Lo scorso 27 settembre si è tenuta a Pescia (Pistoia), nella sala consiliare del Palazzo del Vicario, la conferenza di Bruna Rossi Montagnani intitolata Il filo dorato tra la Valdinievole e le rotte americane: Fioretta Vespucci e le altre, nell’ambito della più vasta problematica legata alle “donne ai margini della storia”. L’evento ha visto i saluti istituzionali del sindaco Riccardo Franchi e l’introduzione di Laura Melosi, direttrice della Sezione Storia e Storie al Femminile dell’Istituto Storico Lucchese.

Alcune parole vanno spese per presentare la studiosa: ex insegnante di scuola primaria, da sempre appassionata di storia, poesia, fotografia, arte, è autrice di diverse pubblicazioni; si dedica a esplorare e valorizzare gli angoli più suggestivi o dimenticati del territorio e a ricercare notizie su interessanti figure femminili, nobili o popolane, come l’ormai conosciuta Maria Antonietta Sabatini, “la Marietta”, preziosa governante e assistente di Pellegrino Artusi. Toponomastica femminile ha dato volentieri il proprio patrocinio alla conferenza sia perché Bruna Rossi ha in varie occasioni collaborato con nostre iniziative e con la referente locale, sia perché l’argomento in questione ci tocca da vicino e risulta di notevole fascino e originalità. Già accennata questa vicenda nella nostra guida La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne, ora è stata ampliata e approfondita spiegando i legami fra famiglie toscane influenti durante l’Umanesimo e il Rinascimento grazie a prestigiosi matrimoni. Da Nanna degli Onesti a Fioretta Vespucci, nata nel 1432 e sempre vissuta a Pescia, è facile comprendere l’intreccio economico, culturale, sociale che porta fino alle imprese del celeberrimo navigatore, di cui Fioretta fu zia.

Alcuni membri della famiglia sono stati raffigurati in un bellissimo dipinto di Domenico Ghirlandaio, nella Chiesa di Ognissanti a Firenze, in cui la Madonna misericordiosa accoglie anche Fioretta sotto il suo manto, insieme ai genitori Nanna e Amerigo di Nastagio, notaio e umanista, nonno dell’esploratore che per primo comprese di trovarsi di fronte un nuovo continente, poi chiamato America in suo onore. I committenti sono al centro, in primo piano, a sinistra gli uomini, a destra le donne; fra loro elegante e imponente Fioretta, l’unica figlia che si sposò, poi vediamo le sorelle abbigliate da monache, insieme a una bambina.
Premesso che alcune vicende di cui si parlerà non trovano al momento precise conferme, nonostante le lunghe ricerche in archivi, atti notarili, biografie, alberi genealogici, e talvolta sono frutto di “suggestioni” che avranno approfondimenti e indagini ulteriori, come spiega chiaramente la studiosa, merita in primo luogo una riflessione la lunetta riportata nella locandina. Si tratta infatti del ben visibile dipinto nell’ingresso dell’antico Palazzo del Vicario dove ci troviamo, oggi sede del Municipio di Pescia.

