affermato come un settore dal grande potere economico, verso la fine del secolo scorso, le istituzioni hanno avvertito la necessità di creare una base comune di regole da seguire, così nel 1999 è stato redatto il Codice mondiale di etica del turismo dall’Organizzazione mondiale del turismo (Omt). Il Codice si basa sulla volontà comune di promuovere la comprensione «dei valori etici comuni all’umanità, in uno spirito di tolleranza e rispetto della diversità di credo religioso, filosofico e morale», oltre che alla protezione delle turiste, delle visitatrici e dei loro beni (Omt, 1999: Art. 1). È necessario specificare che l’Organizzazione mondiale del turismo non ha creato una base legale che dona uno status a sé stante alle visitatrici, bensì esorta i doveri di entrambe le parti. Se è vero che il governo ospitante è chiamato a punire a norma di legge qualunque illecito nei confronti di una turista, è altrettanto esplicita la responsabilità di chi viaggia di informarsi sulle caratteristiche legali e culturali della meta scelta, rispettando ogni legge del paese ospitante, senza eccezioni (ibidem). Nell’Articolo 6 del Codice si rinforza il diritto al rimpatrio che avevamo trovato nella Dichiarazione universale dei diritti umani, affidando al Paese che accoglie la responsabilità della creazione dei meccanismi necessari a far tornare a casa chi viaggia, controllandone anche il corretto funzionamento. In altre parole, non si possono esportare i diritti di cui godiamo nel Paese di cui siamo cittadini/e o in cui risiediamo, dovendo affidarci solo ed esclusivamente alle leggi vigenti nella nostra meta turistica.
In conclusione, purtroppo non esiste un diritto internazionale che garantisca ovunque il godimento dei diritti umani in modo omogeneo, dunque no, i nostri diritti non vengono in vacanza con noi. Con questa piccola indagine abbiamo compreso che per viaggiare sicure bisogna valutare con attenzione la condizione del Paese in cui vogliamo andare, capendo quali sono i diritti lì e che peso potrebbero avere sulla nostra vacanza. Finisco con l’invito ad informarci sui diritti e sulla cultura locale, un altro elemento che può influire sulla nostra esperienza all’estero. Così facendo, potremmo convincerci a partire, oppure no, ma acquisiremo in ogni caso una nuova conoscenza da inserire nel nostro bagaglio culturale, l’unico ancora salvo dalle stringenti franchigie del lowcost.
Fonti:
UN Women, “FAQs: Afghanistan”, UN-Women.org, (2025) https://www.unwomen.org/en/articles/faqs/faqs-afghanistan
Nea Raitanen, The impact of human right issues on travellers’ destination decision, Haaga-Helia University of Applied Sciences, 2023, https://www.theseus.fi/bitstream/handle/10024/799195/Raitanen_Nea.pdf?sequence=2&isAllowed=y
Wikipedia, “Emergency contraceptive availability by country”, Wikipedia.org, https://en.wikipedia.org/wiki/Emergency_contraceptive_availability_by_country
Organizzazione Mondiale del Turismo (Omt), Codice Mondiale di Etica del Turismo, UNWTO.org, 1 ottobre 1999,
https://webunwto.s3.eu-west-1.amazonaws.com/s3fs-public/2019-11/sanmarino_0.pdf
AGI, “Alla Corte penale internazionale aderiscono 125 Paesi, ma mancano gli Stati più grandi”, AGI.it, 7 febbraio 2025,
https://www.agi.it/estero/news/2025-02-07/corte-penale-internazionale-mancano-stati-big-29908411/
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Articolo di Lisa Currenti

Laureata in Filosofia e laureanda in International Studies, perenne curiosa, crede che con il giusto sguardo si possa capire tutto. Si interessa di geografia, musica, psicologia, cinema, moda, biologia, sport e molto altro. Ama ascoltare, osservare e immaginare, tre elementi fondamentali per scrivere. Fa parte di quel gruppo di persone che spererebbe in giornate da 48 ore.
