Mi hanno rubato il prete 

Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria 

col suo marchio speciale di speciale disperazione 

e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi 

per consegnare alla morte una goccia di splendore, 

di umanità, di verità… 

 (Fabrizio De André, Smisurata preghiera, in Anime Salve, 1996) 

È pomeriggio quando la televisione dà la notizia, un pomeriggio di fine maggio. Il 22. Dopo nemmeno un’ora la chiesa è gremita di gente, e anche la strada fuori. Si parla di decine di persone, poi centinaia, poi migliaia. Via San Benedetto è piccola. Non troppo piccola rispetto al resto del centro storico ma pur sempre inadatta a così tanta gente. Qualcuno piange. Qualcuno sorride. Qualcuno prega. Qualcuno parla.  

Me lo ricordo bene don Andrea. Era l’estate del 2011, il 23 luglio. C’era appena stato il grande corteo per il decennale del G8. A piazza Caricamento confluisce il corteo. È lunghissimo. C’è la messa a San Siro, nei vicoli del centro storico. Don Gallo e padre Alex Zanotelli, insieme. Quel cattofricchettone comboniano recita un’omelia bellissima sul valore dell’acqua (c’erano stati i referendum un mese prima). Invece Andrea parla dei migranti. Vangelo di Matteo, capitolo 25: avevo fame e mi avete nutrito, sete e mi avete dissetato, ero malato e mi avete curato, nudo e mi avete vestito, carcerato e mi siete venuti a visitare, ero forestiero e mi avete accolto, quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli lo avete fatto a me… Come dire: non si guardò neppure intorno ma versò il vino e spezzò il pane per chi diceva ho sete e ho fame, cristiani diversi che dicono la stessa cosa. Sull’altare ognuno può mettere ciò che vuole, ciò in cui crede. Ci sono una kefyah una bandiera NO TAV una dell’acqua bene comune una della pace una rossa un rosario il Vangelo il manifesto e tanti altri pezzi di mondi diversi di vite differenti di tante resistenze tutti belli tutti insieme alcuni indimenticabili altri già fagocitati dall’oblio di chi scrive. La gente è mista, dai punkabbestia coi cani (Andrea li lascia entrare in chiesa, son figli di Dio anche loro) alle vecchiette col rosario. Poi finiscono le preghiere. C’è da fare la comunione. Io la voglio: in questo Cristianesimo qui ci credo eccome. Lo stesso Andrea dice che un uomo può non andare in Chiesa ma se crede in un mondo più giusto allora è un credente come un cristiano, sono fratelli i due. Vado e glielo chiedo. Andrea, io non sono battezzato, posso fare lo stesso la comunione? Non faccio in tempo a finir di parlare che mi mette l’ostia in bocca e mi abbraccia. Belìn, certo! Esser compagni significa proprio dividersi il pane, che è l’ostia, il corpo di Cristo. La Chiesa non ha diritto di escludere nessuno. Sei contento di aver fatto la comunione con gli altri fratelli? Ecco, questo è don Andrea Gallo. Un uomo capace di cantare Bella Ciao a messa e di prendere a parolacce un ministro, di mettere una bandiera NO TAV sull’altare accanto al crocifisso e di dedicare una messa a Hugo Chávez anziché a Wojtyła. Un vero cristiano. 

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E adesso?  Tre giorni di preghiere. Gente. Tanta gente. Tanta tanta tanta.  E finalmente… Siamo in arrivo a Genova Brignole.  Brignole, guardo fuori palazzoni banche riconosco tutto vedo la chiesa di Piazza Alimonda la piazza davanti alla stazione rivedo vecchie immagini terribili vecchie di quasi dodici anni che tornano in mente, non se ne andranno mai, mai.  Come sarà il prossimo 20 luglio senza don Andrea? Perché lui non c’è più ma in realtà oggi c’è ancora, c’è eccome, il suo corpo la sua energia le sue idee, ma poi quel vuoto sarà duro da riempire.  

