Un libro per pre-adolescenti alle prese con il primo smartphone

Se avete figli/e che si affacciano ora al mondo dello smartphone, o che, pur non avendone ancora l’età, sono incuriosite/i e attratte/i da quello strano oggetto luminoso che adulti e adolescenti stringono continuamente tra le mani, Maia e… il telefono che voleva tenermi sveglia è la lettura giusta per affrontare con loro l’argomento. L’autrice, Ottavia Spisni, ha pubblicato ad agosto con Amazon un libro illustrato davvero molto interessante, che, con parole semplici e immagini efficaci, accompagna le piccole lettrici e i piccoli lettori alla scoperta delle funzioni del cellulare.
Lo sguardo proposto dal testo va molto oltre la semplice descrizione dell’oggetto e del suo potenziale. Nel corso dei dodici capitoli, molto scorrevoli e graficamente accattivanti, ariosi, ricchi di disegni e icone, si affrontano contenuti densi, resi però assolutamente accessibili da una semantica immediata e dal frequente ricorso a esempi chiarificatori, sempre molto divertenti. C’è un po’ di tutto, nel testo: neuroscienze e biochimica; marketing e strategie di comunicazione; sociologia e psicologia, ingegneria informatica e antropologia; persino la filosofia bergsoniana e il concetto di tempo in essa contenuto. Insomma, un piccolo libro che però contiene un’immensità di spunti e argomentazioni, che guidano i ragazzini e le ragazzine a un uso critico e consapevole dello smartphone. E, a sorpresa, il discorrere di nuove tecnologie diventa anche l’occasione per un viaggio interiore, per la scoperta di sé e dei propri desideri.
Tutto ha inizio quando Maia, la protagonista del racconto, torna da scuola ed è pronta, come ogni giorno, a giocare in cortile con amici e amiche. Ma…
«Il gioco era pronto: corde, gessetti, idee.
Ma qualcosa era cambiato.
Erano lì, sì.
Tutti gli altri bambini.
Ma… non c’erano.
Le teste erano chine.
Le dita si muovevano come se suonassero uno strumento invisibile.
I volti non si alzavano.
Le risate non uscivano.
Solo scroll, tap, like, scroll, tap, scroll.
Maia si fermò.
Nessuno la stava ignorando.
Semplicemente, non la vedevano.
E non perché fosse invisibile.
Ma perché i loro occhi erano prigionieri di uno schermo piccolo e
luminoso,
più interessante di qualsiasi cosa reale».

Inizia così ad affacciarsi una serie di domande nella testa della piccola Maia, che, nel corso del racconto, parla con la mamma e la maestra Elide, riflette, scrive il suo diario (simbolo e roccaforte del reale che resiste oltre il virtuale, del tempo per il pensiero, per il dialogo interiore e per la vita vera).
La mamma e la maestra, che restano sullo sfondo ma sono figure centrali nell’aiutare la bambina a trovare le risposte che cerca, sono la voce della saggezza, dell’onestà intellettuale. Una voce adulta femminile che non esiterei a definire filosofica, esistenziale, profondamente autentica nella sua ricerca di verità senza compromessi, nel suo invito a farsi cittadine e cittadini attive/i nel mondo.
A pagina 37 e seguenti si legge, per esempio:
«Elide: Hai fatto bene a chiudere il telefono durante la lezione.
Non è una punizione. È un gesto di libertà.
Maia (spiazzata):
Libertà? Ma io pensavo che studiare fosse… una cosa che si deve fare.
Tipo le verdure.
Elide (sorridendo):
Molti lo pensano. Ma ti dico un segreto:
studiare è il contrario di obbedire.
È scegliere di capire.
E chi capisce… diventa pericoloso. Per chi vuole il mondo spento.
Maia:
Cioè… se io studio davvero, posso cambiare le cose?
Elide:
Non subito. Ma sì.

Ogni volta che impari una cosa nuova e la capisci davvero,
qualcosa in te si sposta.
E quello spostamento… si vede anche fuori.
Maia (abbassando la voce): Io a volte penso che il telefono non vuole farmi pensare.
Mi distrae, ma… anche mi stanca.
Come se volesse tenermi lontana da me.
Elide (dolce, seria): È perché lo studio ti fa incontrare te stessa.
E il mondo, spesso, ha paura delle persone che si conoscono.

Quelle che non sono solo “pubblico”, ma anche mente che si muove.
Maia (scrivendo sulla mano):
Studio = libertà.
Non solo per me. Per tutti.

Elide: Esatto. Per questo è un diritto.
Ma anche una responsabilità bellissima.
Chi può studiare, ha un superpotere.
E può usarlo per aprire spazi anche per chi non li ha mai avuti.
Maia: Allora devo proteggerlo.

Lo spazio dentro. Il tempo. Il silenzio».

Molto bello e intenso anche il capitolo dedicato alla spiegazione delle finalità nascoste dietro le applicazioni gratuite, che si potrebbe riassumere nello slogan “se non lo paghi, il prodotto sei tu!”.
Lucidissima l’analisi delle logiche del mercato, dell’interesse dei produttori ad aumentare costantemente il numero dei consumatori.
Ecco cosa scrive l’autrice a riguardo:

«Un algoritmo non sa chi sei davvero.
Non ha cuore.
Non capisce se oggi sei triste o vuoi cambiare gusto.

Tu hai qualcosa che loro non avranno mai:
la capacità di cambiare idea, di guardare con empatia, di scegliere il
silenzio, di fare una domanda nuova, di non cliccare, di scrivere un
diario.
Tu puoi amare.
Tu puoi pensare a chi sei davvero.
Gli algoritmi non sanno chi sei.
Sanno solo cosa fai.
E tu non sei solo quello che fai.
Sei un mistero bellissimo.
Una possibilità infinita.
Allora chi è più forte?
Loro sanno contare.
Tu sai immaginare».

Cosa dire? Un inno alla vita, questo bellissimo testo di Ottavia Spisni, un testo intelligente, fruibile, modernissimo sia nella forma che nei contenuti, pieno di quella filosofia del vivere bene (carissima a Socrate, Platone e Aristotele), che tanto manca al nostro tempo, ma che nei bambini e nelle bambine può germogliare con efficacia. Un libro insieme divertente e profondo, che può profilarsi come strumento efficace e utile per tutti/e i/le insegnanti che volessero affrontare in classe il tema delicato del libero pensiero e per tutti i genitori in cerca di un aiuto concreto nell’educare i figli e le figlie all’uso consapevole dei nuovi mezzi di comunicazione.

Ottavia Spisni

Maia e… il telefono che voleva tenermi sveglia

Odette s.r.l., 2025

pp. 125

***

Articolo di Chiara Baldini

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Classe 1978. Laureata in filosofia, specializzata in psicopedagogia, insegnante di sostegno. Consulente filosofica, da venti anni mi occupo di educazione.

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