Da Cenerentola a Moana. L’immaginario Disneyano secondo una prospettiva di genere

Nel 2019, quando mi trovai di fronte alla scelta del tema della mia tesi in Lettere moderne, ero certa di rivolgermi all’ambito della letteratura. Leopardi o la letteratura contemporanea, ero indecisa. Le idee erano tante e il tempo scorreva mentre io, bloccata, non riuscivo a muovermi in quell’enorme magma che mi fluttuava in testa. Nel mezzo della confusione, decisi di mettere in chiaro le cose con una domanda precisa: che cosa nel mio percorso universitario mi aveva maggiormente coinvolto sul piano personale? Non ci pensai un secondo, la risposta mi cadde addosso di getto come un uragano: il corso di Studi di genere, tenuto dalla professoressa che sarebbe poi diventata la mia relatrice. Dopo aver risposto a questa domanda, le altre idee iniziarono a scemare e impallidire, mentre mi avvicinavo al femminismo, quel mondo nuovo e variopinto di cui sapevo ancora così poco. Studiavo, leggevo, mi confrontavo con la mia professoressa, cercando una strada che abbracciasse i miei mille pensieri.

La trovai casualmente quando, cercando un film da vedere in una giornata domenicale di riposo, approdai alla conoscenza della nuova pellicola Disney Moana, storia di una coraggiosa giovane donna alla ricerca della propria identità. Da subito mi incantò. Moana era un personaggio che nulla aveva a che fare con le tradizionali principesse Disney con le quali io ero cresciuta. Cenerentola, Biancaneve e Aurora mi si rivelavano improvvisamente in tutta la loro passività, mancanza di carattere e di realismo, di fronte a una nuova eroina che rovesciava canoni e convenzioni. Una personalità prorompente, un fisico forte ed energico che correva, saltava e si arrampicava, senza paura di farsi male o strapparsi l’abito. Pensai che sarebbe stato bello averla, ai miei tempi, una Moana. Quella straordinaria visione indirizzò la mia scelta: Da Cenerentola a Moana. L’immaginario Disneyano secondo una prospettiva di genere.

Nella parte iniziale della tesi decisi di soffermarmi sugli aspetti principali del primo immaginario Disneyano, immaginario legato a un periodo storico ben preciso che tentava di compromettere i diritti e le conquiste delle donne a seguito della Seconda Guerra Mondiale. Cenerentola è infatti rappresentata prigioniera all’interno delle mura domestiche, dipendente in tutto e per tutto dagli uomini, pressata all’eccesso dalla competizione estetica. La giovane donna passiva, inetta, priva di carattere, dal fisico irrealistico, era quella che il patriarcato incoraggiava per poter continuare a godere dei propri privilegi. Ma quell’immagine stereotipata di donna, di matrice patriarcale, ha fallito. Di fronte alla sua sconfitta troviamo Moana, il riscatto di Cenerentola, il lieto fine con sé stessa che alla tradizionale principessa non poteva essere concesso. La nuova eroina, consapevole della sua diversità, non accetta neppure di essere definita “principessa”, considerando l’appellativo come una vera e propria offesa e sentendo la necessità di prenderne le distanze.

Al di là della trama, che racconta la storia di un viaggio in cui un’eroina tenta di salvare il suo popolo, quello che mi colpì fu il viaggio interiore che la giovane percorreva. Quella di Moana è la storia di una crescita, del superamento di un limen dopo il quale la Moana figlia potrà trasformarsi nella Moana donna, salvando sé stessa prima che il suo popolo. Un percorso di ribellione dalla tradizione, di affrancamento dalla figura paterna, concluso il quale avverrà una presa di consapevolezza delle proprie forze e delle proprie capacità.

Di fronte a questa donna eroica provavo una forte emozione, relativa tanto al suo profilo psicologico quanto alla sua caratterizzazione fisica. Non a caso una ricerca di Caila Leigh Cordwell, che ho citato nel mio studio, analizza la diversa percezione verso le principesse tradizionali e le nuove eroine nelle bambine tra i 6 e 12 anni. Con mia sorpresa constatai che avevano provato la mia stessa sensazione. Anche loro erano felici di aver trovato finalmente un’eroina in carne e ossa, stanche delle tradizionali principesse irrealistiche nella loro iper-snellezza e perfezione, causa di tanta frustrazione.

Se è vero che i media, oltre a essere uno specchio della società contribuiscono anche a diffondere valori sociali, allora è probabile che il passo in avanti fatto dalla Disney (e legato anche all’ingresso delle donne nella scrittura e nella regia delle pellicole) rappresenti un momento di svolta. Un cambiamento che permette alle bambine di oggi di crescere con nuovi modelli, carichi di empowerment e svincolati da misoginia e sessismo. Modelli realistici, perché Moana è prima di tutto una giovane donna che lotta contro le proprie paure, che guarda in faccia le proprie vulnerabilità, che si slancia libera verso un futuro costruito soltanto da sé stessa.

Come ho osservato in una parte della tesi, l’amore non è presente nella storia di Moana. O meglio, non è presente l’amore tradizionale, il colpo di fulmine col principe azzurro. Quel sentimento, insomma, fatto di qualche fugace sguardo e poche parole. La pellicola Disney non si è soffermata su questo aspetto perché lo scopo di Moana è primariamente l’incontro con sé stessa. L’incontro amoroso passa così in secondo piano; per l’amore ci sarà tempo più avanti, quando Moana sarà una donna libera, cosciente di sé e delle proprie potenzialità.

Una attenta decostruzione del colpo di fulmine e del lieto fine romantico è stata sviluppata dalla Disney in Frozen, pellicola su cui mi sono brevemente soffermata. Al posto delle tradizionali relazioni, troviamo in primo luogo una forma inedita di amicizia tra uomo e donna. In secondo luogo, di fondamentale importanza, la rinascita di una genealogia femminile sotto forma di un passaggio di sapere che viene trasmesso da nonna a nipote.

In ultima analisi, lo studio si sofferma sull’evoluzione psicologica di Maui, il compagno di viaggio di Moana. Grazie al sostegno di Moana, il giovane semi dio compie un percorso di liberazione dallo stereotipo della mascolinità tossica e impara ad ascoltare la propria interiorità, con tutte le sue debolezze e vulnerabilità. Un uomo che, per essere tale, non ha più bisogno di rinunciare alla propria sfera emotiva. La relazione di amicizia tra i due personaggi dimostra che donne e uomini, nella loro diversità, possono imparare ad amarsi e rispettarsi reciprocamente. Non essendo nocivi l’uno per l’altro ma, al contrario, tenendosi la mano per crescere insieme. Moana mi ha tenuto compagnia nell’ultimo periodo di studi. A distanza di tempo, penso che l’approfondimento del suo percorso di crescita mi abbia aiutato a comprendere l’urgenza di intraprendere il mio. Senza saperlo, mentre approfondivo la mia conoscenza dell’universo femminista mi avviavo, come la nostra eroina, verso la mia presa di consapevolezza. Insieme a questa compagna di viaggio diventavo anch’io la salvatrice di me stessa.

La tesi integrale al link: https://toponomasticafemminile.com/sito/images/eventi/tesivaganti/pdf/92_Sclocco.pdf

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Articolo di Ilaria Sclocco

Ilaria Sclocco è studentessa di Filologia moderna all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, dove ha conseguito nel 2019 la Laurea triennale in Lettere moderne con una tesi nell’ambito degli Studi delle donne e di genere. Collabora, nello stesso ateneo, con il Laboratorio di studi femministi Anna Rita Simeone “Sguardi sulle differenze”.

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