Nel suo nuovo romanzo, Anima in frantumi, Silvana Mazzocchi affronta una delle zone più oscure e taciute della violenza domestica: quella che non esplode in urla, schiaffi o lividi visibili, ma che avvelena giorno dopo giorno l’identità di chi la subisce, fino a cancellarne la voce, i desideri, la percezione stessa di sé. L’autrice, con una scrittura limpida, controllata e insieme implacabile, dà forma narrativa a una storia che — come afferma in apertura — contiene più realtà che finzione. Una storia che dialoga in profondità con il senso del 25 novembre, giornata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne.
La storia di Alice Melante si apre nel suo punto di massima tensione: il marito Tarciso, potenziale carnefice, diventa la vittima, mentre lei, senza esitazioni, si autodenuncia. La scena iniziale, brutale e destabilizzante, ribalta la narrazione tradizionale della violenza domestica e si impone come una precisa scelta politica. Per Alice — schiacciata da anni di manipolazioni e umiliazioni — quell’omicidio rappresenta l’unico varco possibile verso una forma di libertà. La scelta narrativa di Mazzocchi non mira allo scandalo o all’effetto shock; al contrario, costringe lettori e lettrici a interrogarsi sul confine tra colpa e sopravvivenza, tra giustizia e autodifesa estrema. Alice non uccide «perché sì», uccide quando ogni altra via è stata sottratta, negata, corrosa da un’intera esistenza di subordinazione.
Uno dei passaggi che meglio illumina la condizione psicologica della protagonista è la sua riflessione dopo l’omicidio: «Lei, che era cosa sua, senza desideri e senza volontà, lo ha ucciso». Qui l’autrice coglie l’essenza della violenza, non l’esplosione improvvisa, ma l’erosione lenta dell’autonomia, l’annullamento della soggettività, l’idea di non appartenere a sé stesse. Non a caso Alice aggiunge, con una lucidità straziante: «Sono stata con lui da amante e da moglie per ventotto anni e so di non valere niente». Questo sfondo non giustifica il gesto, ma permette di comprenderne la logica interna. Alice non è un mostro, ma il risultato di un sistema affettivo e sociale che non le ha mai dato strumenti diversi dalla sottomissione. La stessa infanzia che ha vissuto è stata tormentata e difficile; un rapporto con la madre duro e denigratorio, i fratelli indifferenti e ostili. Il romanzo restituisce così un’immagine complessa della violenza di genere, che non è solo un atto, ma un contesto: una somma di parole, omissioni, educazione affettiva distorta, ruoli imposti.
Significativa, in questo senso, è la figura di Tarciso: un uomo che, senza bisogno di alzare la voce, padroneggia l’arte del dominio attraverso il disprezzo quotidiano, la micidiale routine del controllo. Come quando, la mattina dell’omicidio, la tratta con un’indifferenza glaciale: «Togliti di torno, mi dai fastidio». Una frase minima, quasi banale, ma proprio per questo vera. La violenza maschile non è fatta solo di raptus, ma di normalità tossica.
Una delle scelte più riuscite di Mazzocchi è l’inserimento di pagine dei diari di Alice, ritrovati in cantina dagli investigatori. Quei quaderni diventano la voce autentica della protagonista, una voce che non ha mai avuto spazio nella vita reale. Sono il solo luogo in cui Alice è libera, dove può ammettere ciò che nel quotidiano non aveva nemmeno la forza di pensare: «Oltre a leggere, è sempre stata la scrittura a permettermi di vivere».
Anima in frantumi è un romanzo che rimarca la sua prospettiva radicalmente femminile; sceglie di parlare dal punto di vista delle donne, non delle rappresentazioni che spesso le ingabbiano. Mazzocchi non modella personaggi esemplari, ma lascia emergere la dimensione reale e complessa del femminile: le sue incertezze, la sua fragilità, il suo bisogno di esistere nello sguardo altrui. Alice non cerca giustificazioni: cerca senso. Cerca una narrazione possibile della propria esistenza, un punto di appoggio che la violenza domestica le ha sempre negato. E proprio il suo tentativo di scrivere diventa l’atto più rivoluzionario del libro: un gesto di autodeterminazione. Il romanzo, nella sua struttura corale — indagine, diario, ricostruzione del passato — racconta una verità scomoda: quando una donna viene annientata per tutta la vita, anche la giustizia fatica a distinguere tra crimine e liberazione.
Alquanto toccante è il passaggio: «Adesso, per la prima volta, avverto una sensazione di pace». Una frase che fa male, perché, per Alice, la pace arriva nel modo e nel momento sbagliato, ma è l’unica che abbia mai conosciuto. Anima in frantumi è un romanzo necessario, soprattutto oggi. Non perché giustifichi la violenza, ma perché la restituisce alla sua complessità: quella che nasce prima dei fatti di cronaca, prima del gesto estremo, nel buio muto delle case e delle relazioni affettive. Mazzocchi non giudica, non assolve. Mostra. E nel mostrare costringe chi legge a porsi domande sul sistema sociale che permette, e ha permesso per generazioni, che tante donne sopravvivano senza mai vivere davvero. In un Paese dove ogni tre giorni una donna muore per mano di un uomo, dare spazio alle storie delle sopravvissute, anche quando sopravvivono solo attraverso un atto irrimediabile, è un gesto politico. Mazzocchi ci consegna una voce femminile che, pur frantumata, trova finalmente la forza di parlare. E noi, lettori e lettrici, abbiamo il dovere di ascoltarla.
Silvana Mazzocchi, giornalista e scrittrice, è da anni impegnata nella divulgazione culturale e nella promozione della lettura. Ha lavorato a lungo per il quotidiano la Repubblica e ha pubblicato saggi, romanzi e raccolte che intrecciano impegno civile, attenzione sociale e una particolare sensibilità per le tematiche femminili.
La sua narrativa si distingue per la precisione documentaria, la cura della lingua e la capacità di dare voce a personaggi marginalizzati, spesso donne che vivono il proprio destino in silenzio. Anima in frantumi conferma questa sua vocazione: raccontare ciò che normalmente resta nascosto.

Silvana Mazzocchi
Anima in frantumi
Iacobellieditore, 2025
pp. 208
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Articolo di Roberta Zaffora

Dopo aver conseguito la laurea triennale in Scienze e lingue per la comunicazione presso l’università di Catania e la laurea magistrale in Editoria e giornalismo presso Roma Tre, attualmente lavora presso un’azienda informatica. Appassionata da sempre di tutto il mondo editoriale, è lettrice dipendente e da sempre attratta del mondo digital&social.
