Clara Wieck Schumann, celeberrima pianista e compositrice

Clara Josephine Wieck è l’esempio fortunato di una bambina nata in una famiglia dove la musica era di casa e dove si incoraggiava il talento; il nonno materno era stato un flautista di valore, il padre Johann era un appassionato e aveva una fabbrica di pianoforti, la madre Marianne Tomlitz era cantante e pianista stimata.

Clara, nata a Lipsia il 13 settembre 1819, era la secondogenita, ma la sorella maggiore non era sopravvissuta; la madre conciliava l’attività artistica con la numerosa famiglia, ma non mancavano contrasti con il marito, che divennero irreparabili alla nascita del quinto e ultimo figlio. I genitori si resero conto presto delle doti straordinarie della piccola e il padre decise di farne una eccelsa pianista, curandone personalmente l’educazione musicale, fino dai cinque anni, pur trascurandone la formazione generale e indirizzando forzatamente le sue scelte, imponendole i propri gusti, ma anche salutari passeggiate all’aria aperta. Almeno in questo fu forse un precursore… Inoltre si occupava della sua carriera, dei compensi, dei viaggi, accordava persino il suo pianoforte al momento delle esibizioni, elemento importantissimo perché all’epoca, trattandosi di un oggetto delicato ed estremamente ingombrante, ci si doveva accontentare dello strumento che si trovava nella sala, spesso scordato o difettoso. Significativo che fosse ancora il padre, dai suoi 7 ai 19 anni, a tenere un diario a suo nome e a controllarne ogni singola pagina. A dieci anni l’educazione di Clara si allargò e comprese lo studio del violino, il canto e la composizione con maestri di grande rilievo: da Weinlig a Ressiger, da Dorn a Dehn. Il 20 ottobre 1829 la bambina prodigio si esibì in un salotto per la prima volta, con un’altra giovane pianista, ma il debutto ufficiale avvenne l’8 novembre 1830, come solista a Lipsia; nel programma furono inserite anche due sue composizioni per pianoforte e un lied per la voce di Henriette Grabau. Già l’anno successivo suonò in vari teatri tedeschi e a Parigi dove conobbe, fra gli altri, Chopin e Berlioz. Fra 1837 e ’38 fu in tournée in Austria e a Vienna ottenne grande fama, fece incontri importanti con Paganini e Goethe, suoi estimatori, ebbe l’onore di vedersi dedicare un poema dal poeta Grillparzer; ricevette persino il titolo prestigioso di virtuosa da camera dell’imperatore e presto si riconobbe la sua abilità anche come compositrice, pratica che aveva iniziato fino dai 10-11 anni. 

A 9 anni aveva visto per la prima volta Robert Schumann, allievo del padre, ma ancora di incerto avvenire; forse fu proprio l’esempio della ragazzina tanto studiosa e motivata a indirizzarlo seriamente verso la carriera artistica. Qualche tempo dopo tra i due nacque l’amore, fortemente osteggiato in famiglia per l’abitudine del giovane di eccedere con l’alcol e perché sembrava destinato a un futuro modesto. Il matrimonio contrastato avvenne il 12 settembre 1840 e i primi anni trascorsero sereni, fra le tournée di Clara e l’attività di compositore di Robert. Viaggiarono in Russia e in Germania, dove il marito trovò lavoro come insegnante al conservatorio di Lipsia, quindi decisero di stabilirsi a Dresda e, in seguito, a Düsseldorf.

Il pianoforte di casa Schumann

Ma le condizioni di salute dell’uomo si facevano via via più preoccupanti, tanto che Clara lo doveva seguire per assisterlo durante le crisi di amnesia e per la tendenza al suicidio; ricoverato in un manicomio presso Bonn, vi morì a soli 46 anni, nel 1856. Rimasta vedova, Clara proseguì la sua carriera anche allo scopo di valorizzare le composizioni del marito, non sempre comprese e accolte con favore. Riguardo invece alle proprie opere si segnalano le Quatre Polonaises op. 1, pubblicate quando era ancora una bambina. Seguirono Caprices en forme de Valse, Valses romantiques, Quatre pièces caractéristiques, Soirées musicales, il Concerto op. 7 per pianoforte di cui curò pure l’orchestrazione e molte altre pagine come i Lieder per voce e pianoforte, pregevoli per libertà di espressione e attenzione alla parola, e, soprattutto, il Trio in sol minore per pianoforte, violino e violoncello op. 17, che senza dubbio è il suo capolavoro. Fu pure una innovatrice che segnò la strada alle esecuzioni successive: fu infatti fra i primi pianisti e pianiste a suonare senza spartito, a memoria, a proporre variazioni su temi di altri compositori, a introdurre interpretazioni assai personali e nuove tecniche, a inserire nel programma dei concerti ogni volta almeno un suo brano, a rendere le esibizioni pubbliche più brevi e a valorizzare i massimi artisti del passato, da Bach a Beethoven. 

