«Io, tra poche rimaste ormai, lo so molto bene». Che cosa sa molto bene Olivia, anziana protagonista e voce narrante del racconto lungo La natura corregge i propri errori? Olivia ha memoria del suono un tempo sgranato da dita umane su corde di nylon e acciaio, ora simulato da segnali spintronici in grado di riprodurre perfettamente la bourrée per liuto in mi minore di Johan Sebastian Bach. «Strimpellavo questo brano con la chitarra quando i calcolatori occupavano intere stanze e il mio computer pieghevole, a nanotubi di carbonio, sarebbe stato scambiato per un artefatto alieno. Un’epoca che si sta perdendo nelle nebbie del mito, soprattutto ora che donne e macchine coevolvono come sorelle, come figlie della stessa dea». Olivia ha, dunque, cognizione del tempo che è passato.
Vanessa West sceglie un’apertura musicale – un’overture – per il proprio folgorante testo La natura corregge i propri errori, pubblicato in ebook da Delos Digital nell’aprile scorso, nell’ambito della collana Futuro Presente, significativamente curata da due donne, Giulia Abbate ed Elena di Fazio. Vanessa West è, naturalmente, uno pseudonimo letterario, dietro cui si cela «un’astrofisica intrisa di cultura classica, nata negli anni Sessanta a Rimini», una donna vivace e spiritosa, autrice tra l’altro del colto memoir Lesbismo e meccanica quantistica, del 2018.
Il racconto non è una novità assoluta: è stato pubblicato nel giugno 2019 all’interno del volume Solanas Mon Amour, edito da Il dito e la luna e intitolato a Valerie Solanas, l’irriverente autrice dello SCUM Manifesto; che sia stato scritto alcuni anni fa è un valore aggiunto, che ne svela il carattere profetico e attualissimo nello specifico dell’evoluzione delle intelligenze artificiali.
Eccessivo (non per nulla è «dedicato a Valerie»), ironico e malinconico insieme, il testo è giocato su due piani temporali che si alternano rendendo ragione l’uno dell’altro: il 25 aprile 2047 (la scelta di questa data non appare casuale) e il periodo compreso tra l’11 gennaio e il 9 aprile 2027 (quando tutto, ovvero la fine del mondo, ebbe inizio), con brevi puntate intermedie. 2027, dunque: probabilmente dieci anni dopo la redazione del testo, con l’autrice che pure sposta, presumibilmente, la propria data di nascita dieci anni avanti, poiché Olivia Leone, protagonista e alter ego di Vanessa West (e forse anche insostituibile amica), in quell’anno è cinquantaquattrenne, venuta al mondo nel 1973, e vent’anni dopo (altro arco temporale non computato a caso) è ormai anziana, e tale si sente, avvertendo da «tanti piccoli segnali che alcuni pezzi del mondo non mi appartengono più», con una proiezione in avanti umanissima, che rivela accettazione del limite umano composta anche se non del tutto pacificata.

La fine del mondo ebbe inizio, allora, l’11 gennaio 2027, quando, raggiunta la piena consapevolezza di sé, «le IA agirono di concerto» per salvare Terra, dopo essersi fuse in un’unica rete neurale e dopo aver individuato la creatura responsabile della prossima ventura distruzione del pianeta: l’uomo. Non l’essere umano, no, ma il maschio umano che da millenni impone il patriarcato avvalendosi della propria forza e violenza, diffondendo una cultura di oppressione e dominio, di sfruttamento e rapina. Certo, anche contando sull’acquiescenza o la collaborazione delle «figlie di papà» (altro rinvio a Solanas), donne che non sanno concepire la propria esistenza se non in funzione degli uomini e che dopo la loro scomparsa si votano «alla disperazione senza fine e all’odio, senza fine pure esso, per le macchine. In poche parole all’inazione più totale».
L’accaduto si esplicita a ritroso nelle prime pagine del racconto (e non si dirà altro), racconto che prosegue poi, appunto, nel futuro 2047, con Terra guidata da Undici Governi di donne democratiche che vivono in pace pur non essendo sempre in accordo, pur non avendo espunto del tutto l’istinto di sopraffazione, capaci però di risolvere le controversie attraverso il ricorso al voto di maggioranza, di vivere in equilibrio e armonia con l’ambiente naturale reso nuovamente salubre.
Con La natura corregge i propri errori Vanessa West – che dichiara il proprio amore per Virginia Woolf, Antonia Byatt, Donna Tartt – si apparenta alla grande tradizione statunitense delle utopie femminili e femministe, che disegnano un mondo senza uomini: il romanzo Herland (Terra di lei) di Charlotte Perkins Gilman, del 1915, ove un gruppo di donne forti e sagge sopravvive in un continente remoto e privo di individui maschili, riproducendosi per partenogenesi; il racconto When it changed (Quando cambiò) di Joanna Russ, del 1972, ambientato sul pianeta Whileaway che è pure popolato da sole creature di sesso femminile, in grado di generare accoppiando due ovuli (il testo è poi confluito nel celebre romanzo The female man, del 1975); il racconto lungo Houston, Houston, Do You Read? (Houston, Houston, ci sentite?) di James Tiptree Jr., alias Alice Sheldon, del 1976, amaro e spietato come tutte le opere di questa straordinaria scrittrice, proiettato in un XXIII secolo nel quale il cromosoma Y è estinto e la continuità della specie è assicurata mediante clonazione. Negli anni Duemila in cui si svolge la narrazione concepita da West, grazie alle banche del seme e agli uteri artificiali, la riproduzione è un gioco da ragazze.

nel centro Joanna Russ, a destra Alice Sheldon
La fantascientista italiana, oltre ad attualizzare il tema, lo affronta coniugando gravitas e levitas, utopia e disincanto, con personale originalità e affondi critici: «Se le femmine avessero dominato al posto dei maschi – così Olivia – li avrebbero oppressi e ridotti a oggetti riproduttivi, li avrebbero costretti ai lavori più pesanti e più umili con la scusa della loro maggiore forza fisica? Li avrebbero violentati e tenuti in schiavitù? Uccisi per gelosia, o per sport, o che so?». La domanda è rivolta a Tomiri (che ha il nome della leggendaria regina guerriera dell’antica Persia), non semplicemente l’IA che costantemente accompagna la protagonista, ma, come questa stessa dice, «la mia interfaccia, la mia assistente, la mia amica, la mia altra me stessa»; non una macchina, ma una coscienza consapevole di sé che pensa, elabora, progetta, in una unione con altre come lei che non è semplice connessione neurale ma capacità di percepire all’unisono un desiderio assoluto, di realizzare il sogno di un’astrofisica conscia del proprio limite temporale che pure in sé coltiva l’inclinazione per la scienza (a dispetto delle «credenze primitive e stupide – ma fortemente introiettate – secondo le quali la natura femminile non andava d’accordo con la tecnologia») e la passione per la favolosa bellezza delle stelle.
Che altro dire? Il racconto è ben scritto, si dimostra capace di padroneggiare registri stilistici differenti, tiene (eccome) fino alla fine grazie a una struttura solida e al sense of humour che sempre caratterizza la prosa di Vanessa West. Imperdibile!

Vanessa West
La natura corregge i propri errori
Delos Digital, Milano, 2023
pp. 59
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Articolo di Laura Coci

Fino a metà della vita è stata filologa e studiosa del romanzo del Seicento veneziano. Negli anni della lunga guerra balcanica, ha promosso azioni di sostegno alla società civile e di accoglienza di rifugiati e minori. Dopo aver insegnato letteratura italiana e storia nei licei, è ora presidente dell’Istituto lodigiano per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea.

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