Nuovi processi di educazione di genere

Questa ricerca mi è servita a comprendere quanto sia necessario interrogarsi e confrontarsi a partire dalle parole e dalle immagini in quanto veicoli di significati, impliciti o espliciti, di cui siamo consapevoli o meno, di quanto sia necessario sostenere l’urgenza di un uso non sessista della lingua, che non favorisca più il genere maschile, né tantomeno che perduri con la trasmissione di pregiudizi negativi e di stereotipi solidamente associati alla figura femminile.
Soprattutto, mi è servita ad acquisire consapevolezza delle varie forme in cui l’asimmetria tra maschile e femminile viene mantenuta e quotidianamente trasmessa dalla lingua. «La nudità comincia dal viso, l’oscenità con la parola», dichiarava Simone de Beauvoir, ricordandoci quanto il potere delle parole non vada sottovalutato. Le parole possono essere violenza e violenza è anche non comprendere nel proprio linguaggio alcune parole o usarle in una forma dispregiativa. Il mio contributo come donna e cittadina è risignificare queste parole in modo che abbiano un senso comprensivo di altre realtà.
Oltre a proseguire gli studi magistrali in Editoria e scrittura alla Sapienza, mi piacerebbe scrivere per poter contribuire a educare fin dalla tenera età a essere nominate e nominati per poter essere rispettate e rispettati, per esistere, e avere un posto nel mondo.

Ritengo che gli aspetti importanti e degni di futuro su questo tema siano il ruolo dei mass-media e la funzione educativa della scuola, perché è proprio attraverso questi strumenti che ogni persona riceve ed esprime la propria percezione della realtà e può essere in minore o maggior misura condizionata dagli stereotipi che si riferiscono ai due sessi in modo non paritario. L’intervento educativo può pertanto essere lo strumento più efficace per restituire alla rappresentazione del mondo uguaglianza (nei diritti e nei doveri) e differenza (nelle caratteristiche proprie), oltre a promuovere relazioni basate sul rispetto. Anche il linguaggio della stampa, per la sua vasta diffusione e accessibilità, è uno dei veicoli principali di modelli di comportamento anche linguistico. Nel dare le notizie, fotografando e interpretando ciò che accade nel mondo e scegliendo le parole per farlo, può quindi svolgere un ruolo chiave nel perpetuare o, al contrario, abbattere stereotipi che relegano le donne ai margini della scena politica, economica e accademica. Per questo hanno entrambi una grande responsabilità, che questa ricerca invita ad accogliere al fine di promuovere un’informazione più equa e rispettosa delle diverse identità, perché rispettare le differenze significa corroborare la democrazia, potenziare la qualità di ogni esperienza di vita per tutte e tutti e contrastare ogni atteggiamento e comportamento aggressivo e violento.

Promuovere dunque l’uguaglianza di genere in modo sostanziale e duraturo, nel settore educativo come nella società nel suo complesso, richiede azioni urgenti e coraggiose. La parità è ancora intesa come omologazione del femminile al maschile, mentre in realtà si riferisce alle pari opportunità rispetto al contributo delle donne e degli uomini in tutte le dimensioni della vita, siano esse pubbliche o private. Si configura, dunque, non solo come un diritto umano fondamentale, ma come condizione necessaria per un mondo sostenibile e rappresenta uno degli indicatori del livello di democrazia.
Negli ultimi decenni la promozione dell’uguaglianza di genere nei contesti educativi è divenuta una priorità nelle agende governative europee. Un punto nodale è la revisione dei libri di testo. Uno degli aspetti più interessanti e degni di futuro è, a mio avviso, il grande fermento nell’editoria italiana per l’infanzia e per ragazzi/e che intende veicolare nuovi modelli di mascolinità e femminilità. L’intento è progettare testi scolastici capaci di stare al passo con i tempi e di registrare i cambiamenti sociali intervenuti nella vita femminile e maschile negli ultimi decenni, dandone una corretta rappresentazione. L’obiettivo ultimo è, quindi, rivolto al futuro: gettare le basi culturali affinché le prossime generazioni abbiano effettivamente pari opportunità di progettare la propria vita privata e professionale senza limiti legati alla propria appartenenza di genere. La parità di genere nella didattica non è quindi solo pensabile, ma anche possibile.

