Una viaggiatrice nella Spagna del nord. Arte e storia

Da qualche mese mi era sorto il desiderio di fare un altro viaggio nella mia amata Spagna, in quella del nord, non ancora visitata, a cui era possibile accostare una parte del pellegrinaggio a Santiago di Compostela: viaggiatrice turistica e spirituale dunque.
Steso il programma, individuo in Bilbao la prima tappa, nella capitale dell’Euskadi, la regione Basca che si estende tra la Spagna e la Francia del nord, nota nei miei ricordi per le azioni dell’Eta, Euskadi Ta Askatasuna, organizzazione antifascista che ha combattuto per l’autonomia. Ricordo il film Ogro di Lillo Pontecorvo del 1979 con Gian Maria Volontè che narrava l’attentato di Carrero Blanco, il probabile successore del dittatore Franco, nel dicembre 1973. L’Eta si è sciolta e i paesi baschi hanno ottenuto una buona autonomia e la libertà di utilizzare la loro lingua, soffocata durante il franchismo.
La Bilbao moderna è molto industrializzata, grazie all’estrazione di ferro e alla siderurgia navale che avevano portato l’inquinamento a livelli elevatissimi. Negli anni ’80 è però stata fatta una grande rigenerazione attraverso la cultura, il turismo e la tecnologia che ne hanno favorito una vera rinascita. Camminare nella vecchia Bilbao, detta Casco Viejo oZazpikaleak in basco, è molto suggestivo; si affacciano bar caratteristici, esempi di architettura di varie epoche e negozietti variopinti. Uno di questi vendeva baschi di lana di tutte le tinte, così ho comprato un basco verde che è da sempre il mio cappello preferito. Imponente è il teatro Arriaga, elegante edificio dell’ottocento che espone i cartelloni dei programmi della stagione. Il simbolo di Bilbao è però il museo Guggenheim, completato nel 1997, mastodontico edificio sulla riva del fiume Nervión disegnato da Frank O. Gehry, incredibile complesso dalle linee curve interamente ricoperto da lastre di titanio.

Nelle sue labirintiche gallerie di opere d’arte contemporanea ho particolarmente apprezzato le moltissime tavole di Mirò che riguardano, in particolar modo, il periodo che va dal 1920, anno in cui l’artista si recò per la prima volta a Parigi, al 1945. I suoi dipinti in questi anni evolvono verso segni sempre più potenti ed essenziali: esplodono costellazioni, astri e oggetti enigmatici legati all’inconscio collettivo che rimanda all’arte rupestre e preistorica in un vocabolario di forme senza tempo. È un linguaggio, il suo, immediatamente comprensibile ai bambini e alle bambine, ma anche a chi ha il cuore semplice.
Trenta sono i chilometri che separano Bilbao da Gernika-Lumo, città sacra per i baschi, nella provincia di Biscaglia; impossibile non andare a vedere com’è oggi e a capire perché era stata presa di mira così ferocemente quel lunedì 26 aprile 1937. È una cittadina di poco più di 15.000 abitanti con diversi punti importanti da visitare, poiché è il punto nevralgico della cultura basca, con il museo basco, sede del governo provinciale, in stile neoclassico, col tetto vetrato e con l’inscrizione di tutte le cittadine basche; nel giardino vi è la vecchia quercia che fu il luogo di incontro dei rappresentanti della comunità basca e del giuramento del sindaco Aguierre nel 1936, fedele alla repubblica. La vittoria di Franco lo costrinse all’esilio, ma in seguito poté sostenere la costituzione dell’unità europea. In centro alla città di Gernika vi è il museo della pace che documenta con dovizia di particolari l’attacco del ’37; si cammina sui calcinacci della città bombardata ricoperti da pavimento di vetro, vi sono fotografie, filmati di quei giorni, documenti autentici.

