Alice ed Ellen Kessler, il coraggio delle scelte

Quando scompare qualche personaggio che ha fatto la storia della televisione, della radio, del cinema, della musica o del teatro, succede di avvertirne l’assenza, di comprendere che un pezzettino del nostro passato è finito per sempre. Questa è stata sicuramente la sensazione di chi Alice ed Ellen Kessler, per motivi anagrafici, se le ricorda davvero e di chi comunque ne ha apprezzato la bellezza statuaria e le doti artistiche in tante rievocazioni, negli ultimi giorni sempre più frequenti. Sembra un caso che proprio di recente su Rai 5 sia stato trasmesso un documentario sull’attività unica e irripetibile del grande Antonello Falqui, regista innovativo dal taglio cinematografico e dalla creatività straordinaria che ebbe un ruolo essenziale nel far conoscere al pubblico italiano le gemelle Kessler. Ma della loro carriera riparleremo; quello che ci interessa, sull’onda dell’emozione, è piuttosto evidenziare le scelte coraggiose che accompagnarono tutta la loro vita, fino all’estrema decisione di lasciare il mondo insieme, come insieme avevano vissuto.

Alice ed Ellen bambine

Erano nate il 20 agosto 1936 da una madre appassionata di musica e da un padre violento che le segnò nell’infanzia anche con il suo alcolismo; vivevano a Nerchau, in Sassonia, dove presto iniziarono a praticare la danza, quindi studiarono all’Opera di Lipsia. La loro prima scelta avvenne quando erano solo diciottenni e decisero insieme, come continueranno a fare in ogni tappa importante della loro esistenza, di lasciare la Germania Est, per trasferirsi a Düsseldorf e debuttare come ballerine. Entrarono poi nel celebre corpo di ballo delle Bluebell girls per lavorare dal 1955 al 1960 nel tempio del music-hall parigino: il Lido. La loro carriera stava decollando, ma anziché rimanere in un ambiente ormai conosciuto e con il futuro assicurato, presero un’altra decisione che poteva pure essere rischiosa. Si trasferirono in Italia dove, dal gennaio 1961, cominciarono la trionfale carriera televisiva con i varietà diretti da Falqui. Era una televisione giovane, la nostra, nata solo nel gennaio 1954, era l’epoca assai bacchettona della Democrazia cristiana e sui teleschermi pareva impensabile far comparire due paia di gambe lunghissime dalle calze velate; infatti fa tenerezza oggi vedere le loro prime apparizioni con calze nere super-coprenti, come quelle delle vedove.

Il celebre Da-da-un-pa

Avevano una sorta di mantello piumato, un corpetto luccicante e si muovevano in perfetta sincronia; cantavano pure ed erano spiritose. Insomma: due tedesche aliene, alte, bionde, belle e simpatiche. E grandi professioniste. Piano piano si comprende che il tempo passa dalla velatura delle calze, e certo le Kessler contribuirono, più o meno consapevolmente, a svecchiare trasmissioni che tuttavia nascevano all’insegna della novità. Pensiamo a Studio Uno e a Canzonissima.

Dall’Italia il successo arrivò al resto d’Europa e varcò l’Oceano: ebbero la copertina della rivista Life, parteciparono allo show di Danny Kaye nel 1966 e ottennero un importante contratto quinquennale con una rete televisiva americana, tuttavia quei ritmi di lavoro non le appagavano, erano travolte da un meccanismo che non apparteneva al loro modo di essere e di porgersi, quindi decisero di rientrare prima del tempo a Roma, facendo ancora una volta una scelta controcorrente.

Le gemelle Kessler a Roma

La loro carriera ebbe in seguito una svolta impegnata quando interpretarono nei cabaret tedeschi testi di Bertolt Brecht, anche se sempre si lamentarono di essere ricordate assai di più come le regine del varietà e coloro che avevano lanciato Da-da-un-pa. Nel 1975 osarono ancora, sfidando le convenzioni e i pudori del tempo, perché comparvero sulla copertina di Play Boy, con la consueta eleganza, mentre in tv si proponevano in spettacoli per famiglie.