E poi finalmente: Genova Piazza Principe. Via San Benedetto. Numero 12. Portoncino verde, che di solito è sempre aperto per accogliere chiunque abbia bisogno d’aiuto, a qualunque ora. Oggi no: lutto. C’è gente tanta gente matti malati tossici drogati disperati peccatori prostitute poveri in canna ladri straccioni militanti centri sociali comunisti anarchici disobbedienti ribelli democratici gente normale credenti atei cristiani arabi africane sudamericane trans sindacalisti vecchie facce facce nuove gente strana tanta gente strana, persino sbirri, tutti diversi tutti insieme (se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo). Insomma tutte le componenti di una città disperata, che ha appena perso un uomo grandissimo, insostituibile: don Andrea Gallo ha segnato l’identità genovese alla pari di Fabrizio De André, il suo profeta.  

La chiesa è aperta. Fiori pochi regali tanti erba sigari bandiere ancora sigari giornali fazzoletti altri sigari libri foto riviste ritratti disegni cappelli biglietti scritte. Una di queste è molto bella: Caro don, se tutti i preti fossero come sei stato tu, crederei nella Chiesa.  

E c’è la bara, aperta. È terribile da vedere. Vestito di bianco vestito da prete vestito bene. Sorride. La Lilly dice il rosario. Dona a lui o Signore l’eterno riposo. Riposi in pace. Amen. C’è musica. Musica laica e musica religiosa, non è tanto diverso qui. La chiamavano Bocca di rosa metteva l’amore metteva l’amore… Il quinto evangelista, il Vangelo secondo Fabrizio: non voglio pensarti figlio di Dio ma figlio dell’uomo e fratello anche mio… Non si guardò neppure intorno ma versò il vino e spezzò il pane per chi diceva ho sete e ho fame: e tu Andrea quante volte hai spezzato il pane e versato il vino tra i tuoi fratelli e le tue sorelle trans? La Rivoluzione è il tuo Vangelo in direzione ostinata e contraria.Mi guardo intorno, tra quell’antologia di umanità pura che popola San Benedetto al Porto. C’è una giovane tossica, in lacrime anche lei: fa impressione, ha le braccia bucate e la faccia scavata, due occhiaie che sembrano solchi e le guance che invece di sporgere rientrano. E un matto parla tanto io lo so che tu mi senti belìn, ci rivediamo tra un po’ di là, e canta una mattina mi son svegliato o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao e poi ancora via del campo c’è una puttana… Mi avvicino alla bara. Lo guardo, e piango anche io. Mi tolgo il bavaglio No Tav e glielo regalo, insieme a una copia del manifesto che parla di lui. Ci sono Sara e Ilaria che mi accolgono e piangono. Sara studia scienze sociali ed è a San Benedetto per il tirocinio universitario; Ilaria credente frequenta la chiesa e fa parte della comunità. Per forza che diventi cristiana con un prete così! penso io. Ilaria studia giurisprudenza in via Balbi, vuole fare l’avvocata di strada. Lei don Gallo lo conosce da quando è nata: l’ha battezzata lui, nel nome del padre del figlio dello spirito santo e dell’antifascismo, perché chi non è antifascista non può essere un buon cristiano. 

Tutti fuori in strada. Compaiono le facce grosse Vendola Lerner Landini Ferrero Casarini Doria Giuliani Ovadia Luxuria Bertinotti Ciotti Bagnasco. Si aprono le porte esce la bara la portano a spalla i camalli, passa si alzano pugni chiusi mani si levano in aria e lacrime scendono ovunque, anche dal cielo. La città sembra un mare di rosse bandiere e di fiori e di lacrime e di addii… Parte un corteo 1000 persone 3000 persone 5000 persone 6000 persone. Enorme per una città così stretta. In prima fila un cordone di maglie rosse, con su scritto Dimmi chi escludi e ti dirò chi sei, lo slogan della comunità. La bara avanti con i drogati. Sopra c’è la sciarpa rossa e il solito cappellaccio nero del don. Passa e scendono lacrime e si alzano cori o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao e Andrea è vivo e lotta insieme a noi.  

