Le Granturiste. Mary Wortley Montagu

La prima ad aver lasciato testimonianza delle sue esperienze di grandi viaggi è lady Mary Wortley Montagu, autrice delle Turkish Embassy Letters, pubblicate postume dall’amica Mary Astell nel 1763. Questo primo “travel book” al femminile si riferisce agli anni 1716-1718 vissuti da lady Montagu in Turchia durante la missione diplomatica del marito. Dopo di lei, altre hanno viaggiato e scritto e sono qui ricordate in ordine cronologico.

Nel 1771 la poetessa Anne Marie Fiquet du Boccage dà alle stampe il resoconto dei suoi viaggi in Inghilterra, Olanda, Germania e Italia compiuti tra il 1756 e il 1758.

Vengono poi, in Inghilterra, la già citata Anna Miller con Letters from Italy in the Years 1770 and 1771 (1776), seguita da Hester Lynch Piozzi con le sue Observations and Reflections del 1789, resoconto del viaggio in Francia, Italia e Germania.

Verso la fine del secolo, quasi tutte le scrittrici inglesi si cimentarono con il genere travel book, non ultima la proto femminista Mary Wollstoncraft che nel 1796 pubblica il suo racconto di viaggio in Svezia, Norvegia e Danimarca.

In Germania, la pioniera del genere è Sophie von La Roche.

Mary Wortley Montagu (1689-1762)

Mary, nata nel 1689 e rimasta presto orfana di madre, cresce nel castello della nonna paterna e, fin da piccola, è desiderosa di imparare e di conoscere. Studia latino, disegno, italiano. Ma ha anche un carattere determinato e ribelle. Quando si innamora del giovane Eduard Wortley Montagu, sfida il parere del padre, contrario alle nozze, e arriva progettare con lui una fuga in Italia. Poi i due giovani si sposano, anche se il sogno romantico di Mary non durerà a lungo. Quando, nel 1715, al marito viene proposto un incarico di ambasciatore della corona inglese a Costantinopoli, il matrimonio è già in crisi: Mary è sofferente nel corpo e nello spirito a causa del vaiolo e ha da poco avuto un bimbo. Ma parte e attraversa mezza Europa prima di raggiungere Costantinopoli. Arrivata a destinazione, non smentisce la sua esuberanza e la sua curiosità e subito comincia a studiare lingua, cultura e tradizioni locali. Non rinnega le sue origini, ma non ha chiusure verso ciò che è nuovo e diverso. Si immerge nel nuovo mondo, lo osserva e lo descrive con stupore, meraviglia e anche ammirazione, superando gli stereotipi e le incomprensioni di coloro che, prima di lei, ne avevano scritto. In particolare è attratta dal mondo femminile con il quale cerca un contatto diretto, anche adeguandosi al costume del velo.

Scrive infatti:

Lo yasmak, o velo turco, non solo lo porto facilmente, ma mi è anche gradito, e se non lo fosse sarei lieta di sopportare qualche incomodo pur di soddisfare una passione come la curiosità, che in me è così potente.  

Non lo vede come una limitazione e ne apprezza l’aspetto di travestimento e occultamento dell’identità, che maliziosamente ritiene dia alle donne turche maggiore libertà. Vive l’esperienza dell’hammam, che interpreta come una sorta di “caffè delle donne”, e sperimenta la condivisione della fisicità e della nudità in assoluta naturalezza. Fa visita all’harem del sultano e lo descrive con uno sguardo aperto e rispettoso di quella cultura differente dalla propria. Apprezza anche la libertà economica delle donne che deriva dalla separazione dei beni coniugali:

E neppure hanno molto da temere il risentimento del marito, dato che le donne che sono ricche hanno in mano tutto il loro patrimonio, che portano con sé in caso di divorzio con l’aggiunta che egli è obbligato a dare.

Il suo sguardo abbraccia anche altri aspetti della società turca: viene a conoscenza della pratica dell’inoculazione contro il vaiolo e ne comprende l’utilità, lei che ne aveva subite in prima persona le conseguenze, e riesce a importarla in Inghilterra.

Quando ritorna in patria Lady Mary è una donna diversa che ha vissuto un’esperienza eccezionale e che, anche se nella scrittura privata, ne ha dato testimonianza.

 

Articolo di Daniela Fusari

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Daniela Fusari, docente di materie letterarie nella scuola superiore, è nata a Lodi dove vive e insegna. In qualità di archivista, ha curato, il riordino e l’inventario di fondi documentari. Fa parte della Società Storica Lodigiana e ha svolto ricerche di carattere storico in ambito locale e per la valorizzazione dei Beni culturali. Riesce ancora, per sua fortuna, a divertirsi in tutte, o quasi, le cose che fa.

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