Isole e Idoli in mostra a Nuoro

Presso il Man, Museo d’Arte Provincia di Nuoro, è in corso fino al 16 novembre la mostra Isole e Idoli, curata da Chiara Gatti e Stefano Giuliani, con il coordinamento di Rita Moro e Myrtille Montaud e l’allestimento di Giovanni Maria Filindeu (con Giampaolo Scifo, Anna Usai, Bartolomeo Filindeu). Merita citare tutte queste persone esperte e appassionate perché, ancora una volta, il museo di una città un po’ appartata e lontana dalle rotte del turismo culturale riesce a stupirci ed emozionarci. In varie occasioni ne abbiamo scritto con la convinzione di premiare uno sforzo collettivo non indifferente e di far conoscere eventi di grande interesse. Dal 2013 riconosciuto come museo d’eccellenza dalla regione, il Man ha accolto fra le tante le mostre dedicate a Toulouse-Lautrec e ai maestri di Montmartre, alla creatività di Edina Altara e del marito Vittorio Accornero (Vv n. 133), all’opera di Picasso e a Guernica replicata dalle mani sapienti delle filatrici sarde (Vv n. 202), al meno noto Matisse scultore. Ulteriori meriti della struttura sono la gentile accoglienza del personale, la libertà di fotografare e l’accesso ai cani di ogni taglia.

Isole e Idoli, locandina

«Quale legame profondo unisce un’isola ai suoi simulacri? E come hanno assorbito e interpretato tale legame i maestri del Novecento in viaggio fra Mediterraneo e Mari del Sud? La mostra nasce per rispondere a queste domande e per comprendere come il potere simbolico e mitico delle figure arcaiche, custodite entro i confini dell’insularità, si sia rigenerato, a distanza di secoli, nelle forme del moderno. […] Non, dunque, l’idea del viaggiatore che, esplorando, trova, assorbe e replica. Ma il concetto, più vitale, che l’antico e il moderno si tocchino al di fuori del tempo e dello spazio, fortissimamente nutriti da una medesima necessità: rappresentare l’altrove attraverso statue, steli, monoliti che personifichino l’invisibile in terra» (dalla presentazione).
Per l’occasione ci accoglie il pavimento coperto di sabbia e a piedi nudi ci muoviamo fra varie epoche e luoghi lontani, fra statuette e ambienti circondati dal mare, isole per lo più ma non solo.

F.Henri, Bretagna, 1937, foto di Laura Candiani

Le parole di Paul Gauguin tracciano un ideale percorso: «Da quella perfetta armonia con la natura si sprigionavano una bellezza, un profumo che incantavano la mia anima d’artista» (1901). Del maestro, che partì in una sorta di fuga verso la Bretagna ben prima di dirigersi a Tahiti, sono esposte alcune opere, fra cui una imponente scultura e un bassorilievo in legno, di notevole fascino: Donna con pavone, che fanno da contrasto con le figurine femminili nate da sconosciute mani del Neolitico, altrettanto evocative. Dei piccoli busti antropomorfi in pietra ci portano a Rennes, nel I secolo, mentre una fotografia in b. n. dell’artista franco-svizzera Florence Henri (1893-1982) ci conduce ancora in Bretagna, con un misterioso ritratto di donna, realizzato nel 1937.

Non isola, dunque, ma terra lambita dal mare, come la Sardegna, e altrettanto aspra. Di Joan Miró, che reputava i moai dell’Isola di Pasqua suoi nuovi modelli scultorei, ammiriamo due piccoli lavori in bronzo: Donna con bel seno e Maternità, che non possono non collegarsi alla produzione di Giacometti, con le sue figure stilizzate, che così si espresse: «Tutta l’arte del passato, di tutte le epoche, di tutte le civiltà, si erge davanti a me. Tutto si fa simultaneo, come se lo spazio avesse preso il posto del tempo». Immediato il rimando ai bronzetti di età nuragica di cui l’Isola è stata generosa dispensatrice; qui ne troviamo alcuni, usciti dai vari musei archeologici locali.

J.Miró, bronzetti, foto di Laura Candiani
Sacerdotessa, bronzetto, foto di Laura Candiani

Straordinaria la visione della “sacerdotessa”, maestosa nella sua linearità e nelle sue dimensioni ridotte, anonima creazione del X-VII sec. a.C.

Lì accanto in una bacheca in vetro una minuscola statuina in calcite dalle vaghe forme femminili richiama gli idoli a cui la mostra fa riferimento, ma pure le immagini propiziatorie, prima o dopo un evento auspicato, magari una nascita o una guarigione. Anche questa antichissima opera, risalente al Neolitico, ben rappresenta l’atto creativo, sempre magico e misterioso, a cui si possono adattare le parole di Henri Matisse: «L’artista o il poeta possiedono una luce interiore che trasforma gli oggetti per creare un mondo nuovo, sensibile, organizzato, un mondo vivente che è il riflesso compiuto del divino». Un pannello esplicativo mette in luce l’importanza degli idoli in Sardegna, partendo dalla linea che collega dolmen e menhir in tutta Europa, ma qui se ne contano circa un migliaio, dalle forme più lineari e semplici a quelle antropomorfe, come il Bau Carradore, a cui veniva attribuita una valenza magico-religiosa. Nell’età del Ferro assumeranno un ruolo importante le “navicelle“, presenti anche in mostra, oggetti votivi testimoni della vocazione marinara della civiltà nuragica, con la prua a forma di testa di animale, specie cervo, muflone o toro, o anche di volatili utili in antico per valutare la distanza dalla costa; «il valore fortemente simbolico dell’oggetto sublima l’immagine nella dimensione del mito».