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Piove: anche il cielo è commosso. Si passa nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, i vicoli del centro storico di questa bellissima repubblica marinara rampicante.  

Genova che si perde in centro nei labirinti di vecchi carruggi, parole antiche e nuove sparate a colpi come d’archibugi… 

Ma il bello deve venire. Il corteo arriva al Carmine. La coda è ancora a Sanbe. Si aprono le porte. La chiesa è tua. Ti hanno chiesto scusa. Era il 1970 un bimbo in piazza piangeva belìn m’han rubato il prete allontanato perché fastidioso – solidale con i drogati in un quartiere bene – e laChiesanondevefarepolitica; erano gli anni del Concilio e ora invece ti devono far entrare.  

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Eccola, la tua buona novella! Sull’altare si alternano tonache bianche e tacchi a spillo, i vescovi della Chiesa ufficiale e le transessuali dell’associazione Princesa; si incontrano braccia bucate dall’eroina e teste bacate dall’obbedienza, don Andrea li chiama drogati di eucarestia. Omelia di don Luigi Ciotti, il presidente di Libera, l’associazione animafia: Don Gallo, un uomo capace di far incontrare la Terra e il Cielo… 

Applausi a non finire. Omelia di Bagnasco:  …il Cardinal Giuseppe Siri, che per don Gallo è stato come un padre… (Siri, quello che l’ha cacciato dal Carmine!)Chi ha una certa età e i fatti del Carmine se li ricorda esplode, i genovesi non si fanno prendere in giro facilmente, fieri e testardi come sono. Urla e fischi e rabbia e urla e fischi e ancora urla e fischi e ciao bella ciao e la Lilly piange e Bagnasco è costretto a tacere, una buona volta. La Lilly riporta l’ordine: bisogna rispettare tutti, ascoltare tutte le voci, di tutti i peccatori, don Andrea ha dato la parola agli ultimi e ora non la toglierebbe a un altro uomo che sbaglia, lui la Chiesa l’ha sempre rispettata e criticata con amore. Poi un altro saluto, il terzo: le tue trans e la gente e le bandiere NO TAV e rosse e bianche e arcobaleno e i pugni chiusi che si alzano e gli occhi chiusi che si abbassano. E il sindaco Marco Doria e il fratello Moni Ovadia e la piazza pienissima nel centro storico, quella stessa piazza che per il don si era già riempita allora.  

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Quanta retorica inutile. Ma che belle parole tuo fratello ebreo-ateo: gli ebrei sono talmente fissati con la parola SHALOM che l’hanno dimenticata… In chiesa Bagnasco si ritrova a dover dare l’ostia a Vladimir Luxuria! Quanto te la stai ridendo da lì dentro e questa pioggia sono lacrime di risate da lassù? Don Andrea ci è riuscito: eccola, finalmente, la parità tra i figli di Dio, una Chiesa che accoglie invece di escludere! In piazza Luxuria prende il microfono con la voce rotta dal pianto: don Gallo non ha mai puntato il dito contro nessuno, ci ha sempre fatte sentire tutte figlie dello stesso Dio, grazie don! In piazza del Carmine un carabiniere che partecipa al funerale pesta Arturo e lui per tutta risposta tenta di morderlo e gli strappa i pantaloni della divisa e quello, invece di denunciarmi, gli dà ragione e chiede scusa! Genova repubblicana di cuore, vento di sale d’anima forte… Per lui, che tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore: e un funerale più splendido di così non lo si poteva immaginare. Genova, schiacciata sul mare, sembra cercare respiro a largo verso l’orizzonte… Questo è Guccini; secondo me, invece, questa meravigliosa città stretta e sottile il respiro lo cerca in collina.  

E poi riparti per la tua Campo Ligure.  Hasta siempre don Andrea!  

Articolo di Andrea Zennaro

4sep3jNIAndrea Zennaro, laureato in Filosofia politica e appassionato di Storia, è attualmente fotografo e artista di strada. Scrive per passione e pubblica con frequenza su testate giornalistiche online legate al mondo femminista e anticapitalista.

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