Perché abbiamo perso. Il numero di settembre di Limes. Parte prima 

«Se non c’erano gli americani a quest’ora eravamo europei». 

Giorgio Gaber, Libertà obbligatoria. 
Il numero agostano di Limes è tutt’altro che vacanziero. Il sottotitolo del volume Italiani ed europei fuori gioco vittime della propria propaganda. Ognuno riarma a modo suo ci guida a comprendere i pericoli di una narrazione (traduzione corretta dal termine inglese narrative, spesso approssimativamente tradotto con “narrativa”, che in italiano ha tutt’altro significato) della guerra russo-ucraina veicolata dai media mainstream. Su questo tema si sofferma una parte dell’editoriale del direttore Caracciolo, Ci siamo persi, che riprenderò alla fine. Da segnalare, a cura di Roger Calvello, in appendice all’editoriale, un’interessante descrizione della Cortina Antirussa, che comprende Norvegia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania e, last but not least, Polonia. 

Novorossija

L’articolo che più mi ha colpita nella parte intitolata Europa. La giungla dei riarmi è quello di Giuseppe De Ruvo e riguarda l’Italia. Si intitola La nevrosi italiana e il complesso di Mamma America ed esamina con grande lucidità quello che è successo ai media, all’opinione pubblica e ai decisori allo scoppio della cosiddetta “operazione militare speciale” di Putin. Quest’ultima avrebbe dovuto essere breve e «favorire un processo di transizione egemonica in cui (la Russia voleva) inserirsi per recuperare status e influenza. Conseguente e presupposto obiettivo simbolico-geopolitico: riattualizzare la natura imperiale della Russia (Russkij Mir) — come ostentato dalla felpa Cccp indossata dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in Alaska — e scrollarsi di dosso l’odioso epiteto di «potenza regionale» conferitole da Obama». Questa analisi non avrebbe potuto essere comunicata a un’Italia impreparata e cresciuta nella bambagia della Pax Americana. De Ruvo ne descrive benissimo le conseguenze appellandosi a Freud, Leopardi, Fornari e Manzoni. Una riflessione piena di spunti e collegamenti interdisciplinari, a conferma che l’apporto dei filosofi e delle filosofe è fondamentale in geopolitica. 

L’Europa nel 1942

Un’altra utile lettura è Riarmatevi perché noi non temiamo più la Russia di Samatra Maitra, analista statunitense già incontrato in precedenti numeri, che afferma senza alcuna esitazione che l’avamposto europeo per conto di Washington in futuro sarà Berlino, che riconvertirà la sua industria in un piano di riarmo gigantesco, in gara con quello della Polonia. A questo testo è fondamentale accompagnare Come l’America si è trascinata in guerra, nella traduzione di Federico Petroni e il saggio di Fabrizio Maronta La pallottola spuntata, che approfondisce il piano Rearm Europa della Commissione Europea. Il volume contiene approfondimenti sulla posizione della Francia e della Gran Bretagna, che improvvisamente, dopo la Brexit, è rientrata a pieno titolo nelle decisioni sul riarmo nel continente europeo. 
Se vi incuriosisce sapere che cos’è il samario, perché si chiama così (anche per me è stata una scoperta) e che ruolo ha avuto nella gara tra le tecnologie delle grandi potenze non potete perdervi Alessandro Aresu col suo saggio, breve e incisivo La materia del riarmo. Con un finale sui disastri della burocrazia europea in termini di riarmo e non solo, di cui riporto un passaggio che ho trovato molto efficace: «Nella grande letteratura, da Franz Kafka a Philip Dick, ma anche nel film Beetlejuice di Tim Burton, l’inferno è immaginato come una struttura burocratica assurda in cui non si può nemmeno ottenere l’eterno riposo senza la compilazione di moduli e certificati. Si può riconoscere che, dopo le grandi stagioni della chimica, della meccanica dello spirito e della ricerca applicata, gli europei e gli italiani si sono distinti per la creazione di questo specifico inferno sulla terra. Ora, una volta ammirata quest’opera a suo modo sontuosa, essa dovrebbe essere distrutta attraverso il riconoscimento liberatorio che nessun modulo serve veramente a qualcosa, che nessuna certificazione garantisce o promuove diritti o legalità, che nessuna carta reale o virtuale potrà renderci più sostenibili o resilienti, qualunque cosa significhi. Qualcuno prima o poi dovrà dire ad alta voce che il mondo dei certificati e dei moduli non serve assolutamente a niente se non a disarmarci in tutti i sensi, anzitutto come creature libere e poi come attori in grado di muoversi e difendersi in un contesto dove gli altri si organizzano e si armano. 
Dopo questo riconoscimento liberatorio, la nostra stessa burocrazia potrà essere assegnata ad altri compiti, più dignitosi e opportuni per la sicurezza e l’organizzazione industriale…». 

Riarmo. Chi spende quanto 

 Come promesso, riprendo il passaggio iniziale dell’editoriale di Lucio Caracciolo, per certi aspetti illuminante, Ci siamo persi: «Oggi l’Italia ha perso la pace senza aver combattuto la guerra. Ottant’anni fa vinse la pace perché aveva perso la guerra. Volendo perderla perché il suo padrone dell’epoca, Germania, l’avrebbe ridotta a triste colonia, mentre il nemico e futuro gestore, America, le offriva benessere e sicurezza. Per tre generazioni abbiamo goduto della pace firmata Zio Sam. Prima l’invasione russa dell’Ucraina poi il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e le dispute fra europei tanto impotenti quanto petulanti ci hanno tolto ogni certezza. Tutto è possibile. Dalla pace sporca alla guerra senza limiti. Molto di questo tutto dipende dalla narrazione, ricalco dall’inglese narrative. Nome corrente della cara vecchia propaganda. D’obbligo in tempo di guerra per ingannare il nemico. Almeno finché non inganni te stesso, credendoci. A forza di mentire per il bene della patria il boomerang ti piomba addosso. Non distingui più realtà e narrazione. Se provi a tenerle d’occhio insieme finisci strabico. Perdi il controllo della propaganda. Quando ti accorgi che è lei a controllare te può essere tardi. Scopriamo questo corto circuito nel bellicismo dei volenterosi anglo-europei di fronte alla tragedia ucraina. (Si veda la Conversazione con Herfried Münkler, professore emerito di Filosofia politica all’Università Humboldt di Berlino La Russia ci attaccherà n.d.r.). Mentre gli Stati Uniti tentano goffamente di sedarla illudendosi di guadagnare Putin al contenimento della Cina, tedeschi e francesi raggiungono inglesi, scandinavi, polacchi e baltici nella crociata antirussa. Armata non si sa bene come. […] Nelle accademie future questa guerra verrà classificata caso perfetto di dominio delle propagande sulla realtà. Siamo tutti finiti prigionieri delle nostre narrazioni. Non sappiamo come liberarcene. Se non ci riusciremo, scopriremo di essere finiti in guerra mondiale quando vi saremo già dentro…». 

(continua) 

***

Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la “e” minuscola e una Camminatrice con la “C” maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Procuratrice legale per caso, docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

Lascia un commento