Eunice Newton Foote. Due cilindri di vetro e un secolo di silenzio editoriale 

La scienza del clima non nasce con i supercomputer, ma con due cilindri di vetro scaldati al sole, precisione e molta pazienza. Anno 1856, Eunice Newton Foote nel suo laboratorio domestico, osserva due cilindri di vetro pieni di gas che si scaldano al sole.  
Il piano è semplice, il protocollo lineare: due cilindri di vetro lunghi circa 70 cm, con una pompa per aspirare l’aria, ognuno con un termometro, vengono riempiti di gas diversi (aria secca, aria umida, anidride carbonica (CO₂) all’epoca chiamata acido carbonico, ossigeno, idrogeno). Foote misura l’aumento di temperatura al sole e il successivo raffreddamento all’ombra. Sul suo quaderno di laboratorio annota: «Più acido carbonico, più calore».
La versione vittoriana dell’effetto serra.
Il cilindro con CO₂ si scalda di più e resta caldo più a lungo, un risultato riproducibile che indica un maggiore assorbimento radiativo e tempi di rilascio più lenti: proprio la firma fisica di un gas serra. 

Eunice Newton — suo padre Isaac sosteneva di avere una lontana parentela con lo scienziato omonimo — nacque in Connecticut nel 1819, ma crebbe nello Stato di New York. Qui frequentò il Troy Female Seminary, una delle poche istituzioni che offrivano alle ragazze dell’epoca un’istruzione scientifica di qualità.

Troy Female Seminary dove Foote studiò

Visse nell’epicentro dei movimenti riformatori e fu una delle firmatarie della Declaration of Sentiments (1848), manifesto fondativo, modellato sulla Dichiarazione d’Indipendenza, del movimento per i diritti delle donne negli Stati Uniti.  
Oltre alle attività per i diritti civili, Newton Foote inventò e brevettò diversi oggetti tra cui: un inserto di gomma vulcanizzata per suole di stivali e scarpe, un pattino senza cinghie, una macchina cartaria “a cilindro” per produrre carta da imballo e da stampa a basso costo, e un fornello a controllo termostatico che fu brevettato dal marito Elisha Foote, ma inventato da Eunice. Pare fosse anche una discreta ritrattista, ma di lei non ci sono rimaste immagini.  

Declaration of sentiments (1848) con la firma di Eunice
Brevetto della macchina per la carta

Ma torniamo al 1856. A seguito dell’esperimento con i cilindri, Foote condensò le misure in una frase che oggi appare quasi scontata, ma che all’epoca era una novità assoluta: «An atmosphere of that gas would give to our earth a high temperature», un’atmosfera ricca di CO₂ darebbe alla Terra una temperatura elevata. Inoltre aggiunse che, se in passato l’aria avesse contenuto più CO₂, il clima sarebbe stato più caldo, un’intuizione che collega fisica, geologia e storia naturale in un colpo solo.  

Firma di Eunice Newton Foote

Il suo breve articolo, Circumstances Affecting the Heat of the Sun’s Rays, fu presentato alla riunione annuale dell’American Association for the Advancement of Science (Aaas) ad Albany il 23 agosto 1856, letto da Joseph Henry della Smithsonian, che, con grande benevolenza, lodò l’idea che «la scienza non ha sesso» pur restando scettico sull’interpretazione, come riportato dalla stampa dell’epoca. 

Breve articolo Circumstances Affecting the Heat of the Sun’s Rays

Nel novembre 1856 il suo articolo fu pubblicato nell’American Journal of Science and Arts e, in forma abbreviata, anche sul Philosophical Magazine: uno dei primi articoli di fisica pubblicati da una donna negli Stati Uniti. L’anno dopo Foote pubblicò un secondo lavoro su elettricità statica e gas atmosferici, a riprova della sua capacità di fare scienza in un contesto poco ospitale per le donne. 

La fisica dell’effetto serra atmosferico richiede di distinguere tra meccanismi: assorbimento della radiazione infrarossa emessa dalla superficie e dall’aria, conduzione dalle pareti riscaldate, convezione interna, trasparenza del vetro a diverse bande spettrali. Gli esperimenti di Foote non isolavano ogni contributo, e non potevano farlo con l’apparato da lei utilizzato, ma mostrarono con chiarezza che la CO₂ si scaldava di più e tratteneva più calore, formulando la corretta implicazione climatica su scala planetaria: più CO₂, più temperatura media: quella che oggi chiamiamo forzante radiativa.  