Raffigura il pesciatino Francesco Buonvicini, marito di Fioretta, mercante e navigatore che nel 1435 portò in Toscana dai suoi viaggi un nuovo tipo di gelso, probabilmente quello rosso, visto che gli altri tipi (bianco e nero) erano già noti e diffusi. Questa novità, non un albero ma una pianta a forma di cespuglio meglio utilizzata per la raccolta dalle donne e da bambini e bambine, piccole aiutanti, forniva foglie di giusta consistenza di cui i bachi da seta erano ghiotti, ma soprattutto dava origine a un filato più lucido, resistente, di altissima qualità. Nell’opera si vede che Buonvicini indica la piantina di cui va giustamente orgoglioso e questo ci porta a quel “filo dorato” che farà da traccia per il percorso che ci attende. La Valdinievole, Lucca e la Lucchesia furono a lungo i centri italiani ed europei dove si produceva la seta più pregiata: nelle campagne si aveva l’allevamento affidato quasi esclusivamente alle donne, lavoro modesto e ben poco remunerato ma pur sempre utile per il bilancio familiare; era comunque un procedimento assai delicato perché i bachi si devono sorvegliare e mantenere sani. I preziosi filati venivano poi trasportati nelle apposite filande, per cui perfino Leonardo da Vinci studiò delle migliorie tecniche. In seguito l’attività si diffuse anche altrove: Bologna, Venezia, Siena, Sardegna… A proposito ci piace ricordare che nel 2018 nella vicina località di Villa Basilica (Lucca), grazie all’interessamento di Toponomastica femminile, una piazza fu intitolata alle bravissime lavoranti locali, tanto abili da insegnare il mestiere alle più giovani e inesperte.
Bruna Rossi si è brevemente soffermata sui genitori di Fioretta: ser Amerigo di Nastagio Vespucci era un notaio molto importante, procuratore di ricche famiglie, come quella dei Buonvicini, spesso in viaggio e diviso nella professione fra Pescia e Firenze. La moglie Nanna degli Onesti, pesciatina, apparteneva a una famiglia colta e benestante e portò in dote terreni e vigneti, «forse proprio quei territori conosciuti, con una connotazione squisitamente femminile, come i “colli delle donne” dove possiamo trovare anche la località denominata “Veneri”, si dice in memoria di un antico culto e di un tempio dedicato alla dea dell’amore» (Bruna Rossi). La coppia ebbe diverse figlie, finite in convento eccetto Fioretta, e figli, uno dei quali sarà Nastagio, padre del navigatore, che rimasero a vivere a Pescia, imprenditori e uomini di spicco che certo oscurarono il nome della sorella, di cui non si sa quasi nulla. Si ricorda tuttavia suo figlio, fra Domenico Buonvicini, monaco domenicano, compagno del Savonarola con il quale fu impiccato e arso sul rogo il 23 maggio 1498, a dimostrare gli intrecci della storia e delle famiglie illustri.
Proseguendo il filo del racconto e il percorso della seta, sembra davvero un segno del destino che a fine settembre si svolgano a Pescia i festeggiamenti in onore della patrona santa Dorotea e sotto le finestre della sala si sentano i festosi rulli di tamburo che testimoniano la recente vittoria di un quartiere nel palio tradizionale. Ma questa santa, che protegge chi lavora nell’ambito floreale, come giardiniere/i e vivaiste/i, quindi molto cara fino dal 1339 alla popolazione locale che si fa un vanto di tali attività tramandate da generazioni, cosa ha a che fare con la seta? Qui entriamo nel campo delle suggestioni, che tuttavia sembrano poggiare su dati concreti e attendibili. Intanto nell’iconografia la santa compare sempre abbigliata con drappi, mantelli, stole di seta rossa o verde o chiara, e Vespucci navigatore, guarda caso, portò dai suoi viaggi una pianta che forniva un colorante rosso, poi sostituito dalle bacche di gelso.
In alcuni dipinti che la ritraggono sullo sfondo vediamo delle filande e la raccolta di foglie, in altri delle navi con le vele spiegate, vele che probabilmente erano realizzate in seta, materiale leggero, trasportabile nei lunghi viaggi, molto più resistente di quello che si immagina se nella Seconda guerra mondiale se ne fabbricavano i paracadute americani. In altre immagini si è notato che la martire di Cesarea ha in mano, anziché le solite mele e rose (miracolosamente comparse fuori stagione portate da un angelo), quelli che paiono bozzoli, da ciò parte la teoria che sia pure la protettrice delle donne che seguono le varie fasi della coltura dei bachi da seta. Un altro elemento interessante riguarda la data della vera e propria festa patronale che cade il 6 febbraio, ovvero il momento in cui si comincia a occuparsi dei gelsi perché in primavera siano ricchi di fronde, ma pure della selezione dei “semi”, così si chiamano le minuscole uova dei bachi che le donne un tempo conservavano con cura e poi tenevano in sacchettini, al caldo sul seno, per favorirne la schiusa.

Le varie operazioni devono finire entro il 24 aprile; a quel punto i bozzoli verranno gettati in acqua bollente perché il filo (lungo circa 3 km) rimanga integro e le lavoranti, con dei bastoncini, muovono l’acqua per individuarne il capo. Altri bachi, divenuti farfalla, saranno più fortunati perché voleranno via per far nascere la nuova generazione. Tutte le attività per tradizione secolare erano rigorosamente lasciate alle donne, e a fanciulli e fanciulle, non sono infatti lavori pesanti ma delicati sì, perché occorre grande attenzione sia per tenere i bachi in salute e ben nutriti con foglie fresche visto che sono voraci e in rapida crescita sia per capire esattamente il momento in cui il bozzolo è finito. Bruna Rossi ci ha spiegato nel dettaglio questa affascinante procedura servendosi di efficaci incisioni di Giovanni Stradano (1523-1605), pittore fiammingo autore di una interessante serie intitolata Nova Reperta, dedicata alle “più strane e belle invenzioni del mondo” fra cui proprio la bachicultura.

La stimolante conferenza si è conclusa con una notazione botanica, un’altra suggestione che ci piace condividere: la pianta grassa portata da Bruna Rossi e posata sul tavolo davanti all’uditorio si chiama “aloe dorotea” e, ulteriore coincidenza, esposta al sole si tinge di rosso, infatti è pure detta “pianta del tramonto“; naturalmente la santa non c’entra, Dorotea è solo il nome della signora londinese a cui fu dedicata, però quanto è bello lavorare con la fantasia…
In copertina: Villa Basilica (Lucca), piazza Le maestre filatrici di seta, foto di Laura Candiani.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, pubblicista, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate a Pistoia e alla Valdinievole. Ha curato il volume Le Nobel per la letteratura (2025).
