Krishna Bharadwaj, economista dissenziente e donna-ponte 

Si può essere state docenti di economia politica (e negli ultimi anni della propria carriera anche di relazioni internazionali) per quasi 40 anni senza avere mai incontrato in un manuale per le scuole secondarie di secondo grado il nome di una delle più grandi economiste neoricardiane, Krishna Bharadwaj.

Krishna Bharadwaj

I testi delle nostre discipline hanno quasi tutti un impianto neoclassico o marginalista. Benché io sia stata, appena vinto il concorso ordinario, tra le poche fortunate ad avere in adozione, grazie alla lungimiranza di una collega, la professoressa Giuliana Del Corno, un Manuale “fuori dal coro”, quello di Francesco Campanella e Carluccio Bianchi, di impostazione sraffiana, nemmeno in quello ho mai trovato riferimenti a questa “Torchbearer of the Economics”, come la definiscono alcuni articoli di prestigiose riviste straniere. Eppure Bharadwaj è una figura di studiosa, intellettuale e politica di immensa statura.

Manuale di Economia politica di Carluccio Bianchi e Francesco Campanella

Per descriverla ho approfondito la voce Krishna Bharadwaj scritta di suo pugno nel Biographical Dictionary of Dissenting Economists di Arestis e Sawyer oltre al racconto biografico di Cristina Marcuzzo per l’Enciclopedia delle donne e al podcast di Wikiradio di Rai radio 3 dell’8 marzo 2023, a lei dedicato. Le poche foto che la ritraggono mostrano un viso dall’espressione molto dolce, che trasmette una sensazione di pace. Eppure, la sua vita non fu facile. Nata il 21 agosto 1935 in una piccola città della costa meridionale dell’India, ultima di sei figli di una famiglia di modestissime condizioni economiche, ma segnata dall’impegno del padre insegnante per l’istruzione delle persone deprivate, soprattutto donne e bambine, si trasferì nel 1952 con i suoi cari a Bombay; qui durante gli anni del College capì presto che il suo interesse per l’economia era motivato dalle relazioni di questa scienza con il tema dell’occupazione e decise di laurearsi in economia politica. Fu da sempre sensibile ai problemi sociali e conobbe presto sia il pensiero di Gandhi che quello dei socialisti. 

 Nei corsi universitari imperava la teoria marginalista e ci si interrogava sul tipo di politica economica da applicare nell’interregno post-coloniale britannico, esaminando i primi Piani per lo sviluppo del Paese. Le analisi e le diagnosi elaborate non convincevano fino in fondo Bharadwaj che si laureò con una tesi dal titolo Techniques of Transportation Planning, with Special Reference to Railways’. All’Università colei che sarebbe diventata un faro per molti economisti ed economiste si appassionò agli studi pionieristici di Leontief e ai temi dello sviluppo e della pianificazione, approfondendo il pensiero di Keynes e di Kalecki.

Piero Sraffa

Nel 1960 cominciò a frequentare il Mit di Cambridge in Massachusetts e lì apprese le prime critiche al marginalismo elaborate da Joan Robinson assistendo al dibattito tra le due Cambridge, quella di Samuelson e Solow convinti neoclassici, e quella di Robinson, ma le contestazioni alla dottrina neoclassica più convincenti le sarebbero venute dal pensiero di Sraffa, che influenzò profondamente la sua visione dell’economia come scienza non solo matematica ma anche umana. Infatti al suo ritorno in India, come giovane ricercatrice nel Dipartimento di Economia dell’Università di Bombay, ci fu un avvenimento che segnò per sempre la sua formazione di economista: Sachin Chowdhury, l’editore della rivista The Economic Weekly, le commissionò la recensione di un piccolo testo appena pubblicato, Produzione di merci a mezzo di merci, scritto da quello che allora era conosciuto ai più solo come il bibliotecario del Trinity College di Cambridge, l’italiano Piero Sraffa. Si trattava di un testo fondamentale e rivoluzionario, «feast for thought» secondo Chowdury, che osava discostarsi dal pensiero unico dominante dei marginalisti e riscoprire le teorie dell’economia classica, tra cui quella ricardiana della distribuzione del reddito, troppo presto dimenticata, quelle di Smith, Mill e Marx, ai cui scritti Bharadwaj avrebbe riservato molta attenzione, leggendoli da quel momento in originale e non attraverso i sunti contenuti nei testi di Keynes. Sraffa, che sarebbe stato il primo a ricevere nel 1961 la medaglia Söderström dell’Accademia reale svedese delle scienze, un premio che anticipava di fatto il Premio Nobel per l’economia istituito solo nel 1969, era un uomo in dialogo con vari personaggi della storia del nostro tempo, tra cui Gramsci, John Maynard Keynes, Joan Robinson, Nicolas Kaldor, Richard Kahn, Maurice Dobb, Pierangelo Garignani e Luigi Pasinetti, ma anche Wittgenstein, con cui il rapporto a un certo punto venne meno. 

