Le donne sono quasi assenti nei nomi delle strade!… A partire da questa constatazione, ovvero dalla consapevolezza della svalutazione culturale che deriva da questa mancanza simbolica, ha origine il progetto promosso da Toponomastica femminile e realizzato grazie all’otto per mille luterano Voci di parità. Lo scopo che si intende perseguire è quello di contrastare la povertà educativa e sociale quale limite degli orizzonti di realizzazione personale e professionale dei giovani e delle giovani, con i suoi riverberi sulle discriminazioni e disparità di genere espresse, in contrasto con i diritti costituzionali, in varie forme di violenza.

Mettendo al centro la valorizzazione del ruolo delle donne nella società e l’impegno concreto per contrastare la disparità e la violenza di genere, l’iniziativa educativa e culturale intende fornire nuove rappresentazioni identitarie e opportunità di riflessione — soprattutto tra i/le giovani — attraverso una serie di laboratori, spettacoli teatrali, momenti di confronto e letture guidate rivolte alle scuole di ogni ordine e grado e a un carcere minorile femminile. In questo contesto, e con l’obiettivo di restituire visibilità, diffondere e promuovere la cultura della parità all’interno di strutture scolastiche o in ambiti caratterizzati da particolare esclusione sociale, nascono dalla collaborazione tra l’associazione e il Celi (Chiesa Evangelica Luterana in Italia) il progetto Coltivare semi… di pace — spettacolo teatrale e laboratorio multidisciplinare sul tema della pace e della sostenibilità ambientale a cui abbiamo dedicato l’articolo Pontedera. Coltivare semi di pace di Nicole Maria Rana — e Ascolta le nostre voci, il laboratorio destinato alle detenute dell’Istituto Penitenziario femminile per Minori di Pontremoli che, attraverso letture performative basate su testimonianze reali, mira a rafforzare l’autostima e la consapevolezza dei propri diritti di queste giovani donne. Alla presentazione di quest’ultimo Vitamine Vaganti ha riservato l’articolo Pontremoli. Ascolta le nostre voci di Ludovica Pinna.
Completa la trilogia di progetti, lo spettacolo Di padre in figlio – La violenza sulle donne nella storia, iniziativa volta a indagare le origini sociali e culturali della violenza di genere attraverso linguaggi e format innovativi.

«Dove nasce l’idea della sottomissione? Come si forma la gerarchia dei ruoli? In quali epoche e perché la donna ha iniziato ad essere subalterna? E viceversa, su quali punti si è basata in altri momenti la sua emancipazione?». Sono queste le domande che ispirano la cavalcata nei secoli con cui l’Associazione Culturale Primera Ets — ideatrice dello spettacolo — cerca di affrontare il problema attualissimo e drammatico della violenza maschile contro le donne. Con la consapevolezza della semplicità di un’azione di ricerca che indaghi le radici di un problema plurisecolare e globale esclusivamente nel quadro del “qui e ora”, la rappresentazione offre un punto di vista sul percorso storico che ha portato alla situazione attuale, mettendo in rassegna una varietà di situazioni documentate storicamente utili a coinvolgere gli spettatori e le spettatrici in un’esperienza che li rende parte attiva di una nuova fruizione teatrale.

La mirabolante macchina del tempo è già stata azionata: il 14 novembre presso l’auditorium Ottone Rosai del Liceo scientifico Leonardo da Vinci di Firenze e il 17 dello stesso mese nell’aula magna dell’Istituto Tecnico Tecnologico e Liceo scientifico G. Marconi di Pontedera, con una partecipazione totale di quindici classi e più di trecento persone tra alunne, studenti e personale docente.

