Donne in capo al mondo. Le esploratrici della fine dell’Ottocento 

Quello degli studi geografici è stato per lungo tempo un altro campo di non facile accesso per le donne. La Geografia era il sapere maturato nelle scuole, nei periodici, ma anche, e ancor prima, il complesso di conoscenze (scientifiche, tecniche, pratiche) necessarie all’organizzazione quotidiana del territorio. Era articolata in “geografie-saperi” utili all’organizzazione sociale e perciò non destinata alle donne delle epoche passate, confinate dalle convenzioni ai ruoli di mogli e di madri. Poteva riguardare i coltivatori, gli ingegneri, i militari che, per ruoli e scopi diversi, dovevano conoscere bene il territorio per trarne un certo profitto: mettere a frutto terreni, costruire ponti, città, elaborare carte militari. Tutti compiti e funzioni inaccessibili alle donne. Quando le donne poterono iniziare a fare le geografe lo fecero nell’unico modo che gli era consentito: attraverso la pratica del viaggio e la scrittura del viaggio. 

Nell’impossibilità di essere geografe “a tavolino” o attive nella geografia applicata, le donne hanno dato il loro contributo come esploratrici. Le viaggiatrici, infatti, non solo hanno rischiato molto della propria vita andando in luoghi esotici e spesso pericolosi, da sole e senza il consenso delle famiglie, ma hanno condotto una lotta per certi versi ancora più faticosa, quella contro i condizionamenti culturali, le critiche malevole o le manifestazioni di derisione da parte dei loro contemporanei. 

Nel progetto che la scuola secondaria di primo grado “Ippolito Nievo” ha messo a punto per la partecipazione al Concorso Sulle vie della parità, per l’anno scolastico 2023-24, ci sono state otto donne esploratrici: le abbiamo chiamate Donne in capo al mondo, ispirandoci al titolo del famoso albo illustrato di Laura Ogna e Giulia Sagramola, Ragazze in capo al mondo (2023). Ciò che ci interessava, però, era mettere in evidenza il coraggio e l’intraprendenza di queste giovani donne che avevano tutte all’incirca vent’anni eppure erano molto mature, indipendenti, resistenti e tenaci: erano appunto “donne”. 

Vi presento velocemente le otto esploratrici che abbiamo scelto prevalentemente in base al criterio geografico, verificando che le mete da loro raggiunte si trovassero sparse un po’ in tutto il globo. Il progetto ha quindi agito su tre piani: il piano della scrittura con l’elaborazione di otto diari verosimili; il piano della Geografia con la descrizione della flora e della fauna dei luoghi esplorati; il piano artistico corredando i diari di disegni a mano libera a completamento e arricchimento delle pagine scritte e viceversa. 

Leonie D’Aunet è nota per aver raggiunto le isole Svalbard nel Mar Glaciale Artico. A chi la mette in guardia che alla sua età dovrebbe andare ai balli invece di rischiare di tornare imbruttita dal Polo Nord, fa spallucce e riempie la valigia di abiti da uomo, comodi e caldi. Forse influenzata dal nuovo vestiario, nel suo libro si definisce voyageaur e mai voyageuse. 

Mary Kingsley

Mary Kingsley decise di mantenere lo stesso abbigliamento utilizzato a Londra, provando a contrastare ancora più apertamente e, forse, più manifestamente le ostilità del mondo maschile: dimostrò che in fondo si potevano scalare le vette del monte Camerun e attraversare fiumi pieni di ippopotami, sfuggire a un giaguaro e imbattersi in tribù indigene anche indossando un abito in perfetto stile vittoriano, composto da una gonna lunga, ampio cappello e ombrellino. Quello che genera ammirazione in lei, al di là della forma con cui fece i suoi viaggi, sono le sue posizioni piuttosto progressiste per l’epoca: sostenne la necessità che i governatori dell’impero britannico in Africa capissero e si adeguassero alle tradizioni locali nella gestione delle colonie, criticò aspramente anche i missionari e l’evangelizzazione forzata dei popoli («meglio un’ordinata poligamia che una disordinata monogamia» diceva). 