La giovane Krishna scrisse una recensione agile e chiara di Produzione di merci a mezzo di merci, pubblicata qualche anno dopo e fu molto apprezzata proprio da Sraffa, che così le scrisse: «Lei ha afferrato esattamente le linee principali della discussione e intuito alcune delle direzioni in cui dovrebbe svilupparsi la critica al marginalismo». L’economista torinese emigrato in Inghilterra aveva scritto un libro che avrebbe rivoluzionato il pensiero economico, perché non solo criticava ma rifiutava l’impostazione marginalista della teoria della distribuzione del reddito e della formazione dei prezzi. Intorno a Sraffa, a Cambridge, ma anche a Krishna si creò ben presto un circolo di intellettuali che comprendeva anche giovani economisti provenienti da varie parti del mondo con cui Bharadwaj rimase sempre in contatto. Le intuizioni e le ipotesi in cui avrebbe dovuto indirizzarsi la critica all’economia neoclassica divennero per Bharadwaj l’impegno della ricerca di una intera vita, anche dopo la morte di Sraffa, di cui continuò a leggere e interpretare gli scritti. L’economista indiana viaggiò moltissimo tra Europa, Asia e Stati Uniti divenendo presto una donna-ponte tra diverse culture, ma tornò spesso nella sua India, resasi indipendente nel 1947 dal giogo colonialista britannico, per dedicarsi ad affrontare da protagonista la transizione attraversata dal suo Paese natale verso il capitalismo. Fino al 1967 insegnò nel Dipartimento di Economia applicata dell’Università di Bombay, e indirizzò i suoi studi all’agricoltura in India, anche in collaborazione a distanza con altri economisti/e, tra cui Joan Robinson. La sua ricerca sul campo confermava la priorità che l’India avrebbe dovuto dare all’agricoltura rispetto ai piani che privilegiavano l’industria pesante e le consentì di criticare in modo scientifico la teoria neoclassica. Dal 1967 fu visiting fellow a Cambridge, al Clare Hall. Ritornata in India nel 1971, dopo un anno come visiting professor alla Delhi School of Economics, si trasferì alla nuova Jawaharlal Nehru University, dove fondò il Centre for Economic Studies and Planning (CESP) e ne diventò Direttrice.  Nel 1974 scrisse il libro su Le caratteristiche dello sfruttamento in agricoltura. La sua analisi partiva da una classificazione dei contadini indiani in base al loro accesso alla terra e alla loro collocazione nella produzione, nella fase di transizione verso il capitalismo, fatta di pianificazione, attività a cui l’economista indiana partecipò con grande entusiasmo creando anche alleanze. Sua era la teoria dei mercati interconnessi, o interlinked markets, che fu accolta in letteratura, in base alla quale ogni transazione ne implica un’altra, come la concessione di un credito o la vendita di prodotti. In questo contesto i contadini, secondo Bharadwaj, erano completamente privi di potere contrattuale e non entravano mai liberamente, ma sempre in maniera vincolata, nelle relazioni di mercato. Le sue idee, che per la prima volta osavano denunciare lo sfruttamento dei contadini e le relazioni di potere in agricoltura, per alcuni erano particolarmente scomode; per questo l’economista indiana sentiva il bisogno di allontanarsi di tanto in tanto dall’India, per poi tornarci con proposte e analisi nuove. Krishna Bharadwaj, descritta da chi l’ha frequentata come persona gentile e affabile, in pubblico era piuttosto schiva nonostante fosse una figura di spicco a livello istituzionale e nello sviluppo postcoloniale dell’India. 