In un frammento del video girato durante la replica dello spettacolo gli attori, nelle vesti di due militari, e le attrici, personificazione di due gentil donne del passato, siedono di nero vestiti sui banchi dell’aula, di fronte alla classe. «Femminile singolare: l’acqua, l’aria. Femminile singolare: la fame, la sete, l’amicizia, la maternità. Ah, che altro? La poesia, la filosofia, la scienza, la ragione e il suo contrario: la religione; la Francia, l’Italia, Venezia, Roma; la saggezza, la sapienza, la memoria. Pensate alle stagioni: la primavera e l’estate sono le più belle… e poi, che altro? La passione, la bellezza, la nudità; la carne, la bocca, la mano; fondamentale: la tavola. Anche la luce, la notte, perfino la vita, la morte, la giovinezza, la vecchiaia. Rassegnatevi amici cari: la creazione è donna! Voi siete ospiti». La donna alla sinistra si tace e i due militari le applaudono insieme; uno di loro: «Brava! I miei omaggi».
«Dunque voi militari concordate che la donna è superiore».
Interviene ancora il primo uomo alla sua sinistra: «Direi che la donna è preziosa e noi militari la stimiamo».
Ora prende la parola la dama alla destra del palco: «Mi permettete di sfidare questi signori? Vediamo… L’esercito: maschile singolare; il cannone: maschile singolare; il soldato, l’onore, lo stemma, lo stivale: maschile singolare; il regimento, il battaglione, il corno, il tamburo, il prigioniero, il fante, il cavaliere, l’artigliere, l’artificiere, il fucile, l’assalto, l’assedio, lo scoppio, il crollo. Beh, può bastare?». Così termina la scena e inizia la riflessione: con una domanda che l’attrice rivolge al pubblico e che, sulla stessa falsa riga, noi riproponiamo ai nostri lettori e alle nostre lettrici.
Al termine dello spettacolo, ricordando che oltre alle violenze rappresentate vi sono altre forme di violenze più subdole, sfuggenti alla nostra consapevolezza e forse per questo più pericolose, le operatrici ed esperte di Toponomastica femminile Paola Malacarne e Ilaria Favini hanno avviato un dibattito in merito che potesse favorire lo scambio di idee e la riflessione. Usando la strategia dei bigliettini, i ragazzi e le ragazze sono state coinvolte e invitate a partecipare, scrivendo sui riquadri di carta distribuiti a ciascuno di loro, impressioni, riflessioni, ciò che li ha colpiti maggiormente e perché, e riportando qualche forma di violenza che hanno subito, ascoltato o a cui hanno assistito.

Successivamente, i bigliettini anonimi sono stati raccolti in tre cappelli e pescati per la lettura da parte di studenti volontarie/i.
«Questo spettacolo l’ho reputato molto utile per osservare che, praticamente, tutti gli atti di violenza presentati ci sono tutt’oggi. Purtroppo, poco tempo fa, nella mia famiglia c’è stato un femminicidio. […] La violenza è ovunque, anche dove meno tu te lo possa aspettare».
«L’ex compagno di mia mamma, facendo violenza psicologica, la fece allontanare da tutta la famiglia e dagli amici e, nel periodo in cui io e mia sorella vivevamo con loro, faceva fantasie sessuali su di noi. Nonostante ciò, lei ad oggi continua a dire che le cose che faceva e diceva erano solo per scherzo».


Mettersi a nudo non è facile, soprattutto quando si parla di violenza e lo si fa davanti a delle uditrici… ancor più difficile quando di fronte a noi ci sono degli uditori. Ma, qualche volta capita che qualcuno/a riesca a farti sentire al sicuro, accolto/a e allora ti lasci andare. Certo, l’anonimato aiuta a sentirsi protetti/e dagli sguardi ma, quando il fato vuole che il bigliettino da leggere sia proprio il tuo ti senti comunque esposto/a.
Quando ho scelto di riportare queste due esperienze tra le tante a disposizione l’ho fatto per il coraggio dimostrato dalle giovani donne che li hanno scritti: il coraggio di parlare e di dirsi senza remore e paure.
Non ho partecipato in prima persona a questa iniziativa ma, leggendole, ho sentito la necessità di ringraziarle per la loro testimonianza nel modo che mi sembra più giusto: condividendo la mia di esperienza di ascolto e vissuto della violenza.
«Il primo marito di mia madre la picchiava ferocemente; ha iniziato a farlo dopo il matrimonio, in luna di miele, quando chiedere aiuto sarebbe stato più difficile, per la distanza e per quell’anello al dito che, ormai, la faceva sentire in catene. Ma dopo un anno è scappata, tornando bambina tra le braccia dei miei nonni, pronti ad accoglierla quando il dolore di quelle violenze tornava a disturbarla durante la notte.
Poi ce ne sono stati altri, meno barbari ma sicuramente spregevoli… in uno solo caso ero abbastanza adulta da combattere insieme a lei questa battaglia che, alla fine, è stata la prima di tante di una guerra dalla quale siamo uscite vincitrici: ora libere, coraggiose e disubbidienti».
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Articolo di Sveva Fattori

Diplomata al liceo linguistico sperimentale, dopo aver vissuto mesi in Spagna, ha proseguito gli studi laureandosi in Lettere moderne presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza con una tesi dal titolo La violenza contro le donne come lesione dei diritti umani. Attualmente frequenta, presso la stessa Università, il corso di laurea magistrale Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione.
