A piedi nudi nel deserto con Odette du Puigaudeau 

Una figura audace e affascinante occupa una posizione di rilievo tra le avventuriere del passato: si tratta di Odette du Puigaudeau, esploratrice francese con un’enorme passione per l’arte e l’avventura, oltre che per l’osservazione profonda e mai sommaria delle culture incontrate. 
Nata nel 1894 a Saint-Nazaire da madre ritrattista e padre pittore, questa donna viene ricordata per aver sfidato i confini del mondo, vincendo le proibizioni imposte dalla società patriarcale che mal tollerava le viaggiatrici e la loro libertà. Proviamo a immaginare una giovane donna, con gli occhi scintillanti di curiosità e un’anima inquieta, che si trova a immergersi nella cultura vibrante dei Tuareg, un gruppo nomade del deserto sahariano. Affascinata dalla vita dinamica di questa tribù berbera, intraprende un’avventura senza precedenti, che la porta a cavalcare attraverso il deserto, lasciandosi alle spalle la comodità della civiltà per scoprire mondi sconosciuti. Il suo viaggio nell’Africa degli anni Trenta è, infatti, diventato leggendario, come dimostrano i suoi dipinti di paesaggi mozzafiato e ritratti affascinanti delle persone che ha incontrato lungo il percorso. L’etnologa, tuttavia, non si è limitata solo a catturare l’essenza di quelle terre lontane sulla tela, ma ha anche annotato ogni singola emozione, ogni avventura, ogni scoperta, in un diario di viaggio che trasuda passione, entusiasmo e genuina curiosità. 
L’esplorazione del Sahara Occidentale avviene all’età di quarant’anni, dopo una vita di lavoro e studio: oceanografia alla Sorbona, design al Collège de France, giornalismo con L’Intransigeant. La maggior parte dei racconti di questo viaggio è racchiusa nel libro Pieds nus travers la Mauritanie (A piedi nudi attraverso la Mauritania), nel quale sono anche presenti le illustrazioni dell’amica e artista Marion Sénones, inseparabile compagna di viaggio. 

Une famille Maure. Illustrazione di Marion Sénones

Nel libro troviamo le impressioni del cammino di Odette, che percorre questa terra misteriosa a piedi, passo dopo passo, soffermandosi a parlare con persone e immergendosi nelle loro usanze. Ci racconta dei rituali e del rapporto con i luoghi che le tribù abitano, della loro vita quotidiana e delle tradizioni millenarie. Si immerge nel deserto e ne segue i ritmi e le sfide, abbracciando lo stile di vita nomade e muovendosi anche in sella a un cammello
Ciò che colpisce del suo punto di vista, del suo sguardo attento, è l’equilibrio tra la pura descrizione geografica ed etnografica, e la dimensione umana ed empatica, che genera riflessioni in cui è facile riconoscersi. Questo è dettato dalla capacità di tuffarsi in ogni esperienza, abbracciando l’autenticità di ogni luogo visitato; ne deriva un miscuglio straordinario di avventura, cultura, e intima connessione con la terra. Nel deserto l’esploratrice impara a conoscere il cammello, un animale essenziale per la sopravvivenza dei Tuareg, che ha permesso loro di attraversare le terre aride e inospitali del Sahara. Con l’aiuto del popolo nomade stesso, apprende le abilità necessarie per cavalcare e prendersi cura dei cammelli, diventando una vera compagna di cammino delle genti del deserto. 
Tra gli ostacoli affrontati, oltre a quelli imposti dal deserto in sé, ci sono anche quelli derivanti dall’essere una presenza femminile in cammino. Spesso le veniva impedito di attraversare alcuni luoghi o di percorrere alcuni tragitti. Proprio per questo motivo, nel 1940 fonda una società composta da donne che aveva l’obiettivo di supportare le missioni etnografiche. Mostra un enorme impegno anche durante il suo ultimo viaggio in Mauritania del 1950: si unisce alla lotta locale contro il colonialismo e a favore della conservazione delle tradizioni che aveva avuto l’occasione di vivere in prima persona. Nonostante nei primi anni di studi il mondo accademico si era rivelato ostile nei suoi confronti, la viaggiatrice di ritorno dalle esplorazioni viene accolta con molto rispetto. Le narrazioni e le opere d’arte che ha poi donato al panorama europeo, hanno avuto un ruolo fondamentale per l’avvicinamento all’universo del nomadismo e alla sua scoperta reale e non mistificata. Inoltre, le opere artistiche di Odette du Puigaudeau sono state esposte in numerose mostre d’arte in Francia e all’estero. La sua voce risuona anche grazie al programma radiofonico realizzato in Marocco nei primi anni Sessanta, dove lavora anche alla conservazione e valorizzazione del patrimonio archeologico.

Odette du Puigaudeau nel deserto del Sahara

È proprio qui, precisamente a Rabat, che sceglie di trascorrere gli ultimi anni della sua vita, dedicati allo studio e alla scrittura, oltre che all’attivismo politico. Attivismo che assume un valore ancora maggiore se si pensa che la nostra viaggiatrice, di estrazione borghese, aveva ricevuto finanziamenti istituzionali per le sue spedizioni; nonostante ciò, non aveva mai assunto uno sguardo colonizzatore nei confronti delle popolazioni incontrate, e anzi aveva cercato di comprenderne a fondo il pensiero e le abitudini, tanto da unirsi alla loro lotta per l’indipendenza. È così dunque che è bene ricordare questa vita, che è stata un inno alla libertà, sì, ma non soltanto la propria: la libertà di una donna di poter viaggiare, camminare, cavalcare, e la libertà dei popoli di mantenere la loro autonomia. 
E infine, ma in realtà da principio, ricordiamo l’invito a muovere passi, fermarsi e ripartire, a piedi nudi e cuore aperto.  

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Articolo di Emilia Guarneri

Dopo il Liceo classico, si laurea in Lettere presso l’Università degli Studi di Torino. In seguito si trasferisce a Roma per seguire il corso magistrale in Gestione e valorizzazione del territorio presso La Sapienza. Collabora con alcune associazioni tra le quali Libera e Treno della Memoria, appassionandosi ai temi della cittadinanza attiva, del femminismo e dell’educazione alla parità nelle scuole.

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