Maria Sybilla Merian, accompagnata dalla figlia Dorothea e da un gruppo di donne del Suriname, in Sud America, cominciò a risalire i corsi d’acqua per catalogare e disegnare quante più specie possibili di insetti e piante. Il programma della spedizione era molto ambizioso e faticoso: il clima umido non permetteva la conservazione a lungo dei campioni raccolti e, quindi, dovettero dipingere in fretta i loro soggetti. Per i suoi interessi, per la precisione di dati e disegni, Merian è oggi considerata la prima entomologa della storia della scienza. 

Isabelle Eberhardt fu conosciuta come “Cavaliere del deserto”; in seguito a uno dei suoi viaggi nel Maghreb scriverà: «Vestita come si conviene ad una ragazza europea, non avrei mai visto niente, non avrei avuto accesso al mondo, poiché la vita esterna sembra essere fatta per l’uomo e non per la donna. E invece mi piace immergermi in un bagno di vita popolare, sentire le ondate di folla scorrere su di me, impregnarmi dei fluidi del popolo. Solo così posseggo una città e ne so ciò che il turista non capirà mai, malgrado tutte le spiegazioni delle sue guide». 

Isabelle Eberhardt

Isabella Bird trovò invece lo scopo della sua vita nel viaggiare tra le montagne del Colorado e scrivere di quei viaggi. Spingendosi dove nessuna donna britannica era mai stata. Il soggiorno americano fu solo la prima delle sue mille avventure: Isabella esplorò le Americhe ma girò in lungo e in largo anche l’Oceania, l’Asia e l’Africa. Tanti viaggi e così intensi, che una vita sembra quasi non bastare. Traguardi incredibili per una donna dell’epoca: in poche viaggiavano, quasi nessuna poteva permettersi di farlo senza essere accompagnata. La solitudine le donava forza e fiducia nelle sue capacità, nonostante i dolori alla schiena non la abbandonassero. 

Freya Stark scrisse di come un regalo speciale per il suo nono compleanno, una copia di Le mille e una notte, fu determinante per il nascere del suo amore per il misterioso ed esotico Oriente. Viaggiò per l’Iraq e l’Iran portando con sé diverse mappe, un kit di sopravvivenza, una copia del Milione fino alla sua destinazione leggendaria, la rocca di Alamut sede della setta degli assassini. 

Anne Smith Peck scalerà più volte le Ande, cinque furono i tentativi falliti e un trionfo e scriverà: «L’immenso ghiacciaio sotto le vette era visibilmente e terribilmente solcato da una tale moltitudine di crepacci che sembrava impossibile persino per i più abili, figuriamoci per i meno esperti, farsi strada in quel labirinto». 

Per concludere la breve presentazione è da menzionare Alexandra David-Néel, la scrittrice ed esploratrice francese che riuscì ad arrivare a Lhasa, in Tibet, vestita da mendicante con la pelle tinta di cenere di cacao, viaggiando di notte e riposando di giorno. All’età di sessantasette anni Alexandra prese la patente di guida e viaggiò sulla Transiberiana fino in Cina, paese che visitò per dieci anni. Al compimento dei cent’anni rinnovò il passaporto. «Non si sa mai», diceva. 

Il nostro progetto, che è iniziato con la scrittura delle pagine di diario di queste otto storie affascinanti, qui per ragioni di sintesi raccontate molto velocemente, ha trovato una conclusione nell’apertura straordinaria della scuola “Ippolito Nievo” in prima serata alla Cittadinanza di San Casciano in Val di Pesa: a ciascuna “donna in capo al mondo” è stata dedicata un’aula allestita in modo da ricreare le atmosfere sempre diverse, magiche e coinvolgenti dei loro viaggi. È stato un modo insolito di viaggiare anche noi attraverso il mondo. 
Una frase di Alexandra David-Néel ha accompagnato tutto l’itinerario didattico e recitava così: «Chi viaggia senza incontrare l’altro non viaggia, si sposta soltanto». 

Isabella Distinto presenta il progetto a Mesagne, 10 ottobre 2024 

Ringraziamo la docente di Lettere Isabella Distinto, per questo suo intervento, tenuto nell’ambito del XIII Convegno nazionale di Toponomastica femminile di Mesagne-Francavilla Fontana (BR). 

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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, già docente di filosofia/scienze umane e consigliera di parità provinciale, tiene corsi di formazione, in particolare sui temi delle politiche di genere. Giornalista pubblicista, è vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile e caporedattrice della rivista online Vitamine vaganti.

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