Clara Wieck e Robert Schumann
Clara Wieck e Robert Schumann

Fu merito di Clara se con tenacia ripropose più volte le opere del compagno in sfiancanti tournée in Gran Bretagna, che si presentavano puntualmente ogni anno, dal 1865 al 1882, e poi dal 1885 al 1888, con poche interruzioni. Fu ancora opera sua se il Concerto in re minore per pianoforte e orchestra, scritto da Brahms appena venticinquenne, inizialmente poco apprezzato, divenne quel capolavoro che conosciamo, anche se le fruttò malevoli commenti relativi a una loro presunta intesa sentimentale. Intanto manifestava aperta ostilità per due famosissimi esponenti dell’epoca: Liszt, per il quale a suo tempo il marito invece aveva dimostrato stima, e Wagner, a suo dire autore di musiche «orribili» e «ripugnanti».

Bonn – la tomba Schumann-Wieck

La continua, pressante pratica al pianoforte aveva indebolito il suo fisico e provava forti dolori muscolari, così dovette dedicarsi a un repertorio meno stancante e a rallentare i ritmi delle esibizioni.
Dal 1878 al 1882 ottenne l’incarico di insegnante al conservatorio di Francoforte sul Meno e le sue teorie risultarono preziose per rinnovare le tecniche di esecuzione e formare giovani talenti.
Il 12 marzo 1891 tenne l’ultimo concerto in pubblico, in quella città, ed eseguì di Brahms le Variazioni su un tema di Haydn op. 56, per due pianoforti.
Colpita da un ictus, morì a Francoforte il 20 maggio 1896, e fu sepolta a Bonn insieme al marito.

Sia il cinema che il teatro in più occasioni si sono ispirati alla sua vita, “romantica” per eccellenza; nel film Canto d’amore (1947) il suo ruolo fu interpretato da Katharine Hepburn, nel 1993 uscì un’altra pellicola con Nastassja Kinski e nel 2008 fu la volta di Geliebte Clara con Martina Gedeck. Nel 2010, in Italia, ben tre spettacoli si sono incentrati sulla sua esistenza: un testo di Imma Battista, con Paola Gassman nella parte di Clara, un altro composto da Maria Grazia Calandrone, portato in scena da Sonia Bergamasco e poi da Gaia de Laurentiis, infine un monologo di Valeria Moretti che ha debuttato al Regio di Torino con Giuliana Lojodice nel ruolo della protagonista.

Copertina del libro Gli otto ragazzi Schumann, di Nicolas Cavaillès

Molto interessante è il libro Gli otto ragazzi Schumann, scritto dal francese Nicolas Cavaillès (pubblicato in Italia nel 2018) e recensito da Dino Villatico nel 2019 che demolisce il mito di Clara, madre di otto figli in 14 anni di matrimonio e donna esemplare; purtroppo la musicista, secondo accurati studi e testimonianze, sarebbe stata talmente presa dalla propria carriera e dalla propria incessante attività tanto da aver del tutto trascurato la prole. Il piccolo Emilio morì a un anno, gli altri ebbero vita solitaria e infelice, sballottati fra parenti e convitti. Uno fu affetto da demenza patologica e finì in ospedale psichiatrico. In quattro morirono precocemente. La figlia Eugenia, probabilmente, fu l’unica a portare avanti con maggiore libertà la propria esistenza controcorrente, uscendo presto dal nucleo familiare e vivendo il suo amore per la compagna Fillu, accettata tardi dalla madre. Certamente tutti soffrirono per gli squilibri mentali del padre, che Clara non tentò neppure di alleviare, presa com’era da sé stessa e dai suoi successi, da inseguire a ogni costo. Ma è pur vero che su di lei gravavano responsabilità di ogni tipo, specie economiche: dava lezioni di piano, curava la casa, insegnava, continuava a esibirsi e a comporre, dovendo mantenere una famiglia così numerosa.

Doodle di Clara Wieck Schumann in occasione dei 193 anni dalla nascita

Colpisce comunque, per evidente contrasto, il doodle che Google le ha dedicato per l’anniversario dei 193 anni dalla nascita: una mamma felice e sorridente attorniata dalla prole a sua volta circondata dalla avvolgente tastiera del pianoforte. Un quadretto idilliaco che i fatti sembrano smentire. Fu pure raffigurata, giovane e bella, in una banconota tedesca da 100 marchi.

A suo nome esiste da dieci anni un concorso pianistico internazionale a Marina di Massa, mentre è alla settima edizione quello riservato a scolari e scolare delle primarie e a liceali. Non mancano naturalmente dischi con esecuzioni di pregio e video pubblicati on line; fra questi si segnala la prova eccelsa di Beatrice Rana nel celebre Concerto in A minore opera 7 con la Chamber Orchestra of Europe. Per i duecento anni dalla nascita la città di Lipsia le ha dedicato un importante progetto celebrativo dal titolo Clara 19 e l’occasione risvegliò l’interesse per l’artista che comprese pure pubblicazioni di interessanti lettere e diari. Vie e istituzioni musicali le sono state intitolate un po’ in tutta Europa perché la sua fama ha superato i confini tedeschi facendola diventare una figura emblematica della corrente romantica.

Clara Wieck Schumann sulla banconota tedesca da 100 marchi
Copertina di Lettere, diari, ricordi

Qui le traduzioni in inglese, francese e spagnolo.

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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

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