Nel Centre for Economic Studies and Planning, a cui dedicò le sue energie fino alla morte, le e gli studenti avevano l’opportunità di accostare tutte le teorie economiche e non solo quella neoclassica, quindi anche quelle neoricardiana, marxiana e austriaca, con un approccio pluralistico e aperto anche alle scienze sociali. La porta dello studio e della casa della Direttrice erano sempre aperte. A questa formidabile teorica, sempre attenta a studiare la realtà dei fenomeni economici, si deve la riscoperta della teoria della distribuzione del reddito e del valore di Ricardo, con la ripresa del concetto fondamentale di sovrappiù. Bharadwaj era convinta che ogni teoria economica fosse fortemente condizionata dalle condizioni storiche in cui era stata formulata, che dovevano essere tenute in grande conto e che la teoria neoclassica fosse inidonea a comprendere le dinamiche dei salari e dei prezzi. Il lavoro, in particolare, non poteva essere considerato come un “fattore della produzione” al pari del capitale e delle materie prime, come nella teoria marginalista dell’equilibrio. Probabilmente tutta questa teoria era stata formulata proprio per contrapporsi alle idee, per certi aspetti “pericolose”, veicolate dagli economisti classici. I suoi dubbi sul sistema capitalistico che necessitava di correzioni furono esposti in tutte le conferenze a cui fu invitata e in tutte le Summer School, come quella di Marina di Aurisina vicino a Trieste a cui partecipò per molti anni, divulgando e diffondendo il suo pensiero, quello degli economisti neoricardiani e un punto di vista non omologato. Lo studio dell’economia doveva radicarsi profondamente nella realtà sociale indiana per riuscire a risolvere i problemi di quello Stato che sarebbe poi diventato uno degli attori principali del panorama internazionale, oggi nel gruppo dei Brics; era necessario uno sforzo intellettuale sempre più ricco e incentrato sulla soluzione di questioni tipicamente indiane, senza prendere a prestito soluzioni applicate in Paesi stranieri. 
Nei numerosi libri e articoli che ci ha lasciato, prima di morire a soli 57 anni, l’autrice della recensione “stellare” del libro di Sraffa parla del rapporto fondamentale tra economia e storia, volutamente ignorato dalla teoria economica marginalista. Le sue analisi prendono in considerazione sia gli aspetti analitici che la ricostruzione storica. Negli ultimi anni della sua vita, in cui rifiutò incarichi alla Banca Mondiale e in prestigiose Università scegliendo di dedicarsi all’India, fu attratta, come Garignani, dal rapporto tra la definizione dei prezzi e la distribuzione del reddito tra le classi sociali, ritenute fondamentali nello studio dell’economia politica. Krishna Bharadwaj attraversò nella sua vita tutti i rischi dell’essere una donna, una indiana e una teorica. Come spesso accade, quando la sua carriera professionale cominciò a decollare il suo matrimonio cadde a pezzi e Krishna Bharadwaj superò questa crisi grazie al supporto della madre e della figlia. Definita “spirito indomito” da chi l’ha conosciuta, divulgatrice instancabile di un pensiero non allineato, metteva in guardia sulla deriva autoritaria del sistema delle caste e si batteva per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, oggetto di sfruttamento da parte dei capitalisti e vittime dell’alienazione sul luogo di lavoro. Krishna Bharadwaj fu impegnata anche nel movimento delle donne, nel sindacato e nei movimenti di sinistra in India. Generosa oltre misura, accettava ogni invito che servisse a difendere le persone oppresse, impegnandosi in prima persona e sostenendo battaglie molto diverse tra loro. Appoggiò la legge a difesa delle donne musulmane in India, la riforma dei diritti ereditari e la proprietà della terra delle donne, oltre alla lotta contro il sistema della dote, un modo mascherato per “vendere” le donne.  

Chi l’ha conosciuta, come i/le suoi/sue studenti, la definisce disponibile ed empatica, dotata di una comprensione profonda dei problemi sociali del suo Paese. 

Morì dopo una lunga malattia l’8 marzo del 1992, proprio nella Giornata internazionale dedicata ai diritti delle donne per cui tanto si era battuta. 

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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la e minuscola e una Camminatrice con la maiuscola. Docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

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