L’attacco a Gernika fu effettuato verso le 16,30, nel giorno di mercato, per assicurare un maggior numero di vittime; avvenne con bombardamento aereo terroristico, seguito da bombardamento incendiario e infine da mitragliatrici aeree, per colpire chi scappava dai rifugi e dalle case incendiate. Opera delle milizie naziste, la legione Condor della Luftwaffe, ma anche con la partecipazione di quelle italiane, l’aviazione legionaria dei Savoia Marchetti 79 e dei caccia Fiat CR-32, inviati da Mussolini, unità volontarie e non ufficiali della regia aeronautica italiana a sostegno di Franco. Volevano fare una prova colpendo una cittadina ribelle, ricca di industrie estrattive di ferro e della fabbrica Astra che costruiva armi leggere. Tutto ebbe fine in circa tre ore: alle 19:45 circa i sopravvissuti impauriti e inebetiti poterono finalmente mettersi alla ricerca dei loro cari tra le rovine fumanti. Stando al governo basco, le perdite furono circa un terzo della popolazione: 1654 morti e 889 feriti, mentre ricerche più recenti hanno parlato di circa 2300 morti, mentre della città rimaneva uno scheletro bruciato con circa il 70% degli edifici distrutto o inagibile. La più importante rappresentazione del bombardamento venne dipinta da Pablo Picasso che, ispirandosi al dramma della cittadina basca, dipinse il celeberrimo Guernica su commissione del governo repubblicano ed esposto in occasione dell’Esposizione internazionale di Parigi nel 1937. Il suo valore è polisemantico e quindi aperto a molteplici possibilità di lettura, può essere analizzato come resoconto di una battaglia cruenta e drammatica, ma anche come l’immagine della condizione umana. Guernica è messaggio per la pace, la dignità e la libertà degli uomini e delle donne del mondo intero, divenendo un simbolo per le vittime e gli oppositori di tutte le guerre successive. Nel sessantesimo anniversario della strage, la Germania ha chiesto perdono alla Spagna, ma non ancora lo ha fatto l’Italia.
Nel museo della pace molte sono le iniziative nella sezione “Pedagogia della memoria”, utili a coltivare la conoscenza dei fatti del passato, per mostrarli nel presente, qui e ora, riscontrandone analogie e differenze, distanze e prossimità. «Guernica non è il passato: è il presente. È una guerra che ci parla, ci spiega, ci offre terribili insegnamenti». Ho particolarmente apprezzato il video sulla censura della lingua basca nel periodo franchista. Il corto mostra una scuola nel territorio basco francese dove la maestra punisce i bambini che parlano basco costringendoli a rimanere in classe a scrivere cento volte alla lavagna: «In Francia si parla francese».

Dopo Bilbao si punta su Burgos, famosa per la sua immensa cattedrale gotica, tra le più belle e maestose di Spagna. Ha una bellissima facciata con contrafforti e pinnacoli, due torri molto alte che consentono di individuare la cattedrale fin da lontano. L’interno è luminoso e suggestivo con un possente tiburio, elemento architettonico che racchiude una cupola, un coro impreziosito da pannelli rinascimentali e molte cappelle laterali. Il chiostro è della fine del XIII secolo.

Di grande interesse a Burgos vi è anche il museo della Evoluzione umana, un centro didattico per comprendere gli sviluppi dell’umanità a partire dai siti archeologici di Atapuerca e dagli studi scientifici. Il percorso attraversa i diversi spazi del museo e risponde alle domande chiave sull’evoluzione umana dal punto di vista scientifico, approfondendo il rapporto dell’essere umano con la natura.