In Italia entrambe avevano trovato l’amore, ma scelsero di non sposarsi mai e di rimanere donne libere, padrone del proprio destino. Ellen fu a lungo la compagna dell’attore Umberto Orsini, Alice dell’attore Enrico Maria Salerno, finché nel 1986 capirono che un’epoca era conclusa e ritornarono in Germania per stabilirsi a Grünwald, presso Monaco di Baviera, in un bel quartiere borghese, dove sono morte il 17 novembre scorso. Raccontavano nelle interviste di avere due appartamenti comunicanti e speculari in una villetta, arredati in modo simile, per mantenere ciascuna la propria privacy e, al tempo stesso, essere vicine, a dimostrazione di un legame indissolubile, come quello che di solito lega sorelle o fratelli gemelli. Ogni giorno mangiavano insieme, una volta cucinava Ellen, una volta Alice, mentre la sera si ritiravano ognuna nella sua abitazione. Per tenersi in forma facevano ginnastica, praticavano il golf o nuotavano in piscina. Di tanto in tanto sono ritornate in Italia per apparizioni televisive che si sono susseguite fino al 2014 e nel 2011 osarono un’altra avventura, dopo trent’anni di assenza dai palcoscenici e a una età decisamente avanzata: parteciparono al musical Dr. Jekyll e Mr. Hyde per la regia di Giancarlo Sepe.

Alice ed Ellen in Dr. Jekyll e Mr. Hyde

L’ultima, definitiva scelta consapevole è stata quella di morire insieme, grazie al suicidio assistito, una scelta civile e moralmente condivisibile, che pone alla società italiana e a chi la governa degli interrogativi. Ricordiamo che in Italia il suicidio assistito si può richiedere in base alla sentenza sul caso del dj Fabo, Corte Costituzionale 242/2019; la persona che lo chiede deve essere incurabile, capace di intendere, sopravvivere solo dipendendo da specifiche cure; la domanda va rivolta alla Asl e poi vagliata da un apposito comitato etico. Solo Toscana e Sardegna hanno idonee leggi regionali. Per Alice ed Ellen si è trattato di una decisione ponderata da tempo di cui avevano parlato in una intervista del 2019 a QN e poi il 21 agosto 2024 sul Corriere della Sera; in quell’occasione pronunciarono parole significative per conoscerle meglio. «Tutte e due avevamo da subito, da quando eravamo ragazzine, un’idea molto chiara: dovevamo essere indipendenti. Non volevamo dipendere da un uomo in nessuna maniera». «Eravamo femministe ma senza pensarci: da quando avevamo 15 anni abbiamo iniziato a guadagnarci da sole la nostra vita». Alla domanda relativa all’eutanasia, a cui in passato avevano fatto cenno, risposero testualmente: «Il nostro desiderio è andarcene insieme, lo stesso giorno. L’idea che a una delle due capiti prima è molto difficile da sopportare». E così è stato. Nuovi dettagli si sono appresi nei giorni successivi alla loro scomparsa. Avevano pianificato tutto nei particolari, prendendo contatto con una delle associazioni tedesche che curano ogni fase del procedimento; in Germania infatti una sentenza della Corte Costituzionale del 2020 prevede che la persona determinata a porre fine alla propria vita sia in grado di decidere in piena autonomia e somministri il farmaco con le proprie mani, aprendo la confezione e iniettandosi un potente anestetico; così la morte arriva nel sonno, serenamente. Alice ed Ellen, che da qualche tempo lasciavano sempre meno le loro abitazioni e manifestavano alcuni problemi di salute e forse dei sintomi di depressione, avevano disdetto l’abbonamento al tabloid Abendzeitung, avevano scritto delle lettere alle persone care da aprirsi solo il 18 novembre, avevano lasciato in dono dei gioielli all’amica Carolin Reiber. Non avendo eredi, molti anni fa si erano preoccupate di fare testamento a favore di Medici senza frontiere, Unicef, Christoffel Blind Mission (associazione finalizzata alla prevenzione e cura della cecità nei Paesi in via di sviluppo), Ordine di Malta e Gut Aiderbichl (associazione animalista austriaca). Nelle accurate disposizioni, avevano chiesto espressamente che, dopo la cremazione, le loro ceneri fossero unite in una stessa urna insieme a quelle della madre Elsa e dell’amato cane Yolli, anche se sembra che la legge bavarese non lo consenta. Saranno comunque tumulate nella tomba di famiglia, sotto gli abeti nel bosco di Grünwald, su cui compare il vecchio cognome Kässler e un cippo in pietra porta incisi dei fiori.

