L’isola di Arturo 

Finalmente è finita, la mia estate più sfidante di sempre è finita, senza sosta, senza ferie, senza fiato. 
Il nulla a confronto di ciò che ci sta accadendo nel mondo oppure anche questo fa parte del “battito di farfalla” che tutto interconnette? Il caldo dell’estate, gli impegni, le sfide a cui non ero preparata, ridisegnano con tratti differenti e nuove geometrie il concetto di relazioni, famiglia portandomi su una giostra continua che non si ferma mai e che genera nausea e vertigini. 
Ho bisogno di respirare, di vedere altre prospettive. 
Decido di partire e di concedermi qualche giorno di vacanza. 
Scelgo un’isola: Procida, “L’isola di Arturo”. 
Io amo le isole, forse anche per una questione karmica legata al mio nome, ma questa volta non ho intenzione di «essere piantata in asso». 
«Parto, ti va di venire?», «No».
Decidiamo comunque di partire insieme ognuno con la propria solitudine, la propria narrazione, il proprio linguaggio. 
Prima Roma, poi Napoli, i ritardi dei treni. Tutto ci ricorda che stanno succedendo cose importanti, rivolte pacifiche ed esasperazione collettiva che vanno ben oltre i nostri visi imbronciati… Si arriva a Procida.
Decidiamo di prendere un autobus, chiedo indicazione all’autista su una fermata e l’autista mi dice «è il mio primo giorno signora forse è quell’altro autobus non conosco bene le strade». Sorrido, forse anche per me è il mio primo giorno e non conosco le strade. 
Una signora anziana, mentre tampona la faccia insanguinata del marito mi rassicura e mi dice: «si ferma, ferma anche lì», un signore leggendo la mia faccia stupita e preoccupata nel vedere la scena interviene e mi dice «non si preoccupi è normale, è normale». A me sembra già di essere in un film di Sorrentino, quelli a cui il senso e il significato si dà solo alla fine e sento quasi riecheggiare un «non ti disunire, non ti disunire». 
Nulla mi sembra “normale”. 

Arriviamo in questo splendido posto a mezz’ora a piedi da tutto, curato nei minimi particolari e adatto a una “fuitina” come direbbero da queste parti. 
L’isola è qualcosa da togliere il fiato: i colori dei villaggi, la spiaggia nera, il mare di un blu intenso, l’ex carcere, la spiaggia de “Il postino”, la vegetazione, i fiori e i profumi, tutto invita ad avere un dialogo con sé stesse. 
La vera scoperta è stata l’isola di Vivara, che abbiamo visitato insieme a un’appassionata guida naturalistica di Napoli e a una simpatica famigliola di Lorrach (ironia della sorte città gemellata con Senigallia, la mia città).
Marco ci ha raccontato l’incredibile storia del professor Giorgio Punzo ambientalista, filosofo e pedagogista, che per anni è stato l’unico abitante dell’isola combattendo gli scempi edilizi e opponendosi con tutte le sue forze alla nascita di un resort. Un vero eroe. Pian piano Punzo riempì l’isolotto di volontari per preservare l’isola. Per il suo impegno a favore di Vivara ricevette nel 1991 il “Premio Mediterraneo” conferitogli da un’agenzia dell’Onu. 
Dedicò gran parte della sua vita alla pedagogia. Punzo sosteneva che il “fanciullo”, per potersi sviluppare al meglio, deve essere educato al bello attraverso la contemplazione della natura e dell’arte. 
La storia di Punzo, la mia storia e la storia di molti raggiunge il suo senso massimo non appena ci affacciamo sul panorama di “Punta Mezzogiorno”: Capri, Ischia, il Vesuvio, la Costiera e l’intera isola di Procida con i suoi crateri sommersi lasciano senza fiato e fanno muovere tutto: le cellule, il cuore, il respiro, le lacrime. 
Scopro che proprio in questo punto è stata progettata la “casa Girevole” dal visionario ingegnere e architetto Lamont Young. Un esempio utopistico e pionieristico di architettura futurista (a cavallo tra ‘800 e ‘900) che mirava a ruotare seguendo il sole per offrire una vista panoramica sul mare: quanta bellezza! 
Oggi sono rimasta sola sull’isola o forse lo sono sempre stata. Faccio un tuffo e scopro le scritte in ogni angolo, quasi dei segnali per continuare il dialogo con me stessa: «ascolta i ricordi», «senza amore non c’è urgenza», «la prospettiva di poter vivere momenti di maggiore felicità non limita quelli che posso vivere oggi» e poi quel pensiero bello e fondamentale di Elsa Morante: «Dunque, pare che alle anime viventi possano toccare due sorti: c’è chi nasce ape, e chi nasce rosa… Che fa lo sciame delle api, con la sua regina? Va, e ruba a tutte le rose un poco di miele, per portarselo nell’arnia, nelle sue stanzette. E la rosa? La rosa l’ha in sé stessa, il proprio miele: miele di rose, il più adorato, il più prezioso! La cosa più dolce che innamora essa l’ha già: non le serve cercarla altrove. Ma qualche volta sospirano di solitudine, le rose, questi esseri divini!» 

Da L’isola di Arturo: è tutto. 

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Articolo di Arianna Marsico Gajulli

Nata in provincia di Milano mi sono trasferita a vent’anni nelle colline Marchigiane dove vivo assieme a un simpaticissimo golden retriever e altri amici, umani e non. Sono una libera professionista e counselor, lavoro da anni nel settore dell’organizzazione di eventi e nuovi progetti. Esploratrice di cammini di felicità scrivo e fotografo per passione e per la gioia di condividere le esperienze con le altre persone.

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