Poche sono le notizie sulla sua vita, poche le foto, ma rimangono tuttora quotate all’asta le sue opere. Maria Likarz è rinomata come colei che sapeva dipingere con i vestiti, utilizzando la moda per portare il modernismo nella Vienna degli anni Venti.

Era nata in Polonia il 28 marzo del 1893 a Przemysl, ma ben presto si recò in Austria dove poté frequentare scuole a indirizzo artistico: dal 1908 al 1910 la Scuola d’arte per donne e ragazze con Otto Friedrich, dal 1911 al 1915 la Scuola di arti applicate di Vienna, la Kunstgewerbeschule, studiando con Josef Hoffmann e Anton Kenner. Vienna era una delle poche città dell’epoca in cui le giovani avevano l’opportunità di diventare artiste decorative e vantava una rete consistente di studentesse di talento. Il Movimento della Secessione Viennese, fondato nel 1897 dall’architetto Josef Hoffman, dall’artista Gustav Klimt e altri, fornì agli artisti/e progressisti/e un modo alternativo di praticare il proprio lavoro, in modo differente rispetto all’approccio accademico e consolidato del movimento viennese. Anche a Parigi, un gruppo simile aveva formato la Société des Artists Independents nel 1884, in risposta al rigido tradizionalismo sponsorizzato dal governo. Tutti coloro che esposero a Parigi per i successivi tre decenni furono pionieri/e degli stili ora associati al modernismo e all’arte d’avanguardia, come l’espressionismo, il cubismo, l’astratto, il postimpressionismo e i fauves.
A differenza di quanto accadeva in Francia, il Movimento della Secessione Viennese capitalizzò il suo successo artistico e di design aprendo la Wiener Werkstätte, fondata nel 1903 da Hoffman e dal pittore Koloman Moser, come avamposto dove esponenti progressisti potevano realizzare beni artistici in vendita, che andavano dalle cartoline ai mobili, alla ceramica, ai tessuti e al design della moda. Wiener Werkstätte era perfettamente attrezzata di tutto ciò che serviva all’impresa, la macchina non dominava, ma aiutava l’uomo o la donna: non è lei a dominare la fisionomia dei prodotti, ma lo spirito creativo spetta alle mani di chi crea. Si utilizzano le energie e la creatività della gioventù formata nella scuola dei maestri fondatori. La Wiener Werkstätte partecipò a quasi tutte le Expo che si tennero, dall’anno della sua fondazione fino al suo fallimento. I prodotti realizzati venivano esposti nei negozi, sui cataloghi e nelle Expo, per aumentare gli acquisiti: la clientela benestante dimostrava il proprio gusto progressista, comprando oggetti e vestiti moderni e alla moda. La filosofia di fondo della Wiener Werkstätte era basata su uno stretto rapporto tra il pubblico, il/la progettista e l’artigiano/a; si producevano oggetti di uso domestico, semplici e di qualità dove le concezioni primarie erano la funzionalità e la qualità, non il basso prezzo. La produzione di questa ditta era volta verso tessuti, ceramiche, gioielli, mobili, cartoline postali. A un certo punto vi erano impiegate ben 180 donne e, benché il pubblico dovesse ancora considerare le donne come artiste e la Wiener Werkstätte promuovesse maggiormente il lavoro di designer di sesso maschile, si dava a molte decorative l’opportunità di sperimentarsi artisticamente, cosa insolita all’epoca. Le artiste erano un gruppo felice e affiatato, come evidenziato da alcune fotografie, dove risalta la decorazione collaborativa del loro laboratorio.

Sono Maria Likarz, Gudrun Baudisch, Vally Wieselthier e Mathilde Flögl: sguardo sicuro, posa ricercata, capelli corti e sigaretta tra le dita sono alcuni dettagli che non solo definiscono un nuovo modello femminile, ma rivelano una consapevolezza, quella cioè di essere diventate artiste riconosciute e acclamate al pari dei loro colleghi. Tuttavia, è quasi esclusivamente il settore delle arti decorative quello in cui le donne possono ambire a specializzarsi come professioniste: è dunque tale condizione sistemica, anziché la presunta “naturale” predisposizione femminile alla decorazione domestica, a creare il tipo della decoratrice. Sorprendente è la produzione di ceramica, con sculture di figure di donna decisamente espressioniste che legano il femminile a un carattere primitivista dell’arte popolare e infantile.