Obiettivo Parità, ad esempio, è un tentativo concreto di rendere effettivo questo principio. Si tratta di un progetto editoriale avviato nel 2018 dalla sinergia di Fabbri-Erickson e Rizzoli Education, che vuole deragliare dai binari consueti, fornendo una rappresentazione equilibrata e variegata dei generi femminile e maschile nell’ambito personale, familiare e professionale, con un’attenzione al linguaggio utilizzato. Ad esempio includendo uno scenario con cinquanta professioni e non più quindici: le mamme, infatti, iniziano a essere rappresentate in ruoli professionali di alto livello quali ingegnera, scienziata, astronauta, chirurga, e i padri anche nella condivisione di responsabilità domestiche. Vengono raffigurate e narrate le donne in spazi pubblici, all’aperto, in ruoli attivi, svolgendo attività sportive, al fine di evitare lo stereotipo di immobilità e passività che le ritrae ancora troppo spesso nelle mura di casa.
Negli ultimi anni sono nate, poi, case editrici come Settenove, interamente dedicata alla prevenzione della discriminazione di genere e collane come Sottosopra, destinate all’abbattimento degli stereotipi sessisti e alla presentazione di nuovi modelli di famiglia, che seppur minoritarie rispetto alla produzione editoriale tradizionale, aggiungono un tassello al processo di decostruzione dei modelli tradizionali di genere e uno spiraglio per la libertà di bambine e bambini.
Zanichelli ha stilato il programma Obiettivo 10 in parità, che consiste in dieci linee guida per promuovere la parità di genere nei libri di testo utilizzando un linguaggio inclusivo di entrambi i generi. Mondadori Education non è da meno. L’edizione 2022 del Nuovo Devoto-Oli, il vocabolario dell’italiano contemporaneo, registra tra i vari aspetti le esigenze di una società attenta all’inclusione e alla parità di genere allo scopo di evitare gli stereotipi. Ad esempio alla voce sconveniente è stato eliminato: «è sconveniente che una ragazza si comporti così», oppure interventi sulla parola zitella, oggi declassata a parola non di base, che riceve la marca scherzosa e dispregiativa. E ancora Nove Passi, un corso interattivo per l’autoapprendimento della lingua italiana (come LS o L2) di livello A1, elaborato dal Centro linguistico dell’Università di Bologna, che segue il modello tradizionale dei libri di didattica, ma da un’ottica non sessista, evitando per esempio l’uso del maschile inclusivo, valorizzando l’utilizzo di termini femminili per indicare professioni prestigiose (ministra, avvocata, sindaca) e utilizzando le parole che denotano i due generi, privilegiando la parola persona, rispetto alla parola uomo.

La scuola ha dunque bisogno di ripensarsi su questi temi. La sua funzione non è solo quella di trasmettere la cultura, ma soprattutto di offrire prospettive e aiutare ragazze e ragazzi a crescere intorno alla cultura e a vivere in essa avventurosamente, cercando di contribuire al suo sviluppo, non semplicemente conformandosi. Resta inteso che azioni virtuose si rivelano tali se nei processi di educazione di genere sono coinvolti anche il gruppo dirigente, il corpo docente, i genitori e tutto il personale scolastico.
Abituiamoci dunque a nominare entrambe le metà del cielo, anche se per consuetudine abbiamo sempre usato il maschile. Occorre fare la grande fatica di interrogarci sul modo in cui ci esprimiamo con la convinzione che ciò che abbiamo appreso è elastico, muta, perché le lingue sono vive e mutando trasformano la realtà circostante, in una formazione continua che diventa un ripensarsi insieme, anche per le tante donne che leggono nel ruolo declinato al maschile una sospirata e raggiunta posizione di potere, che al femminile sarebbe più debole; donne nelle quali si sono sedimentati messaggi di limitazioni, di minorità, che hanno interiorizzato le aspettative di una società che ci ha raccontate angelicate, custodi del focolare e madri o lussuriose, streghe, sgualdrine, in base a ciò che più era funzionale alla sua autonarrazione. Gabbie insomma, in cui siamo state confinate.

Sono consapevole di aver sfiorato soltanto la punta dell’iceberg di questa vexata quaestio e soprattutto di non avere verità da addurre. Il mio contributo è stato quello di far riflettere sugli automatismi della lingua, e quindi di pensiero, che non sono così innocenti quanto si è indotte e indotti a credere. Anche se non è possibile modificare con semplici atti volontaristici le strutture profonde inscritte nel sistema linguistico, l’adozione di dispositivi che segnalino alcune disimmetrie grammaticali e semantiche tra il maschile e il femminile, è l’inizio di un percorso di riflessione e pratica, individuale e collettiva, volto a permettere il libero esprimersi della soggettività femminile. Non esiste una soluzione univoca in grado di soddisfare l’urgenza della presenza femminile nei testi, a partire da quelli scolastici e burocratici. C’è ancora tanta strada da fare in termini linguistici, ma c’è speranza nel poter garantire una pari visibilità alla donna e solo la riflessione linguistica e il confronto critico su tali tematiche possono portare a un cambiamento più che mai sentito e necessario.

Il primo passo risiede nel far prendere coscienza alla comunità delle e dei parlanti del fatto che stanno utilizzando una lingua in cui si sono cristallizzate espressioni sessiste che rappresentano le donne in modo estremamente penalizzante, poiché solo così potremo contribuire alla costruzione di una società più equa e meno svilita da discriminazioni, frutto di un retaggio culturale che distingue ancora fra un primo e un secondo sesso.

Qui il link alla tesi integrale: https://toponomasticafemminile.com/sito/images/eventi/tesivaganti/pdf/Fiore_237.pdf

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Articolo di Angela Fiore

Specializzata in inglese e francese, laureata in Lingue, culture, letterature, traduzione presso l’Università La Sapienza di Roma, frequenta la magistrale di Editoria e scrittura presso il medesimo ateneo, con laurea prevista per il 2024. Naturopata a indirizzo psicosomatico presso l’Istituto Riza di Milano, nutre un forte interesse per le discipline olistiche e le terapie naturali.

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