Passando all’esotismo e a quelle terre affacciate su mari e oceani lontani, di cui Gauguin fu ineguagliato cantore, non poteva mancare un significativo dipinto del pittore sassarese Giuseppe Biasi di cui di recente ci siamo occupate, ricordandolo come amico e maestro di Edina Altara (Vv. n. 335). Biasi dal 1924 al 1927 visse nell’Africa del Nord, in Cirenaica, Egitto, Tripolitania, affascinato dal primitivismo, dalle maschere rituali, dall’arte locale, sulle orme di Matisse e di Modigliani e ne trasse ispirazione per bellissimi ritratti femminili. Qui apprezziamo un suo raffinato Nudo africano.

Sa Filonzana, unica maschera femminile sarda, indossata da un uomo, tipica di Ottana

In parallelo con la mostra Isole e Idoli, in altre sale è ospitata un’altra rassegna interessante dal titolo: Isole minori_note sul fotografico dal 1990 a oggi. Si tratta di 16 progetti di autrici e autori internazionali sul tema della rappresentazione dell’Isola: riflessione sulla dimensione geografica ma pure sulla dimensione sociale e culturale dell’idea di isolanità, che riprende per contrasto una certa visione paradisiaca e stereotipata della Sardegna, terra magica, mitizzata, ancestrale, colta in passato attraverso gli occhi di tanti celebri fotografi e fotografe, da Lisetta Carmi, a Henri Cartier-Bresson, ad August Sander.
Questa volta lo sguardo è più disincantato, anche critico, comunque frutto di una attenta e persino lunga osservazione sul territorio che conduce a immagini originali, di luoghi e di persone, fra cui una bella serie di maschere appartenenti al folklore isolano. In proposito ci piace rimandare, per un approfondimento, a Vv n. 155 quando ci occupammo di un libro sul tema di Gabriella Nocentini in cui si spiega che la Sardegna vanta il maggior numero di maschere tipiche d’Italia e un numero altissimo di sfilate, ulteriore record italiano, se non mondiale, che per di più sono le prime a “uscire” per le vie e nelle piazze, esattamente il giorno di sant’Antonio Abate (17 gennaio), detto in sardo de su fogu.

A Nuoro le artiste presenti con i loro lavori sono: Marinella Senatore, Vanessa Winship, Giovanna Silva (con la serie a colori La Maddalena effect, dedicata al mancato evento del G8 sull’isola e alle strutture rimaste inutilizzate, e ora in abbandono) e Paola de Pietri (con suggestive foto in b. n. delle rocce granitiche di Caprera). Fra i fotografi segnaliamo le opere del francese Bernard Plossu, con la serie Sardinia 2002, dedicata ai suoi vagabondaggi fra le isole minori, da San Pietro a La Maddalena, spesso accompagnati dalla solitudine e dal brutto tempo, a suo giudizio la condizione atmosferica ideale; ci ha colpito in particolare il delicato scatto Donna sul traghetto, anche lei sola davanti al mare e persa nei suoi pensieri.

B.Plossu, Donna sul traghetto, 2002, foto di Laura Candiani

Nel prossimo futuro altre esposizioni sono previste al Man e merita una segnalazione il progetto portato avanti da Ilaria Turba, dal titolo I pani del desiderio, in programma dal 19 settembre al 2 novembre. Si tratta di un’attività iniziata nel 2018 a Marsiglia con un laboratorio di lavorazione di un cibo tanto comune come il pane dandogli però una precisa forma, unica ogni volta, e realizzando una vera e propria scultura. Dal 2022 l’artista ha girato l’Italia in lungo e in largo, collaborando con le istituzioni, i musei, i festival e la gente del luogo, finché è arrivata in Sardegna dove è antichissima l’arte di lavorare il pane in forme aggraziate, eleganti, simboliche, rituali. Di tutte queste realizzazioni renderà conto la mostra, trasformando lo spazio museale in un rapporto vivo di relazione, ascolto e cura che vede al centro il pane sia come prodotto della comunità sia come espressione individuale e pure oggetto di scambio generoso. Un’altra bella occasione per visitare Nuoro e i suoi importanti musei; ma intanto vi consigliamo di cominciare a progettare un viaggio per assistere, il prossimo anno, alla Festa del Redentore di fine agosto. Sarà un’esperienza indimenticabile.

In copertina: allestimento, foto di Laura Candiani.

***

Articolo di Laura Candiani

oON31UKh

Ex insegnante di Materie letterarie negli Istituti superiori, pubblicista, dal 2012 collabora con l’associazione Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni, fornisce consulenze alle amministrazioni locali. Fra 2016 e 2017 ha realizzato come coautrice tre libri: Donne mal dette e nascoste nel territorio e nelle strade italianeLe Mille e Pistoia.Tracce, storie e percorsi di donne. Nel 2018 ha scritto e curato la guida al femminile: La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne. Nel 2025 ha curato il volume Le Nobel per la letteratura.

Lascia un commento