Editoriale. Un bisogno di radicalità 

I due giorni del Primo convegno internazionale di Toponomastica inclusiva Tutta mia la città, che ho avuto la fortuna di poter seguire a Roma nella settimana scorsa, sono stati così intensi da far ritenere ardua impresa quella di mettere in fila i tanti stimoli che ne sono venuti. Impresa che d’altra parte non è il tema scelto per questo editoriale, anche perché la brillante sintesi di Flavia Barca nelle Conclusioni del convegno — che speriamo di poter ritrovare, insieme alle altre relazioni, tutte di grande interesse, in un volume di Atti — è stata a questo scopo illuminante.
Quello che invece ora vorrei fare è partire da un’osservazione del tutto marginale per mettere per scritto e comunicare, se ci riuscirò, uno dei tanti spunti di riflessione ricavati dal Convegno. 
Chi come me ha potuto seguirne tutte le fasi ricorderà sicuramente lo scroscio e la quantità di applausi alla conclusione di due relazioni, quelle della professoressa Priulla prima e della presidente Boldrini poi, nella mattinata del secondo giorno: due ovazioni prolungate, che sicuramente volevano segnalare, in un contesto tutto di altissimo livello, un apprezzamento speciale. Mi sono chiesta quale ne fosse l’origine e che cosa, in due discorsi abbastanza diversi tra loro, avesse colpito il pubblico in modo così evidente. L’intervento di Graziella Priulla, sociologa, era intitolato Stereotipi e linguaggi visivi. La definizione della situazione, mentre Laura Boldrini aveva ricordato un momento della propria esperienza come Presidente della Camera dei deputati parlando di Sala delle donne e memoria. 
Mi sono risposta che entrambe le relazioni trattavano il problema della sottovalutazione del femminile in un modo che si potrebbe definire radicale, e che forse era stata proprio questa impostazione a suscitare tanto entusiasmo. Improntata a radicalità, d’altra parte, era stata a suo tempo la decisione di Laura Boldrini di inventare e allestire, a Montecitorio, la Sala delle donne. La scelta apparve innovativa, diversa, irrituale, e il suo significato venne colto, infatti, da una destra misogina che iniziò immediatamente un tentativo di delegittimazione che, lo ricordiamo bene, terminò solo quando la Presidente della Camera si convinse a denunciare gli insulti e le minacce. Era il frutto avvelenato di quel radicalismo di destra, violento e volgare, che si è dimostrato infine vincente, ha conquistato ancora una volta gli Stati Uniti e sta guadagnando consensi in tutto il mondo e anche, purtroppo, nel cuore dell’Europa. Un radicalismo di destra che, di fronte ai problemi giganteschi che oggi ci stanno di fronte e richiedono soluzioni coraggiose, illude le masse che queste soluzioni consistano nell’individuare dei capri espiatori e nell’annientare politicamente la parte avversaria affermando il pensiero unico. 

Non è certo questa la radicalità di cui parlavo, necessaria in un mondo segnato da problemi di una gravità eccezionale che esigerebbero interventi politici altrettanto eccezionali. Non a caso parlo di radicalità, non di radicalismo, e tantomeno di estremismo, che è tutt’altra cosa, anche se nel sentire comune (e non solo in quello) i due concetti sono spesso confusi. Perché pensare positivamente in modo radicale implica prima di tutto mettere al centro gli esseri umani e poi analizzare le situazioni in profondità e partendo dalla radice dei fatti, quindi da ciò che li determina, per agire su quella quando è necessario modificarli. 
Tutti e tutte avvertiamo, spesso in modo ancora confuso o non del tutto consapevole, che non il nostro Paese, non l’Europa, non l’Occidente che ormai non sappiamo neanche se esista ancora e cosa sia, ma il mondo intero si trova oggi davanti a una svolta epocale e a elementi di crisi dalla cui risoluzione può dipendere il destino dell’umanità. 
Basta pensare agli scenari aperti dall’intelligenza artificiale, affascinanti sì ma al contempo inquietanti (quante persone scopriranno a breve l’inutilità del loro lavoro?) o ai cambiamenti climatici che, desertificando vaste aree della Terra, sempre di più spingeranno masse di uomini e di donne verso zone più vivibili, come già avviene da tempo, o al pericolo costituito da quella che è stata definita come la terza guerra mondiale a pezzi, legata alla crisi di un ordine mondiale durato a lungo ma ora tramontato per sempre, in una realtà globale multipolare. 
Ecco, a fronte di problemi di questa portata ci vogliono analisi competenti che colgano le radici e non i sintomi e diventa indispensabile un pensiero radicale da cui discendano soluzioni mirate, coraggiose e innovative. Di un pensiero simile si sente il bisogno, non di pericolose illusioni semplificatrici, e neanche di pannicelli caldi e provvedimenti che servono al massimo per tirare a campare. E se poi pensiamo alla politica di casa nostra, o a quello che tristemente passa per tale, cioè propaganda da una parte e tifo da stadio dall’altra, mentre i maître à penser ci spiegano, per tranquillizzarci, che il meglio dell’azione del governo in carica consiste nell’attuare una politica in realtà “democristiana”, allora capiamo quanto sia grande ma anche frustrato il bisogno, che in tanti e tante sentiamo, di radicalità nel pensiero e nell’azione politica. 

