Tra le incombenze di mia nonna Mariannina c’era la gestione delle provviste: ogni stagione offriva i suoi prodotti e bisognava fare in modo che, ove possibile, fossero conservati per tutto l’anno.
Le provviste
La parola che più di ogni altra occupava la mente delle donne era provvista. Non c’erano negozi o supermercati e bisognava avere tutto in casa per fronteggiare il pranzo e la cena. Per i salumi c’era il maiale, per il condimento l’olio che, chi non disponeva di oliveto, comprava in un paese vicino; si usava con molta parsimonia. I formaggi si compravano quasi freschi e si curavano in cantina, e poi il re: il grano, che si raccoglieva a luglio e si consumava tutto l’anno, portandone un po’ alla volta al mulino, dopo averlo lavato. Si faceva il pane, la pasta di tutti i tipi, le pizze, i taralli, i dolci alle feste. Non doveva mai mancare una scorta abbondante, c’era sempre la paura di rimanerne senza. La crusca era per il pastone del maiale, con le bucce di patate e gli scarti di cucina.

La provvista dell’acqua

Due sono le fonti per la provvista dell’acqua: il cielo e la fontana. Anche qui il compito delle donne è molto impegnativo. Per l’acqua piovana bisogna tenere sempre un grande secchio sotto il canalone della grondaia, che confina con quello della vicina, non rubare e non farsela rubare è compito di Mariannina, la cui nipotina doveva resistere al desiderio di inquinare l’acqua di quella vecchia antipatica che la sgridava sempre. L’altra fonte sono le fontane e qui il compito delle donne è diviso con gli uomini. Le donne dispongono di un barile di circa 20 litri e vanno a riempirlo alla bella fontana del paese: messo un panno fatto a mo’ di cercina in testa, poggiano sopra il barile, prima vuoto e poi pieno, con l’aiuto di una compagna e vanno a casa ben diritte con equilibrio precario, rischiando la caduta; ma loro sono brave. Le bambine partecipano con un cicino, piccolo recipiente a due manici, con la bocca stretta, di due o più litri, che riempiono alle fontanelle, dove l’acqua è più buona e lo portano trionfanti in due, a casa; è l’acqua da bere.
Animali da cortile e da cantina
Quel che una donna considerava una vera ricchezza erano un piccolo cortile e una cantina. Poter disporre di uova fresche e latte ogni mattina era un desiderio a volte irrealizzabile. Tre o quattro gallinelle e una chioccia assicuravano la possibilità di uova e pulcini, con l’aiuto di un gallo, e una capretta il latte. Ma dove metterle? Occorreva un cortile per il giorno e una cantina per la notte. I conigli avevano una bella gabbia grande nella cantina e rosicchiavano tutto il giorno scarti di verdure, la capra era portata al bosco dal capraio che faceva il giro del paese per riunire le capre e riportarle al tramonto e qui munte; quella di Mariannina si chiamava Ninuccia, ma poi la vicina si offese, avendo una figlia dello stesso nome e la capra fu ribattezzata Brigida. Le galline uscivano nel cortiletto a beccare il mangime che veniva dato loro e, a volte, uno squillante coccodè, avvertiva che una di esse aveva fatto l’uovo e Mariannina correva a prenderlo nel nido, ancora caldo, e lo portava in casa. E poi c’era il maiale, ma lui aveva uno spazio tutto suo, il porcile, dal quale non usciva mai, se non il giorno in cui sarebbe diventato prosciutti e salsicce. Anche in questi compiti il lavoro delle donne non manca, gli animali hanno bisogno di vivere in ambienti puliti e le donne di casa si alternano nelle pulizie dei locali loro adibiti.

Il maiale
Questo racconto andrebbe scritto e segnalato con il bollino rosso, ma non voglio urtare la sensibilità delle mie lettrici, eliminerò, quindi la parte più sgradevole del lavoro, anche perché quella tocca agli uomini.

C’è una strana eccitazione oggi in casa, come d’attesa di un evento straordinario, finalmente fa molto freddo, c’è il ghiaccio per terra e grossi ghiaccioli appesi alle grondaie dei tetti, è proprio il giorno adatto! Mariannina ha acceso il fuoco, preparato il caldaio, arriva la notizia, giù nello spiazzo davanti alla stalla il maiale si è immolato per il benessere della famiglia! Pasqualino porta alle donne, su in cucina, ciò che dovranno preparare per fare il suffritto; stasera, con tutta la famiglia e con tutti quelli che hanno collaborato, si farà una grande cena a base di soffritto e pane unto, pupicielli sott’aceto accompagneranno il pasto, contrastando il grasso degli altri ingredienti. Ci sarà, per gli uomini, una brocca di vino, Francesco è generoso con chi fa un buon lavoro, e le donne? Acqua fresca dell’arciulo! Le carni rimangono tutta la notte esposte al freddo, il gelido vento di tramontana le asciuga e le rende più saporite. Dopo una notte trascorsa un po’ agitata al pensiero di tutto ciò che dovrà fare, Mariannina si alza, mattiniera come sempre, e manda Vincenzella a chiamare le vicine; sedute, intorno al gran tavolo della cucina, iniziano a trattare la carne come hanno imparato da tradizioni secolari. I prosciutti, il lardo le ventresche, il capocollo, il guanciale, le nnoglie, vanno nella madia, ben ricoperti di sale grosso, solo dopo molti giorni, lavati e asciugati, cosparsi di sale fino, pestato nel mortaio, pepe e peperoncino piccante, saranno appesi alle grosse travi e prenderanno i caratteristici sapori. Ma ora la parte più impegnativa, i grossi pezzi di carne devono essere tagliati e tagliati fin quando, ridotti molto piccoli vengono mescolati e conditi con sale fino, pepe e semi di finocchio. È questo il momento più importante. Mariannina sa che le dosi sono calcolate in base ai chili di carne, 25 g. di sale e 5 g. di pepe, non si può sbagliare! Le comari iniziano a riempire i budelli con il composto, più grasso per le salsicce, più magro per le supressate. Servendosi di un piccolo imbuto di ferro, spingono la carne, con il pollice, sempre più giù, mentre Vincenzella e Nardinella, pungono con un ago per far uscire l’aria che guasterebbe i salumi, i quali, legati con un filo spesso e appesi alle travi della cucina, si asciugheranno, lentamente, e prenderanno quel buon sapore di affumicato. Il lavoro continua fino a sera, senza dimenticare di mettere da parte un po’ di quell’impasto, fritto nella frizzora, sarà un’ottima cena! Mariannina, stasera, va a letto serena, la provvista durerà tutto l’anno, ci sarà sempre l’abbondanza, in casa, per tutta la famiglia, e finalmente gusta un sonno ristoratore, dopo tanta fatica se lo merita! Avrei ancora molte storie di lavoro da raccontare perché, come diceva mia nonna: «Ad ogni giorno il suo affanno» ma non voglio annoiare più di tanto, saluto affettuosamente e dico… buon lavoro!
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Articolo di Irma Rosa

Pensionata, nata in montagna, vive in pianura, ama il mare. Appassionata lettrice, non predilige un genere in particolare, ma ha una spiccata simpatia per il noir. Coinvolta dalla passione politica fin dai primi anni ’50, non perde occasione per affermare la sua resistenza a ogni forma di violenza. Le piace scrivere e, essendo dotata di ottima memoria, ama ricordare le storie di un tempo che oggi sembra una fiaba.