La successiva tappa in direzione di Santiago è Leon, dove ci attende un’altra grandiosa cattedrale gotica dallo stile più puro e armonico, iniziata ne 1255, ma, come spesso accadeva, terminata solo due secoli dopo; infatti la facciata ha due splendide torri, una gotica e l’altra cinquecentesca. L’abside presenta numerosi archi rampanti e bifore, l’interno ha bellissime vetrate policrome. Ho visitato anche l’altra perla di Leon, la Basilica di Sant’ Isidoro, romanica del XI secolo, sorta su un monastero del IX. Accanto alla chiesa vi è il famoso Panteon de los Reys con preziosi affreschi romanici unici al mondo, raffiguranti scene neotestamentarie e relative ai mesi dell’anno. Nelle sale del museo ci sono oggetti di arte araba e dell’alto medioevo tra cui il calice di donna Urraca, che potrebbe essere il santo Graal dell’XI secolo.
È Sarria la successiva tappa, da cui parte il tratto finale del cammino di Santiago, ma da cui si può fare una deviazione molto interessante che porta nella Ribeira Sacra, una caratteristica regione della Galizia attraversata dai fiumi Sil e Mino e resa sacra da monasteri e chiese del medioevo, oltre che molto famosa per il suo buon vino. I monti e i fiumi formano profonde gole, creando così un paesaggio impressionante e poco comune che è il segno di identità di questo territorio.

Sulle cime della gola abbondano i belvedere naturali che pendono sul fiume, balconi ideali per contemplare un paesaggio di una bellezza fuori dal comune: ecco perché monaci ed eremiti hanno praticato vita ascetica in quelle valli. La prima testimonianza individuata è stata la chiesa di santo Estevo, quasi nascosta da alberi e arbusti, non facile da raggiungere, ma ripaga la fatica col suo stile romanico puro.

Il monastero più importante e sontuoso è quello di Santo Estevo de Ribas de Sil, centro di potere non solo di tipo religioso, in quanto il suo abate fu per secoli il responsabile dell’esercizio della giustizia e della nomina di scrivani e funzionari doganali della zona. Da qualche anno questo grande monastero è sede di uno dei più prestigiosi alberghi spagnoli, della catena Parador; rimangono visitabili al pubblico solo la chiesa e il chiostro.

Al suo opposto per dimensioni vi è Pedro de rochas, piccolo monastero rupestre del VI secolo ricavata dalle rocce. Una lapide reca la data del 573 d.c.; è quindi il più antico complesso monastico galiziano e l’unico in cui si conserva parte della sua struttura originaria, grotte artificiali scavate nella roccia che fungevano da cappella in una chiesa medievale. In questo luogo è evidente il passaggio dalla preghiera solitaria, quella della vita eremitica, alla preghiera comunitaria della vita cenobitica. Fu abbandonato dai cristiani in seguito agli attacchi dei musulmani. Nel paese vicino si scorge nella piazza un monumento singolare: è dedicato all’arrotino e al suo caratteristico carretto, esso celebra il mestiere che tutti nella zona sapevano fare, girando dapprima nella penisola iberica, ma, in seguito, anche in Europa e nelle Americhe. Il racconto prosegue nel prossimo articolo e sarà relativo al pellegrinaggio, con un’impronta tutta spirituale.

In copertina: Museo Guggenheim di Bilbao.

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Articolo di Maria Grazia Borla

Laureata in Filosofia, è stata insegnante di scuola dell’infanzia e primaria, e dal 2002 di Scienze Umane e Filosofia. Ha avviato una rassegna di teatro filosofico Con voce di donna, rappresentando diverse figure di donne che hanno operato nei vari campi della cultura, dalla filosofia alla mistica, dalle scienze all’impegno sociale. Realizza attività volte a coniugare natura e cultura, presso l’associazione Il labirinto del dragoncello di Merlino, di cui è vicepresidente.

2 commenti

  1. Quanto se brava!!!!! Ti si legge molti volentieri e tutto d’un fiato. Ricca di particolari la descrizione del bombardamento…sembra di vederlo! Quanta ferocia nell’essere umano!!! E ricche anche le descrizioni delle chiese. Ci fai gustare tante meraviglie! Grazie! Attendiamo quelle del “cammino”! Un abbraccio. Mina

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