Pietro Leopoldo, le sue donne e la nascita della Toscana moderna

Il 30 novembre di ogni anno, a partire dal 2000, è la festa della Toscana: questa data è stata scelta dal Consiglio Regionale per celebrare un evento di portata storica eccezionale, ovvero la data in cui il granduca Pietro Leopoldo promulgò il nuovo Codice criminale
Era il 1786 e la straordinaria novità di quell’atto consisteva, fra l’altro, nell’abolizione del reato di lesa maestà, della pena di morte e dell’utilizzo della tortura, per la prima volta nella storia dell’Europa moderna. L’evento fu solennemente celebrato a Firenze con un rogo simbolico, all’interno del cortile del Palazzo del Bargello, dove si trovavano all’epoca le prigioni (oggi splendido museo): furono bruciati gli strumenti della violenza e della crudeltà, manifestando il comune rifiuto di trattamenti disumani e assolutamente inutili, come aveva espresso Cesare Beccaria nel suo Dei delitti e delle pene.

Vienna, Kunsthistorisches Museum, Pompeo Batoni, L’imperatore Giuseppe II con il fratello Pietro Leopoldo, granduca di Toscana; i due furono ritratti a Roma

Pietro Leopoldo per 25 anni governò la Toscana in piena “età dei Lumi” e si distinse per le sue scelte innovative, per la sua lungimiranza, per i progressi che fece fare alla terra dove si trovò giovanissimo a vivere. Ha dell’incredibile pensare che questo figlio della grande Maria Teresa d’Austria, fratello del futuro imperatore Giuseppe II e di Maria Antonietta, la sfortunata regina di Francia, nato nel 1747, a soli 18 anni si sposò con Maria Luisa di Spagna, da cui avrà 12 figli e 4 figlie.

Firenze, Galleria d’Arte Moderna, La numerosa famiglia del granduca in un dipinto di William Berczy

Pochi giorni dopo le nozze partì verso l’Italia per assumere la guida del Granducato, senza esserci mai stato prima e senza conoscerne la lingua. Da subito si vide di cosa era capace, nonostante l’età e l’inesperienza, perché la sua politica si rivolse in mille direzioni, con una attenzione minuziosa a ogni angolo della regione, avvalendosi di validi collaboratori: architetti, botanici, agronomi, ingegneri, giuristi, che condividevano il suo spirito riformatore ispirato ai valori dell’Illuminismo. Fare l’elenco delle sue riforme è davvero impossibile proprio perché operò saggiamente su tanti fronti: viabilità, legislazione, istruzione, sanità, bonifiche, commerci, cultura. Per fornire però un quadro di quel vivace, operoso periodo e di quanto sia stata essenziale la modernizzazione della Toscana, anche in vista del futuro, dobbiamo citare almeno gli interventi più innovativi e duraturi. Colpisce ad esempio il fatto che, prima di agire, si facesse personalmente un’idea dei reali bisogni di un territorio, visitandolo e/o promuovendo vere e proprie inchieste conoscitive; così avvenne per la Maremma, per la Valdichiana, per Montecatini, dove la popolazione si lamentava delle acque malsane in una supplica, per il padule di Fucecchio e Bièntina. «Chi governa in Toscana è essenziale che ascolti tutti, riceva tutte le persone di qualunque ceto e condizione, dando udienza ugualmente a tutti, ascoltando tutti con buona maniera e pazienza, in specie la gente di campagna, mostrandosi, per quel che riguarda affari, intieramente uguale con tutti, senza distinzione di rango, di giorno, né di ore, ma quanto è necessario ascoltare tutti colla maggiore facilità, buona maniera e convenienza» (Pietro Leopoldo, in Idee generali sulla Toscana e massime per il suo governo). Creò la Camera di Commercio, arti e manifatture, abolì i dazi interni favorendo lo scambio delle merci, unificò i pesi e le misure, abolì poi il monopolio dei tabacchi e del sale, fece realizzare ben due strade per superare l’Appennino: una verso Modena, una verso Bologna, fondò l’Accademia di Belle Arti a Firenze e intervenne nell’ordinamento ecclesiastico, fra l’altro promuovendo il Sinodo di Pistoia (1784) e dando un ruolo di spicco a un personaggio interessante (pur assai controverso): il vescovo Scipione de’ Ricci, giansenista. Il Granduca era un chimico appassionato, affascinato dalle scienze e dalle innovazioni tecnologiche; fondò a Firenze il Reale Museo di Fisica e Storia Naturale, il primo museo dell’Occidente concepito per essere aperto al pubblico. Nel 1770 a Livorno fu pubblicato il primo volume dell’Enciclopedia con il patrocinio dello stesso Pietro Leopoldo, mentre si procedeva alla riforma amministrativa, si aboliva il tribunale del Santo Uffizio in Toscana, si vietava il diritto d’asilo nei luoghi sacri, l’esercito era stato sostituito da una milizia civica e, altro evento eccezionale, il 1° agosto 1778 veniva dichiarata la neutralità perpetua della Toscana. Il Granduca, con un gruppo di esperti, lavorava intanto a un progetto di Costituzione che l’improvvisa e prematura morte del fratello Giuseppe fu lasciato incompiuto. Pietro Leopoldo dovette assumere la corona imperiale a Vienna, nel 1790, ma la morte colse anche lui anzi tempo, per cause rimaste sconosciute: il 1°marzo 1792, mentre in Toscana governava il figlio Ferdinando III.