Anche se non c’è rivista, quotidiano o trasmissione che non le abbia rievocate nei giorni scorsi, magari attraverso i ricordi di chi le frequentò e le conobbe bene, non possiamo fare a meno di ripercorrere, pur sinteticamente, la loro carriera italiana attraverso i maggiori successi, partendo dall’incontro fortunato con Antonello Falqui. Erano brave e professionali, ha sempre affermato, e in quegli anni della Dolce vita romana e della rinascita postbellica rappresentavano una ventata di novità, con la loro innata eleganza e la loro bellezza teutonica, ben diversa da quella delle soubrette italiane: da Delia Scala a Caterina Valente.

Le gemelle Kessler in una foto di Lorenzo Vanzetti

Tutto ebbe inizio il 21 gennaio 1961 con Giardino d’inverno e proseguì nei varietà del sabato sera: Studio Uno, La prova del nove, Biblioteca di Studio uno, Canzonissima, Milleluci, Buonasera con… Alice ed Ellen Kessler, Al Paradise, La fabbrica dei sogni, a fianco del coreografo Don Lurio, del maestro Gorni Kramer, di Mina, di Walter Chiari, di Pippo Baudo, della coppia Mondaini-Vianello.

Le gemelle Kessler con Don Lurio

Intanto Bruno Canfora musicava l’intramontabile Da-da-un-pa, a cui fecero seguito Concertino, Pollo e champagne, Lasciati baciare col letkiss, canzoncine facili facili, ma dal ritmo irresistibile. Indimenticabili il siparietto a Studio Uno con Alberto Sordi, a cui si prestarono con spirito, e la loro partecipazione al film a episodi I complessi (1965), quando incontrano Guglielmo il dentone, sempre Sordi, e gli cantano il loro successo La notte è piccola per noi, troppo piccolina… Accanto all’attività di ballerine e cantanti, si erano affiancate la produzione di dischi, la pubblicità, ovviamente di calze, piccoli ruoli in alcune pellicole cinematografiche, fra cui Canzoni, bulli e pupe di Carlo Infascelli e Il giovedì diretto da Dino Risi, entrambi del 1964, e un telefilm con Johnny Dorelli: K2+1 (1971). Garinei e Giovannini le vollero nella commedia musicale Viola, violino e viola d’amore, applaudita al Teatro Argentina di Roma nel 1967, su testo di Luigi Magni e musiche di Bruno Canfora, con Pippo Franco ed Enrico Maria Salerno.

Nel 1987 avevano ottenuto la Croce dell’Ordine al merito dalla Repubblica Federale Tedesca. Nel 2004 celebrarono i cinquant’anni della tv italiana e presero parte al programma comico Super Ciro, su Italia 1, che aveva per sigla la loro canzone Quelli belli come noi. Nel 2014 Alice ed Ellen furono ospiti della seconda serata del Festival di Sanremo dove ballarono con disinvoltura e scherzarono amabilmente con Luciana Littizzetto, sovrastandola dall’alto del loro metro e 78 centimetri.

Che dire ancora? Le penseremo e le ricorderemo con affetto, sperando che il loro esempio di donne libere, indipendenti e capaci di scelte coraggiose serva a far riflettere su una tematica ancora controversa, in modo da superare finalmente reticenze e pregiudizi.

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Articolo di Laura Candiani

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Ex insegnante di Materie letterarie, pubblicista, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate a Pistoia e alla Valdinievole. Ha curato il volume Le Nobel per la letteratura (2025).

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