John Tyndall

Tre anni dopo, fu John Tyndall che arrivò alla dimostrazione strumentale dell’assorbimento selettivo dei gas serra. Questo non riduce il merito di Foote: fu la prima a legare sperimentalmente composizione dell’aria e temperatura e a ipotizzarne gli effetti sul clima in generale, con un ragionamento che precorreva i calcoli moderni del bilancio energetico terrestre. 
Se Tyndall aveva strumenti migliori, Foote aveva tre anni di vantaggio. Le reti accademiche e i canoni storiografici selettivi rispetto al genere, per un secolo, accreditarono Tyndall come “padre” dell’effetto serra, complice anche la maggiore sofisticazione strumentale del suo lavoro e la sua collocazione nel cuore della scienza europea.
La riscoperta del contributo di Foote è relativamente recente: storici della scienza e divulgatori hanno riportato alla luce l’articolo scientifico del 1856, ridando a Foote il suo posto nella genealogia della scienza del clima e ricordando che la ricerca procede spesso per passi concatenati, non per singoli lampi di genio isolati. L’American Institute of Physics e altre istituzioni hanno iniziato a includere Foote in guide didattiche e percorsi educativi, facendo sì che i cilindri di vetro del suo laboratorio entrino nelle aule e nei musei come meritano. 

Che cosa ci insegna, oggi, quell’esperimento “povero” ma brillante?  
Primo: che la scienza del clima si fonda su principi di fisica dell’atmosfera semplici da enunciare e robusti da misurare, a partire dall’assorbimento dell’infrarosso da parte dei gas serra e dall’equilibrio tra radiazione in entrata e in uscita, il che spiega perché un aumento di CO₂ sposti la temperatura media verso l’alto.  
Secondo: che l’evidenza empirica, anche quando non individua tutti i meccanismi, può suggerire correttamente le implicazioni climatiche, purché sia trattata con prudenza metodologica, come Foote fece, collegando le sue misure alle ipotesi sulla storia geologica della Terra. 
Terzo: che il ruolo del vapore acqueo come amplificatore (feedback) e non come forzante primario era già intuitivamente visibile nella differenza tra aria umida e secca negli esperimenti, un “indizio” che oggi i modelli quantificano, mostrando come l’aumento di CO₂ inneschi ulteriori aumenti di contenuto di vapore e quindi dell’effetto serra complessivo.  
Infine, ci ricorda che il lessico storico conta: chiamare “gas acido carbonico” la CO₂, non impedì a Foote di vederne la sostanza fisica, mentre cambiare i nomi senza dati precisi non porta da nessuna parte, né in laboratorio né nel dibattito pubblico. 

Mary Foote

Foote ebbe due figlie, Mary e Augusta, scrittrici e femministe. Morì nel 1888, senza immaginare che un secolo e mezzo dopo il mondo avrebbe discusso di budget di carbonio e di decimali di grado. La sua intuizione attraversa il tempo e riportarla alla luce, è restituire correttezza al percorso con cui si è costruita una delle conoscenze più importanti del nostro tempo, con un invito a riconoscere i contributi ignorati perché fuori dai salotti accademici dominanti. È ironico che una scienziata “dilettante” dell’Ottocento abbia colto, con cilindri di vetro, ciò che nel XXI secolo dobbiamo difendere con calcoli sofisticati: all’aumento della CO₂, aumenta la temperatura media della Terra. Concetto decisivo per politica e tecnologia. 

In copertina: ricostruzione del laboratorio di Foote. Dal cortometraggio “Eunice” 2018. Crediti: Paul Bancilhon e Matteo Marcolini. 

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Articolo di Sabina Di Franco

Geologa, lavora nell’Istituto di Scienze Polari del CNR, dove si occupa di organizzazione della conoscenza, strumenti per la terminologia ambientale e supporto alla ricerca in Antartide. Da giovane voleva fare la cartografa e disegnare il mondo, poi è andata in un altro modo. Per passione fa parte del Circolo di cultura e scrittura autobiografica “Clara Sereni”, a Garbatella.

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