Vienna, Il sarcofago dell’imperatore Leopoldo nella cripta del convento dei Cappuccini

In tutta la regione sono iniziate sulla fine di questo 2025 e proseguiranno per tutto l’anno prossimo le celebrazioni del 260° anniversario dell’ascesa al trono di Pietro Leopoldo di Asburgo-Lorena, avvenuta ufficialmente il 31 marzo 1766. Anche a Pistoia sono state organizzate mostre di documenti alla Biblioteca Forteguerriana, conferenze, visite guidate al nuovo Palazzo Vescovile in via Puccini e uno spettacolo che ci ha piacevolmente coinvolto, a cui non potevamo mancare.

Locandina dello spettacolo

Il titolo era già un programma: Tutte le donne del Granduca, scritto, diretto e interpretato da Marina Mariotti, andato in scena presso il Teatro Mauro Bolognini il 30 novembre, giorno della festa. Ma di quali donne si parla? Pietro Leopoldo (l’attore Enzo Bensi) non sminuisce il ruolo del padre Francesco Stefano e del fratello maggiore Giuseppe, ma certo nella sua esistenza è stato circondato ancor più da figure femminili che lo hanno segnato nel profondo. Innanzitutto la potentissima madre, l’imperatrice Maria Teresa, che compare in scena convinta dei propri compiti di governante e di educatrice attenta della numerosa prole.

Vienna, Castello del Belvedere, H.F.Fuger, Maria Teresa d’Austria vedova con figli e figlie

Rimasta vedova, si trovò a governare per 15 anni e, come sappiamo, fu lei stessa promotrice di riforme economiche e sociali, in un periodo di grande sviluppo culturale. Orgogliosa di quanto sta facendo il giovane figlio in Toscana, terra che sempre più gli sta a cuore e di cui si cura con autentico amore, sottolinea quanto siano per lui importanti le esigenze del popolo, specie il mondo contadino, essenziale per il benessere e il progresso di ogni Stato. Marina Mariotti ritorna poi nelle vesti della svampita Maria Antonietta, ritratta in modo ironico e scherzoso, favorevole alla pena di morte e convinta dell’utilità di una bella invenzione francese: la ghigliottina. La sorella ingenua e sprovveduta non coglie la situazione critica della Francia e non comprende, insieme all’altrettanto incapace marito, i rischi che la famiglia reale sta correndo. Nello spettacolo non si dice, ma ricordiamo che fu proprio Leopoldo, una volta divenuto imperatore, a cercare di salvare alla sorella la vita, favorendo la sfortunata fuga di Varennes (1791).