Maria Likarz, che nell’agosto del 1920 sposò il medico ebreo Richard Strauss, è stata una delle artiste più prolifiche e di lunga data della Wiener Werkstätte, dal 1912 al 1932. Lei abbracciò un gusto più libero e naturalistico, ispirato al Rococò con pattern astratti geometrici o dalla figuratività sintetica che rielaboravano i linguaggi delle avanguardie e anticipavano l’art déco. Inizialmente produsse disegni di cartoline, manifesti, fogli grafici, articoli di cancelleria, ecc., poi oggetti artigianali in ceramica, smalto, vetro, carta da parati, ma anche mobili, oggi presenti in gran numero nel Museo di Arte Applicata di Vienna. Infine si applicò nel campo tessile, ben più produttivo (abiti, tessuti, pizzi, ricami in tulle, ecc.) divenendo la principale designer del dipartimento di moda e producendo quasi 200 disegni nei suoi vent’anni di carriera lì, assumendo anche la direzione del dipartimento di moda dal 1924 al 1925.

Essendo una delle designer di maggior successo, quasi tutti i suoi progetti rimasero nella linea di prodotti della Wiener Werkstätte fino al 1930. I suoi primi disegni di tessuti risalgono al 1910, quando era ancora una studente dello stesso Hoffman. Dal 1916 al 1920 fu insegnante alla Scuola di Arti Applicate Burg Giebichenstein. Lavorò anche nel reparto grafica producendo borse e cuscini, prima di concentrarsi sulla moda fino al 1927, quando passò nel settore dei tappeti e della carta da parati. A differenza di altri figurini di moda della Wiener Werkstätte, i suoi erano sempre etichettati con il nome del tipo di tessuto che aveva disegnato, dimostrando il suo successo, poiché così i suoi vestiti potevano prendere il nome dai suoi stessi modelli tessili divenendo pure responsabili dell’aumento delle vendite nel reparto moda.



Maria Likarz-Strauss ha guardato ai pittori modernisti, inclusi cubisti e simbolisti, portandoli nel design tessile e nella moda, in un modo completo come nessun altro stilista aveva mai fatto, e quindi ha influenzato in modo importante l’abbigliamento della prima metà del XX secolo. Il suo uso di forme e colori contrastanti ha liberato il design tessile dagli stili tradizionali dell’Europa occidentale, che si basava su motivi vittoriani un po’ pesanti. Attraverso questi contrasti i suoi tessuti raggiunsero più intensità di altri e, come nel caso del cubismo nella pittura, questi contrasti crearono l’esperienza dell’attualità nei capi da indossare. Nel suo approccio al design tessile, guardava specificamente ai pittori francesi degli anni Dieci, e così facendo ha portato il design tessile nell’era moderna più di qualsiasi altro e Vienna si trovava al centro di questa nuova entusiasmante era. Lei giocava su forme geometriche e astratte di colore che vediamo nel suo pezzo migliore, il tessuto del vestito Romulus, attualmente esposto all’Art Istitute di Chicago; solo Likarz-Strauss ha creato un modo originale per dare vita al modernismo, per le donne viennesi, attraverso la moda.

Maria espose le sue opere in diverse mostre: mostra di moda (1915), mostra d’arte (1920), fiera tedesca, a Monaco di Baviera (1922), opere di moderno artigianato austriaco, mostra commemorativa di Dagobert Peche (1923), mostra di arte cristiana, nella Secessione (1925), a Parigi (1925), all’Aia (1927), al Künstlerhaus, nel Museo dell’arte e dell’industria e nel Museo delle Arti Applicate di Vienna.
Il 30 novembre 1938, per sfuggire alla persecuzione nazista, emigrò sull’isola di Korčula, in Croazia, di proprietà della famiglia del marito ebreo. Dopo la Seconda guerra mondiale visse a Roma, dove lavorò come ceramista. Divorziò dal marito il 5 febbraio 1947. Nel 1956 fu nominata ceramista a Roma, ma da quel momento se ne persero le tracce. Morì il 10 novembre 1971 nella capitale.
Qui le traduzioni in francese, spagnolo e inglese.
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Articolo di Maria Grazia Borla

Laureata in Filosofia, è stata insegnante di scuola dell’infanzia e primaria, e dal 2002 di Scienze Umane e Filosofia. Ha avviato una rassegna di teatro filosofico Con voce di donna, rappresentando diverse figure di donne che hanno operato nei vari campi della cultura, dalla filosofia alla mistica, dalle scienze all’impegno sociale. Realizza attività volte a coniugare natura e cultura, presso l’associazione Il labirinto del dragoncello di Merlino, di cui è vicepresidente.
