Non c’è l’Inferno nel mondo del buon Dio. Pentimento e giudizio in Fabrizio De André

La morale cristiana nell’opera di De André si trova anche in altre canzoni.

In Delitto di paese, ripresa da L’assassinat di Georges Brassens, due persone che ne hanno uccisa una terza con l’intenzione di derubarla raggiungono il Paradiso in quanto pentiti del loro gesto. Una ragazza seduce un uomo anziano per poi essere pagata ma il vecchio, oltre che sorpreso dalla richiesta della giovinetta, è povero e non può pagare; lei e il suo complice (nel testo è definito sia «compagno» che «protettore»), dunque, lo uccidono credendolo un truffatore, per poi scoprire, frugandogli nelle tasche, che egli è povero davvero. «Allora presi dallo sconforto e dal rimpianto del morto, s’inginocchiaron sul poveruomo chiedendogli perdono. […] Fu qualche lacrima sul viso a dargli il Paradiso». Lo sconforto e il rimpianto alleviano la colpa agli occhi di un Dio buono e misericordioso, ma non certo per lo Stato, che ha più fretta di emettere giudizi che di capire: così i due assassini sono processati e condannati a morte. Lontano dal riconoscersi nell’ordine costituito e soprattutto nella morale comune, bigotta e presuntuosa, la poesia si chiude con una frase assai significativa: «quando furono impiccati volarono fra i beati, qualche beghino di questo fatto fu poco soddisfatto».

Preghiera in gennaio è un testo estremamente rivoluzionario: qui il poeta ed evangelista genovese sfida la morale ufficiale della Chiesa cattolica. Composta in occasione della morte dell’amico e collega Luigi Tenco, cantautore ligure suicidatosi nel gennaio del 1967, la canzone riabilita il suicidio, gesto mai perdonato dalle gerarchie ecclesiastiche, come dimostrato dal XIII canto della Divina Commedia, in cui Dante punisce i suicidi condannandoli a trascorrere l’eternità nel VII cerchio dell’Inferno. Don Andrea Gallo racconta a questo proposito un episodio molto interessante e significativo. «Negli anni Sessanta ero viceparroco alla Madonna del Carmine, […]. In quel periodo mio cugino […] insegnava religione. Fabrizio era suo allievo, in terza liceo. Un giorno mio cugino mi fece leggere uno scritto furente proprio di Fabrizio De André, allora diciassettenne. Un mese prima uno studente si era suicidato e la parrocchia, ahimé, aveva rifiutato i funerali religiosi. Il fatto scatenò l’esigenza di verità del giovane, che prese carta e penna dando forma ai suoi dubbi, alle sue perplessità. Perché la Chiesa, annunciatrice del Vangelo, madre dell’umanità, rifiutava i funerali? Non avrebbe dovuto essere, lei per prima, maestra dell’accoglienza e dell’abbraccio misericordioso a ogni essere vivente? Lessi quella lettera e non potei che stare da “quella” parte.»

In Preghiera in gennaio, che sembra a tutti gli effetti un’invocazione a Dio, l’aldilà dantesco, normativo e punitivo e tutt’altro misericordioso, viene rovesciato: Luigi Tenco e gli altri suicidi sono accolti in Paradiso «perché non c’è l’Inferno nel mondo del buon Dio». Primo Levi fa notare più volte le somiglianze tra i lager nazisti e l’Inferno dantesco. E una religione che professa l’infinità bontà dell’Onnipotente contrasta violentemente con una struttura ultraterrena così simile a un carcere o peggio.

Verso una scelta estrema e difficile come il suicidio, che richiede un coraggio non da tutti, De André mostra un grande rispetto. Quelli che Dante si limitava a tacciare di “violenza contro se stessi” sono ora definiti «i morti per oltraggio che al cielo ed alla terra mostrarono il coraggio […] che all’odio e all’ignoranza preferirono la morte». Davanti a un tale gesto l’unica reazione sensata è il silenzio. Continua don Andrea: «Colui che si suicida scommette su di sé un costo troppo alto per poter essere giudicato da chi resta. Il suo dolore è talmente grande che semmai va compreso, non certo condannato. Chi siamo noi per giudicare le motivazioni intime e nascoste che stanno dietro un atto così brutale e personale come il suicidio? E perché la Chiesa si prende a volte il diritto di esercitare una potestà giudicante sulle vicende nascoste e segrete dell’animo umano?»

Il profeta degli ultimi continua la sua preghiera per l’amico con un bellissimo messaggio di speranza: «Dio di misericordia, il tuo bel Paradiso lo hai fatto soprattutto per chi non ha sorriso, per quelli che han vissuto con la coscienza pura; l’Inferno esiste solo per chi ne ha paura».

Forse incoraggiato dall’ascolto di queste parole, don Andrea conclude il capitolo con una provocazione: «sono i cammini personali che mi interessano come pastore d’anime. E se i preti ancora non hanno capito questa lezione così disarmante e semplice, è meglio che cambino subito mestiere. Gesù è venuto sulla Terra per salvare l’uomo, non per giudicarlo e metterlo in castigo. E, credo, anche per cantare una canzone di De André.».

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Articolo di Andrea Zennaro

4sep3jNI

Andrea Zennaro, laureato in Filosofia politica e appassionato di Storia, è attualmente fotografo e artista di strada. Scrive per passione e pubblica con frequenza su testate giornalistiche online legate al mondo femminista e anticapitalista.

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