Madrid, Museo del Prado, A.R.Mengs, Maria Carolina, regina di Napoli

Vediamo poi l’altra sorella Maria Carolina, regina di Napoli, tutta impegnata nel cercare matrimoni opportuni per figlie e figli (partorì 18 volte, ma sopravvissero solo cinque femmine e tre maschi…) e speranzosa che qualcuno/a di loro ottenga un regno, o almeno un granducato, visto che Giuseppe II non ha avuto eredi. Non dimentichiamo che esercitò grande influenza politica, anche sul marito Ferdinando IV, e promosse riforme ispirate all’Illuminismo, fino allo scoppio della Rivoluzione francese e alla morte di Maria Antonietta, quando assunse atteggiamenti rigidi e conservatori.

Ritratto di Maria Luisa, moglie di Pietro Leopoldo, autore anonimo

Dopo un nuovo intervento di Pietro Leopoldo, conosciamo la moglie Maria Luisa di Borbone-Spagna, sposata per esigenze dinastiche; non era molto bella, ma si rivelò una buona compagna di vita. In scena ci compare incinta per la diciannovesima volta (!), ma tre gravidanze non erano andate a buon fine: in 21 anni di matrimonio non c’è male, sottolinea; pur sapendo di qualche relazione extraconiugale del marito, l’attenzione nei suoi riguardi era comunque assicurata! A parte la pausa leggera, è bene ricordare che fu una persona autorevole, stimata e vicina alle iniziative riformatrici granducali. Conclude la carrellata l’amante prediletta: Livia Raimondi, una ballerina romana conosciuta a Pisa, da cui ebbe un figlio illegittimo, morto a soli 26 anni di tisi. Fra loro scoccò il cosiddetto “colpo di fulmine” quando lei si fece ricevere in udienza perché sembra fosse stata fischiata durante una esibizione; cercava dunque conforto e riscatto dalla voce del Granduca che da quel momento le fu legato per sempre, profondamente innamorato. Le garantì una vita tranquilla e le fece costruire a Firenze la Palazzina della Livia, così detta dal suo nome. Rimane un’ultima donna da citare, di cui nello spettacolo sentiamo solo la voce; questa volta si tratta della rivale per eccellenza: Caterina II di Russia, imperatrice dal 1762 dopo aver esautorato il marito. Governò per ben 35 anni e rappresentò un esempio significativo di dispotismo illuminato. Nelle sue mire espansionistiche, avrebbe voluto estendere la sua influenza all’Impero asburgico e Pietro Leopoldo la osteggiò sempre, temendo interferenze in Toscana, e rifiutò qualsiasi alleanza con la Russia, ma non riuscì nell’intento perché la politica internazionale prese un altro corso.

In parallelo alle manifestazioni in onore del Granduca, si stanno programmando e realizzando concerti ed esibizioni canore per ricordare il genio di Mozart che si collega alle vicende di cui trattiamo; da bambino infatti si esibì a corte, a Firenze, mentre da adulto fu attivo a Vienna e apprezzato da Giuseppe II. Chi ha presente il bellissimo film di Milos Forman Amadeus, ricorderà la scena in cui si sta provando una scena da Le nozze di Figaro (1786) e l’imperatore, senza voler disturbare, entra in teatro per conoscere in anteprima l’opera. In occasione dell’incoronazione di Leopoldo, salito al trono di Boemia, Mozart compose La clemenza di Tito che andò in scena a Praga il 6 settembre 1791 e nella messa in scena di Marina Mariotti alcune musiche tratte dall’opera fanno da colonna sonora.

La clemenza di Tito, frontespizio del libretto originale

Lo spettacolo, che il 30 novembre ha avuto il suo debutto pistoiese, ora inizierà il suo giro per la Toscana; essendo breve e piacevolmente leggero, con un chiaro intento divulgativo, risulta molto adatto a un pubblico giovanile e a chi desideri conoscere meglio un grande riformatore e un’epoca fondamentale per la modernizzazione e lo sviluppo della regione.

In copertina: Firenze, Palazzo del bargello, Lapide in memoria dell’abolizione della pena di morte e della tortura, 30 novembre 2000.

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Articolo di Laura Candiani

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Ex insegnante di Materie letterarie, pubblicista, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate a Pistoia e alla Valdinievole. Ha curato il volume Le Nobel per la letteratura (2025).

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