Mentre ci accingiamo a presentare gli articoli di questo primo novembre, apprendiamo della scomparsa di Oria Gargano. «Una donna a pieni motori, capace di una femminilità potente, capace di farti ridere dalla rabbia e piangere dalla felicità», scrive chi l’ha conosciuta. E continua: «Il suo è stato, anzi è, un femminismo curioso, coraggioso, mai giudicante. Sempre al servizio
delle altre, sempre aperto al dialogo con le istituzioni. Conflittuale perché generoso, generativo all’ennesima potenza». Ci mancherai, Oria, sorella e Maestra.

Sui temi affrontati nell’editoriale ritornano alcuni degli approfondimenti di questo numero. Sugli effetti negativi e pericolosi della propaganda di guerra sulle nostre democrazie alimentata da narrazioni fuorvianti e alimentatrici di odio riflette la recensione divulgativa Perché abbiamo perso. Il numero di settembre di Limes. Parte seconda; su quelli dell’intelligenza artificiale si interroga l’autrice di Chi vince e chi perde nella rivoluzione digitale? 
Un filo sottile lega La società raccontata attraverso l’abbigliamento e la donna delle arti minori di Calendaria 2025, Anna Anni, costumista e scenografa di fama internazionale, timida e riservata, che lavorò con Orson Welles e Franco Zeffirelli. Non sembri azzardato accostare a questi articoli Natura viva. Il corpo politico di una modella d’arte. Parte seconda, il racconto “da dentro” di chi offre il suo corpo alla visione e al giudizio senza alcuna sottomissione ma per l’arte come forma di resistenza. Ancora di corpi nell’arte si parla, per la Sezione “Tesi vaganti”, in Quattro opere di Maria Papadimitriou, audace artista greca contemporanea esponente della Socially Engaged Art. Di corpi delle donne in momenti importanti della loro vita si parla in Diritto alla salute riproduttiva. Un costante work in progress. 
Il mese di novembre di Calendaria 2025 è dedicato alle mosaiciste, di cui la prima che incontriamo è la maestra Gertrude Martin, che ha lasciato opere bellissime nella Cattedrale di Westminster, a Londra, in Scozia e a Belfast. 
Nella Sezione Juvenilia Menti brillanti che illuminano il cosmo è il racconto del progetto che ha vinto il primo premio ex aequo del XII Concorso “Sulle vie della parità” delle classi 5A e 5B della scuola primaria dell’Istituto comprensivo “Leonardo da Vinci” di Cavallino (LE). 
Ci avviamo a concludere la carrellata degli articoli di questo numero novembrino con i consigli di lettura: la recensione del libro Giura di Stefano Benni, il cui «titolo stesso è un invito alla fedeltà verso ciò che siamo stati, verso le nostre origini e i luoghi che ci hanno formati e formate», perché, come Benni stesso afferma: «Le radici non sono catene, ma fili luminosi che ti riportano a casa, anche quando non sai più dov’è»; e il racconto scritto per il Laboratorio di scrittura creativa “Flash-back”, Lorenza una storia sul potere dei libri. 
L’Ottobre di Toponomastica femminile descrive le numerose attività e gli eventi che hanno impegnato la nostra associazione in varie parti d’Italia. 
Chiudiamo con una delle Ricette vegane dal mondo. Il chili sin carne, «un piatto ricco di proteine vegetali, aromatico e perfetto da preparare in anticipo: il giorno dopo è ancora più buono!». 

Buone letture radicali a tutte e tutti! 

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Articolo di Loretta Junck

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Già docente di lettere nei licei, fa parte del “Comitato dei lettori” del Premio letterario Italo Calvino ed è referente di Toponomastica femminile per il Piemonte. Nel 2014 ha organizzato il III Convegno di Toponomastica femminile, curandone gli atti. Ha collaborato alla stesura di Le Mille. I primati delle donne e scritto per diverse testate (L’Indice dei libri del mese, Noi Donne, Dol’s ecc.).

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