Riguardando una vecchia foto della quinta elementare, del lontanissimo 1963, ho fatto caso a come siano cambiati i nomi femminili in questo lungo lasso di tempo. Le mie compagne di allora avevano nomi che oggi non si danno più alle bambine, nomi che si sono persi in larga misura; li voglio elencare perché corrispondono a un vero spaccato di quell’epoca, intorno ai primi anni Cinquanta, quando eravamo nate.
Cominciamo con Fiorenza e Nicoletta, mie care amiche, con cui poi mi ritrovavo il pomeriggio, in una casa o nell’altra. Nella bella stagione l’appuntamento delle nostre mamme erano invece i giardini pubblici, detti “il monumento” perché alberi, aiuole e spazi di ghiaia sorgono intorno al monumento ai caduti; lì giocavamo a nascondino, a chiappino, a ruba bandiera, a inventare storie, e poi facevamo merenda al bar adiacente con un toast, che fuori casa sembrava più buono. Mi ricordo anche che apprezzavo parecchio due dolcetti che non credo esistano più: il ciocorì e una piccola banana zuccherina ricoperta di cioccolato.


Fra noi alunne della maestra Ginetta (altro nome perduto…) c’erano poi Rossella, Mariella, Roberta, Loredana, Mirella, Morena, Cinzia, Fernanda, Claudia, Grazia, Giovanna. Naturalmente altre avevano nomi sempre diffusi, come Anna, Laura, Paola, Elisa. Stranamente in classe non c’era nessuna Chiara, né Francesca, né Alessandra, anche questi nomi piuttosto ricorrenti.
La moda, il cinema, la televisione, i personaggi noti, i libri, i fumetti, insieme all’evoluzione dei gusti e dei costumi, hanno portato cambiamenti e talvolta hanno introdotto nomi francamente improponibili nel contesto italiano, e in abbinamento ai nostri cognomi; esperimenti di breve durata, per fortuna, sono stati Glenda, Sharon, Chantal, Chanel, Raissa, e svariati altri. Un mio alunno si chiamava Joshua, me lo ricordo ancora, perché non si riusciva neppure a pronunciare, una studente Petra, in aggiunta a un cognome che era di per sé uno scioglilingua; rammento le colleghe Palma, Amina, Santa Marcella. La fantasia dei genitori può essere infinita; ho presente il caso di una coppia che insisteva all’anagrafe per chiamare il figlio (o la figlia?) Venerdì. Meglio se non si sconfina nell’originalità a tutti i costi e perfino nel ridicolo perché magari un nome grazioso per una neonata rosea e paffutella diventa inadatto a una distinta signora che fa la notaia o la chirurga.
Nel 2024 i più diffusi in Italia sono stati Leonardo e Sofia, e poi troviamo per le femmine Aurora, Ginevra, Vittoria, Giulia, Beatrice, Ludovica, Alice, Emma, Matilde. Siamo rientrati nell’ordine delle cose, nella tradizione e, perché no, nel buon gusto; tutti nomi belli davvero, che si “indossano” bene da bambina e da adulta. Da mamma penso di aver scelto per mia figlia, un po’ di anni fa, un nome non soggetto alle mode e al trascorrere degli anni: Eleonora, ma mi piaceva molto anche Irene, mentre mio marito preferiva Ilaria. Così, fra le due opzioni, decidemmo per la terza, e non ce ne siamo pentiti.
***
Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.
